Archeologia. Il marchio di falsità: modellini di nuraghe e ballatoi
di Massimo Pittau
Nota di Pierluigi Montalbano, direttore del quotidiano:
"pur dissociandomi nettamente dalla idea del Pittau, ossia che il modellino di San Sperate sia un falso, ho deciso di pubblicare ugualmente l'articolo in quanto l'autore, Massimo Pittau, firmandolo, prende in sé tutte le responsabilità derivanti dalla sua pubblicazione".
Nota di Pierluigi Montalbano, direttore del quotidiano:
"pur dissociandomi nettamente dalla idea del Pittau, ossia che il modellino di San Sperate sia un falso, ho deciso di pubblicare ugualmente l'articolo in quanto l'autore, Massimo Pittau, firmandolo, prende in sé tutte le responsabilità derivanti dalla sua pubblicazione".
L'altra sera ero con un
gruppo di amici in un bar all'aperto, nel tentativo di sfuggire alla calura
imperante, e in seguito si sono avvicinate anche altre persone. Siccome molti
dei presenti seguono con attenzione e interesse la diatriba che è iniziata in
internet sui “falsi archeologici”, ovviamente sono stato sollecitato a
riprendere l'argomento nell'occasione che ci si presentava. Ed è avvenuto che a
seguito della discussione ormai aperta, mi è venuto in mente un nuovo argomento,
probabilmente quello principale, che dimostra che l'ormai noto “modellino di
nuraghe” di San Sperate è realmente un “falso”, un grande, grossolano e
ridicolo falso. Nuovo argomento che metto subito in circolazione nel presente
sito internet, a disposizione dei numerosissimi lettori che ci stanno seguendo.
C'è da richiamare un fatto di
comune esperienza: i fabbricanti di quasi tutti i manufatti tengono moltissimo
a mettervi il “marchio di autenticità” contro gli eventuali falsari. Ebbene, a
mio giudizio il supposto “modellino di nuraghe di San Sperate” non ha di certo
il “marchio di autenticità”, ma ha propriamente il “marchio di falsità”. Questo
consiste in un particolare costruttivo, che è totalmente falso, che più falso
non si può: quella specie di rigonfiamento finale con cui termina ciascuna
delle quattro torrette e che dovrebbe raffigurare un “ballatoio”. Io ho già
fatto osservare che la tecnica costruttiva di quei tempi non consentiva affatto
un ballatoio simile, tanto meno lo consentiva la tecnica costruttiva dei
nuraghi, fatti di sola pietra e senza alcuna malta.
Di questo ballatoio finale
nessun archeologo ha mai fornito la prova della sua esistenza in qualcuno dei
nuraghi reali. Io invece ho dimostrato, con tanto di foto di tre nuraghi reali,
che il nostro monumento terminava non con un ballatoio, bensì con una corona di
massi sporgenti a raggiera per ornamento e forse anche con una raffigurazione
simbolica del Sole, divinità che sicuramente anche i Nuragici adoravano.
Ecco appunto le foto della
cima di uno dei Tresnuraches di Nùoro, di quello Albucciu di Arzachena, di un
nuraghe del territorio di Baunei.
Adesso attendiamo la
controprova presentata da qualche archeologo.
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