I Sumeri, gli inventori della scrittura
di Pietro Mander
I Sumeri sono
originari del Sud della Mesopotamia, dove fondarono alcune città-Stato. Al
Centro e al Nord della Mesopotamia c’erano altre genti semitiche che parlavano
l’accadico, la lingua dei Babilonesi e degli Assiri. La lingua dei Sumeri non
ha parentele dirette con nessun altro idioma conosciuto. Era una lingua
agglutinante, ossia che univa alla base della parola diversi elementi,
attaccandoli secondo un ordine rigoroso. Per esempio, in sumerico «ai figli del
re» si direbbe così: dumu.lugal.ak.ene.ra = figlio + (re del) plurale +
a. Oggi esistono tante lingue agglutinanti (la più parlata è il turco), ma la
lingua dei Sumeri non è affine a nessuna di esse.
La scrittura
inventata dai Sumeri fu adottata dai popoli vicini, che parlavano lingue
diverse tra loro: basti pensare all’accadico, all’ittita (indoeuropeo) e
all’elamico (altra lingua agglutinante). Il sistema sumerico consisteva di
oltre un migliaio di segni, ognuno dei quali non rappresentava i suoni delle
parole (come le lettere del nostro alfabeto), bensì un’idea o un oggetto. I
segni stessi, nella loro più antica forma, altro non erano che disegni
schematizzati. Così, l’insieme di 5 segni ad angolo più la forma schizzata di
un pesce (in sumerico ku) significa: «50 pesci». Naturalmente,
siccome per poter scrivere di tutto sarebbero stati necessari milioni di
segni, si pensò di attribuire più valori a ogni singolo segno, secondo rapporti di affinità. Per esempio il segno che rappresentava la testa (sag) con l’aggiunta di un tratteggio nella mascella inferiore significava «bocca» (ka). Ma con la bocca si mangia e si parla, quindi con lo stesso segno di bocca si indicavano i verbi «mangiare» (gu) e «parlare» (dug), «parola» (enim), e altro.
segni, si pensò di attribuire più valori a ogni singolo segno, secondo rapporti di affinità. Per esempio il segno che rappresentava la testa (sag) con l’aggiunta di un tratteggio nella mascella inferiore significava «bocca» (ka). Ma con la bocca si mangia e si parla, quindi con lo stesso segno di bocca si indicavano i verbi «mangiare» (gu) e «parlare» (dug), «parola» (enim), e altro.
In seguito, quando
i disegni stilizzandosi assunsero la forma di chiodi o cunei (da qui il nome di
scrittura cuneiforme), essi furono usati per indicare anche delle
sillabe, senza curarsi del significato. Per scrivere la parola italiana barca,
avremmo usato il segno bar (che in sumerico vuol dire «lato»)
1 ka (bocca), senza riferimento all’idea di «lato 1 bocca», ma
solo al suono delle due sillabe: il principio è lo stesso dei rebus che si
trovano nelle odierne riviste di enigmistica.
Il numero di segni
con il passare del tempo si ridusse (qualche centinaio) e con essi furono
scritti poemi mitici, epici, cronache, inni e preghiere agli dei, esorcismi
contro i demoni e trattati di divinazione per capire cosa gli dei avessero in
serbo per il re. Furono redatti anche lettere e documenti amministrativi o
contabili, creando vasti archivi che documentassero le attività che si
svolgevano in templi, palazzi, centri mercantili.
La convivenza tra
Sumeri e Semiti, che parlavano due lingue diverse tra loro, quanto possono
esserlo l’italiano e il turco, creò una vasta area popolata da persone bilingui
e, di conseguenza, le due lingue per interferenze reciproche subirono delle
modificazioni: basti pensare al fatto che le lingue semitiche mettono il verbo
in mezzo alla frase (per esempio, il re costruì il tempio), ma
l’accadico, pur essendo lingua semitica, mette il verbo alla fine, proprio come
fa il sumerico, a causa appunto dell’influenza di questo (il re il tempio
costruì, che suonava lugal e mundu in sumerico, sharrum
bitam ipush in accadico: comunque si vede da questo esempio quanto
fossero diversi sumerico e accadico!). Chi parlava entrambe le lingue trovava
più comodo costruire le frasi nello stesso modo, e sapeva che non ci sarebbe
stata confusione, perché tutti erano bilingui.
Non sappiamo se e
quando i Sumeri siano giunti in Mesopotamia; le fasi più antiche della loro
storia sono per noi oscure. Avevano diviso il loro territorio in regioni
autonome, ognuna retta da una capitale: queste città-Stato erano spesso in
conflitto tra loro, ma erano unite dalle stesse concezioni religiose. Infatti,
ogni città era sede di una particolare divinità e tutte insieme rappresentavano
l’assemblea degli dei. La città di Nippur era sede del re degli dei, Enlil, e
per questa ragione fu sempre onorata e rispettata; tuttavia non si impose mai
come città egemone sulle altre.
L’articolazione
del territorio in città-Stato si riflette anche nel mito che racconta la storia
delle loro origini. I Sumeri, infatti, ritenevano che gli dei, per dare inizio
alla civiltà, avessero «fatto scendere» (così è detto esattamente in due testi
letterari, fra cui la Lista reale sumerica) in terra la regalità e
il culto. I re, a cominciare dal più antico, regnarono, di volta in volta, su
singole città, ognuna delle quali, a turno, si diceva fosse sede della regalità.
Così al primo re, Alulim, succedette Alagar ed entrambi regnarono a Eridu, la
città più meridionale della Mesopotamia. Il terzo, quarto e quinto re però
regnarono nella città di Bad-Tibira, perché la regalità s’era «trasferita»
(così dice il testo) da Eridu in quella città. In seguito, anche Bad-Tibira fu
abbandonata e la regalità s’installò nella città di Larak. Abbiamo così un
lungo elenco di re distribuiti per città egemoni che si succedono dall’inizio
della civiltà, addirittura prima del diluvio universale. Infatti, dopo Larak,
furono le città di Sippar e Shuruppak (con un solo re ciascuna) le sedi della
regalità, ma poi il diluvio «spazzò via tutto». L’ultimo re, Ubar-Tutu, divenne
il Noè mesopotamico, perché costruì un’arca con cui salvò sé stesso, la sua
famiglia e una coppia di ogni specie animale. Egli, poiché era figlio del dio
demiurgo Enki, fu avvertito per tempo della catastrofe incombente. Ognuno di
questi re, secondo il mito dei Sumeri, regnò per un incredibile numero di anni.
Dopo il diluvio, a
mano a mano che si procede verso i periodi storici, i re gradualmente durano
per un numero di anni meno fantasioso, fino a giungere ai re di cui abbiamo le
prove che siano davvero esistiti, cui sono attribuiti gli anni effettivi di
regno. Bisogna dire che la Lista reale sumerica non rispecchia
la realtà, infatti, non è vero che una città alla volta abbia esercitato il
potere regale in Mesopotamia. La storia è più complessa. Inoltre, questa
tradizione è molto selettiva. Dal novero delle città è esclusa l’importante città
di Lagash, sulla quale abbiamo delle informazioni in più. Infatti sappiamo che
essa ingaggiò un conflitto (tra il 2450 e il 2300 a.C.) con la vicina città di
Umma, per il possesso di un territorio ricco di grano: il Guedena. Gli dei
delle due città, il dio Shara di Umma e il dio Nin-Girsu di Lagash, avevano
ricevuto in Cielo, da Enlil, il tracciato del confine, confine che in Terra era
stato realizzato dall’antichissimo re Mesalim; quando il re di Umma violò il
confine, si scatenò la guerra, vero ‘giudizio di Dio’, per ripristinare
l’ordine divino violato. Attorno al 2350 il re di Uruk Lugalzagghesi riuscì a
imporre il suo dominio sulla Mesopotamia del Sud, ma fu sconfitto da Sargon di
Akkad (2335-2279), un oscuro personaggio salvato dalle acque, che fondò il
primo impero semitico a noi noto. I barbari Gutei scesero in Mesopotamia e
l’Impero accadico crollò attorno al 2190; fu solo la riscossa del re di Uruk a
decretarne la sconfitta. In seguito, il principe della città di Ur, Ur-Namma,
prese il potere, dando inizio alla terza dinastia di Ur, che unificò la
Mesopotamia dal 2112 al 2004, data in cui Ur fu distrutta. Questo evento segna
l’uscita di scena dei Sumeri come popolo dominante, ma la loro lingua (come il
latino nel Medioevo) continuò a essere usata fino al III secolo d.C.
Fonte: www.treccani.it
Nell'immagine: Lo stendardo di Ur
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