Archeologia. La circolazione del rame: i lingotti ox-hide
di Fabio Serchisu
I primi lingotti a pelle di bue furono scoperti da G.Spano nel 1857 col rinvenimento di Serra Ilixi–Nuragus (NU), in Sardegna, e, tuttora grazie alle continue scoperte e all’evoluzione dei metodi di ricerca continua il loro studio. La ricerca si è concentrata soprattutto sull’origine, sui luoghi e sui metodi di produzione, sulla loro diffusione nel tempo e nello spazio. Per ottenere tali risposte ci si è adoperati, soprattutto negli ultimi decenni, con le analisi chimico fisiche e agli isotopi sul metallo. In particolare,queste ultime possono definire la miniera di provenienza del metallo usato. Tuttavia una serie di dati di diversa natura forniscono un panorama più ampio, le cui risposte possono risultare tutt’altro che scontate.
La categoria dei reperti noti come lingotti a pelle di bue, ormai può vantare una lunga tradizione di studi. Nel 1857 avvenne la prima scoperta, ad opera di G. Spano, nel territorio comunale di Nuragus, in località di Serra Ilixi (Spano 1857, p. 94; 1858, p. 12). Quel ritrovamento constava di ben 5 lingotti, dei quali solo tre si salvarono grazie all’intervento dello studioso. Nel corso del tempo i ritrovamenti si sono moltiplicati e, soprattutto nel bacino del Mediterraneo orientale, sono divenuti numerosissimi; in questa sede, per non dilungarmi troppo, citerò alcune delle scoperte più notevoli, quali i ripostigli cretesi, in particolare quelli di Haghia Triada, i vari rinvenimenti ciprioti, e gli eccezionali relitti di Capo Gelidonya e di Ulu Burun, lungo le coste della Turchia. Come accennato prima, si tratta di un argomento molto dibattuto, per svariati motivi, ma soprattutto perché mediante gli ox-hide risulta più facile, in linea teorica, piuttosto che con altre categorie di reperti, individuare precisi centri di produzione e rotte di scambi commerciali. Eppure in quest’ambito rimangono ancora alcuni punti oscuri, da meglio definire. Il luogo di origine di questa forma particolare non è stato ancora accertato. Secondo la gran parte degli studiosi pare fosse stata Creta minoica la sede originaria da cui poi si sarebbe diffusa la forma. A sostegno di tale teoria sono i numerosi ritrovamenti compiuti sull’Isola, soprattutto nei magazzini di vari palazzi minoici; ad Haghia Triada la missione italiana guidata da F. Halberr, all’inizio del ‘900, rinvenne un magazzino contenente 19 lingotti, alcuni dei quali recavano
segni incisi. In base ai dati di scavo questi reperti furono ricondotti al 1600 e il 1550 a.C. Si tratta, allo stato attuale delle ricerche, del ritrovamento più antico compiuto per questa categoria di reperti; altri ritrovamenti inquadrabili allo stesso orizzonte cronologico sono stati compiuti sempre a Creta, nel palazzo di Kato Zakros. Nel complesso studio sugli ox-hide, non rientrano solo i reperti presi come oggetto a sé stante, ma anche le loro rappresentazioni iconografiche; tra le più appariscenti vanno ricordati gli affreschi delle tombe tebane e i rilievi di alcuni edifici in Egitto nella XVIII e XIX dinastia, ma anche sui sigilli cilindrici, in alcune particolari bronzetti e piedistalli decorati a giorno ciprioti. Fino agli anni ’80, i vari cataloghi editi riportavano anche questo tipo di documentazione a una cronologia avente per estremi il XV e il XII a.C.; dunque risulta sorprendente l’analisi della A. Nibbi su di una serie di sarcofagi rinvenuti nella necropoli di el Bersha. Il sito di el Bersha si trova sulla riva orientale del Nilo all’altezza di Mellam, fu usato durante il Medio Regno per seppellire i principi del XV nomo dell’Alto Egitto. La serie di sarcofagi studiati dalla Nibbi è datata intorno al 2100 a.C. e tra le varie pitture decorative vi sono raffigurati anche elementi che richiamano palesemente i lingotti ox-hide. È vero che ci sono interpretazioni diverse che vedono in quei elementi figurativi ora tamburelli ora poggiatesta, ma a convalidare in modo deciso la spiegazione che fornisce la Nibbi, a proposito di tali elementi che lei ritiene essere ox-hide, è la parola nms, che descrive ognuna di queste figure, e che nella lingua egiziana del Medio Regno, indicava il lingotto. Quindi esistono raffigurazioni di lingotti a pelle di bue fin dalla fine del III millennio a.C., ma ancora non sono stati rinvenuti lingotti da contesti così antichi. La scoperta di El Bersha è ancora più interessante se si considera la costante penuria di rame del regno d’Egitto.
I faraoni disponevano, infatti, delle miniere nella penisola del Sinai, ma non sempre ebbero il controllo diretto su di esse. Infatti, per far fronte alla penuria del rame l’Egitto antico ricorreva all’importazione da paesi stranieri. Anche la questione dell’inquadramento cronologico è complicata, perché nonostante siano stati compiuti numerosi ritrovamenti, in realtà la gran parte dei materiali editi proviene da situazioni fuori contesto, o comunque non verificabili mediante scavo scientifico. Il primo tentativo sistematico di fornire una datazione alle diverse tipolo-gie dei lingotti ox-hide fu compiuto dal prof. H. G. Buchholz che, nel 1959, realizzò un catalogo comprensivo di tutte le scoperte fino ad allora compiute, sia di reperti che di raffigurazioni iconografiche. In base a tale metodo riuscì ad evidenziare l’esistenza di tre diverse tipologie che secondo lo studioso avevano una precisa collocazione temporale. La scoperta dei relitti turchi, quello di Capo Gelidonya negli anni ’60 e quello di Ulu Burun negli anni ’80, rese tale classificazione superata. Infatti l’analisi compiuta dal prof. G. Bass, direttore di entrambe le missioni archeologiche, fece emergere che, nel relitto di Capo Gelidonya, erano presenti almeno tre diversi sottotipi che rientravano nel tipo 2 di Buchholz, ed inoltre in base ai nuovi dati acquisiti dallo scavo del relitto, ritenne superato l’inquadramento cronologico precedente. A rafforzare questa teoria fu il ritrovamento del relitto di Ulu Burun, risalente al XIV a.C., che trasportava un carico eccezionale: 354 lingotti. Anche chi scrive ritiene che sia difficile inquadrare perfettamente le diverse forme in un preciso ambito temporale, per la natura stessa del prodotto destinato anche alla tesaurizzazione, ed è anche per questo motivo che alcune forme devono aver convissuto in determinati periodi. Tuttavia la classificazione tipologica non deve essere trascurata, anzi, si propone con l’evolversi della ricerca e quindi con l’aumento dei dati a disposizione, di continuare a usarla per definire il range cronologico d’uso delle diverse forme, ma non solo, la tipologia può individuare diverse le varianti regionali. Senza alcun dubbio in Oriente la terra che doveva stoccare i maggiori quantitativi di lingotti a pelle di bue era Cipro, lo confermano i numerosissimi ritrovamenti di reperti provenienti da vari siti dell’Isola, le fonti scritte, in particolare il carteggio tra il re di Alashyia e Akhenaton nelle lettere di Tell el Amarna datate al XIV a.C.; che costituisce una prova importante sui rapporti che intercorrevano fra i diversi regni, le modalità impiegate nello scambio dei beni preziosi e la portata stessa di tali scambi, che nel caso del rame cipriota in Egitto era davvero imponente. Per quanto riguarda i ritrovamenti a Cipro, spesso provengono da situazioni stratigrafiche molto disturbate o addirittura inattendibili, ma mostrano che il periodo di maggior concentrazione dei lingotti a Cipro è tra il XIV e XIII, fino al XII a.C. Le forme cipriote si ritrovano testimoniate abbondantemente anche al di fuori dell’Isola: innanzitutto nei relitti turchi, ma anche negli affreschi delle tombe egiziane, e senza dubbio nella matri-ce di fusione ritrovata a Ras Ibn Hani. Si tratta di un unicum, al momento; recuperato nel corso degli scavi nel palazzo reale di Ras Ibn Hani, sede estiva dei sovrani di Ugarit tra il XIV e il XIII a.C., sito che si trova sulla costa siriana prospiciente Cipro. La matrice era al centro di una sala desti-nata alle operazioni di fusione e la forma che si delinea è quella di un lingotto di tipo 2, secondo la classificazione di Buchholz. Del resto va ricordato che prima di questa scoperta, eminenti archeometallurghi, come R. Tylecote, ritenevano che gli ox-hide fossero fusi in matrici destinate alla distruzione dopo l’uso, ad es. realizzate nella sabbia. Naturalmente la scoperta di un solo stampo in pietra non invalida l’ipotesi di Tylecote, ma è verosimile che fossero praticati entrambi i sistemi per lo stampo in
matrici permanenti e in matrici temporanee. Nello studio della diffusione degli ox-hide nel Mediterraneo forniscono un grande aiuto gli studi compiuti sulla provenienza del rame e sugli isotopi del piombo presenti in esso. Gli isotopi del piombo sono elementi che non si modificano nel corso del tempo, né per le operazioni di fusione. Inoltre tali isotopi sono caratteristici di determinate aree; per tanto, in linea teorica, conoscendo i campi degli isotopi di piombo contenuti nel rame si può risalire alla miniera originaria dove fu estratto il minerale usato per realizzare il lingotto in questione. Allo stato attuale della ricerca la maggior parte dei lingotti sottoposti all’analisi della composizione isotopica hanno presentato risultati che mostrano un’origine di rame cipriota. E ancora non sono state identificate le miniere che fornivano rame ai palazzi cretesi. Com’è noto, nel Mediterraneo occidentale la terra che ha fornito il maggior numero di testimonianze inerenti gli ox-hide è la Sardegna; in alcuni casi si tratta di lingotti interi, in altri casi di frammenti di lingotti, ora raggruppati in ripostigli, ora rinvenuti isolatamente. Gran parte dell’Isola ha restituito tali reperti; in particolare nelle regioni a Nord e all’interno, anche se un numero inferiore di ritrovamenti nelle altre zone potrebbe essere imputabile ad una maggiore frequentazione umana che ha cancellato le tracce di eventuali ripostigli. Inoltre va detto che alcuni sono reperti isolati da raccolta di superficie, per tanto non sono molto utili per un’indagine di distribuzione nel territorio, invece sono estremamente significativi i ripostigli sia di lingotti integri che di rottami. Per quanto riguarda i lingotti integri finora ne abbiamo conservati solo 4, 3 sono quelli recuperati dallo Spano a Serra Ilixi–Nuragus, che facevano parte di un ripostiglio di almeno 5 lingotti due dei quali andarono persi. È interessante notare come i bracci di questi lingotti in realtà si differenzino dai tipi canonici ciprioti. Questi lingotti furono trovati durante lavori agricoli, quindi non abbiamo notizie trop po precise sul luogo del rinvenimento, a parte l’annotazione generica dello Spano che afferma che nei pressi del luogo del ritrovamento c’erano i ruderi di un nuraghe. L’altro lingotto integro è quello recuperato in località Sant’Antioco di Bisarcio, a Ozieri. Stando al racconto delle fonti questo lingotto fu recuperato a livello di fondazione di un nuraghe. L’aspetto distributivo risulta sintetizzato nella fig. 5. Risulta evidente che i vari ripostigli di frammenti di lingotti ox-hide sono conservati sempre insiti che hanno avuto una certa importanza; quando si tratta di ripostigli presso santuari è facile immaginare che costituissero la riserva di metallo per le fonderie che realizzavano gli ex voto. Non è ancora chiaro il momento in cui ci fu l’introduzione della forma sull’Isola, ma se dobbiamo prestar fede a quanto ci riferiscono le fonti sul rinvenimento ai livelli di fondazione di un lingotto nel nuraghe di Sant’Antioco di Bisarcio a Ozieri, allora potremmo azzardare che tali lingotti furono importati almeno a partire dagli albori della Civiltà Nuragica, ma siamo nel campo delle ipotesi. Diverso è il discorso sulla durata di circolazione di tale forma; questa differisce tra le diverse aree del Mediterraneo, in Occidente, e, in particolare, in Sardegna potrebbe essere stato usato,sotto forma di rottami, almeno fino al I Ferro. A sostegno di questa teoria ci sono una serie di considerazioni basate sui vasi contenitori dei frammenti di ox-hide. Dapprima il fatto che nessuno dei contenitori sia stato rinvenuto associato con la ceramica grigio-ardesia, che è il reperto caratterizzante della facies di Antigori ovvero del Bronzo Recente 2, nel sud dell’Isola. Ma il dato più sostanziale da considerare è che nessuno dei contenitori presenti anse ad orecchio, che sono l’elemento caratterizzante dei vasi del Bronzo Recente. Invece tutti i vasi contenitori che hanno conservato i frammenti di ox-hide hanno le anse ad anello semplice, elemento del Bronzo Finale, dunque se si deve attribuire una datazione ai frammenti di lingotto in base ai vasi che li custodivano non si può superare la soglia del Bronzo Finale. In effetti, si deve considerare che una datazione più tarda risulta più credibile dal momento che per conservare i frammenti in questione si adoperavano vasi contenitori che, quando si decideva di realizzare un determinato ripostiglio, erano già vecchi e anche rotti, come nel caso di Sant’Anastasia poiché non dovevano più servire alla funzione originaria. I siti che più chiaramente confortano un perdurare dei rottami di ox-hide sono Sant’Anastasia di Sardara e i frammenti di nuraghe Nastasi di Tertenia. A Sant’Anastasia in un contesto del I Ferro lo strato IV, in cui è stato rinvenuto il ripostiglio coi frammenti metallici, è stato datato al IX-VIII a.C.. Nel caso del nuraghe Nastasi i pezzi di ox-hide sono stati scoperti in associazione a un frammento di bronzetto, per cui la datazione è stata riportata almeno al IX sec., ma in considerazione del fatto che il bronzo figurato era già un rottame, la datazione si potrebbe ulteriormente ribassare.
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