Il mondo fenicio: commercianti, marinai e inventori.
di Pierluigi Montalbano
Le ultime scoperte hanno modificato profondamente sia la costruzione
della storia fenicio-punica sviluppata da Moscati e Barreca e pubblicata alla
fine del secolo scorso, sia le nuove proposte dell’ultimo decennio che vedono
il Mediterraneo colonizzato da genti levantine che realizzarono città portuali
per incrementare i mercati marittimi. La lettura dei due studiosi non tiene
conto della presenza delle potenti comunità locali che governano i territori
costieri, recitando un ruolo sociale, economico e amministrativo ben superiore
a quello finora ipotizzato. La realtà archeologica ci pone davanti a
insediamenti indigeni che accolgono pacificamente i mercanti fenici, greci e
iberici, e sviluppano, insieme a loro, le condizioni ideali per un
miglioramento notevole delle tecnologie produttive e delle tecniche di
lavorazione dei materiali. All’inizio del Ferro, le rotte navali sono
frequentate da gruppi di mercanti che spostano merci, propongono nuove idee e
impostano le basi per una koinè commerciale globalizzata che, almeno in
apparenza, non si preoccupa delle distanze da percorrere. Per interpretare i contesti,
bisogna partire dalla situazione sociale ed economica del vicino oriente dopo
gli sconvolgimenti del XII a.C. Il
Mediterraneo diviene lo scenario nel quale operano i nuovi popoli del mare,
ossia i levantini, quel mix di genti composte da filistei, cretesi, ciprioti, aramei
e nuovi amministratori delle città portuali del Vicino Oriente, come Tiro,
Sidone, Biblos e altre. Le vicende significative si concludono con la conquista della terra di
Canan da parte dei Macedoni di Alessandro Magno nel 333 a.C. I fenici, sono
studiati come gruppo ma sentivano se stessi come facenti parte di città-stato
con un territorio intorno. I termini “fenicio” e “punico”, si usano in maniera differente,
il primo per intendere il quadro culturale dell’epoca e il secondo per
qualificare la fase cronologica occidentale, a partire dalla metà del I
Millennio, caratterizzata dalla supremazia di Cartagine. Il primo termine fu
coniato dai Greci intorno al VII a.C., con il significato di “rossi",
forse per via del loro abbigliamento tinto con
la porpora, una colorazione indelebile ottenuta con la lavorazione dei murici, molluschi gasteropodi molto diffusi nel Mediterraneo. Il pigmento si estrae da una ghiandola di questo mollusco marino. E’ un liquido vischioso di colore violaceo, ma poteva avere diverse sfumature di colore, in base alla preparazione. Il più ricercato era il rosso porpora, simile al colore del sangue e del fuoco. Per riuscire a tingere anche una sola veste occorrevano migliaia di esemplari. Essendo un colore molto resistente ai lavaggi, era prezioso e solo in pochi potevano esibirlo in pubblico. Per lungo tempo fu riservato all'uso sacerdotale e regale, ma in seguito fu utilizzata anche dagli aristocratici romani per abbellire le vesti.
La lavorazione della porpora contribuì
al benessere delle città di Tiro e Sidone, e di numerose città greche, italiche,
iberiche e nordafricane. I più intraprendenti personaggi delle città dell’epoca
viaggiavano,
commerciavano, portavano nuove tecnologie e in breve tempo s’integravano ad
altre genti costiere. Crearono un “rinascimento” dopo il crollo dei grandi imperi
dell’età del Bronzo, avvenuto intorno al 1200 a.C. Nacque una koinè
mediterranea, caratterizzata da territorio costiero, cultura, religione, lingua
e scrittura omogenei e che va dal Libano sino all’Atlantico, dalla Lixus
marocchina sino agli insediamenti portoghesi, passando dall’Andalusia e Cadice,
e che cronologicamente va dal Tardo Bronzo sino alla piena età romana
imperiale. In Occidente l’ambito cronologico inizia intorno al 1000 a.C. per
arrivare al 238 a.C. il periodo della conquista romana. I fenici portano la loro
cultura e la loro religione nei territori occidentali, ma dal V a.C. Cartagine,
l’importante città nord-africana fondata dai Tiri, acquisisce un ruolo di
supremazia per cultura, tradizione politica e potenza militare. Con le armi
s’impone in Sicilia e nell’area spagnola, mentre con i sardi stabilisce un
compromesso commerciale e limita la sua influenza al controllo di alcuni porti.
A Cartagine questa civiltà mediterranea finisce con la distruzione della città,
per opera dei romani, nella terza guerra punica del 146 a.C. Gli studiosi, tradizionalmente,
inquadrano la Fenicia geografica nei territori costieri del Vicino Oriente, approssimativamente
nell’attuale Libano, lungo una stretta fascia costiera chiusa da due catene
montuose (del Libano e dell’Anti-Libano) separate dalla valle della Beka’a.
Questa regione è ben protetta a est dalle montagne, con una naturale
predisposizione verso il mare. La zona coltivabile è limitata perché a sud c’è
Israele e a nord abbiamo una serie di stati Siriani che, col passare dei
secoli, modificarono la loro struttura sociale e politica e stipularono accordi
con i territori confinanti. Il termine “cananei” si usa per l’area costiera
Siro-Palestinese e per una serie di città di quel periodo, da Arado (oggi Ruad)
ad Hazor, da Monte Carmelo fino ai confini con la Siria. I fenici, fin dall’età
del Bronzo, non furono mai uniti in un popolo, in una nazione con una capitale
o con un capo, e mai ebbero un’unità etnica o culturale. Si nota una supremazia
temporale di alcune città su altre, una situazione disomogenea, che nasce
proprio dalla mancanza di un’unità territoriale. Prendevano il nome della città
di provenienza: Tiri, Gibliti di Biblos, Sidoni, a differenza di ciò che
avveniva in Israele, in Egitto e in altre zone. Prima dell’invasione dei popoli
del mare, avvenuta a più riprese intorno al 1200 a.C., l’assetto dell’area
vicino-orientale presentava delle omogeneità culturali e politiche ben
definite. L’organizzazione si basava su un sistema di città Stato indipendenti
tra loro, governate da re e perennemente in guerra fra loro. I territori fra le
città stato erano occupati da popolazioni nomadi o semi-nomadi, senza confini
definiti. Con l’arrivo dei popoli del mare quest’organizzazione si sfalda e
crolla tutto il sistema palaziale. Alcune di queste etnie, durante il Ferro,
raggiungono le coste del Mediterraneo occidentale per commerciare. S’integrano
con le popolazioni indigene, introducono tecnologie innovative, un diverso
sistema urbano e lo sfruttamento intensivo delle risorse. la porpora, una colorazione indelebile ottenuta con la lavorazione dei murici, molluschi gasteropodi molto diffusi nel Mediterraneo. Il pigmento si estrae da una ghiandola di questo mollusco marino. E’ un liquido vischioso di colore violaceo, ma poteva avere diverse sfumature di colore, in base alla preparazione. Il più ricercato era il rosso porpora, simile al colore del sangue e del fuoco. Per riuscire a tingere anche una sola veste occorrevano migliaia di esemplari. Essendo un colore molto resistente ai lavaggi, era prezioso e solo in pochi potevano esibirlo in pubblico. Per lungo tempo fu riservato all'uso sacerdotale e regale, ma in seguito fu utilizzata anche dagli aristocratici romani per abbellire le vesti.
Nell'immagine, una serie di anfore di età fenicia
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