Tarquinia, scoperta
tomba etrusca inviolata
All'interno lo scheletro del
principe etrusco morto 2.700 anni fa e, nascosti in vasi votivi, gioielli e
sigilli
Non ci hanno creduto sino a
quando, in una nuvola di polvere millenaria, la grande pietra che da 2.700 anni
sigillava il sepolcro è stata rimossa. Solo allora gli archeologi
dell’Università di Torino e della Sovrintendenza per i Beni archeologici
dell'Etruria meridionale hanno avuto la conferma: quell’ipogeo del VII a.C. era inviolato. All’interno ancora lo scheletro del principe
etrusco adagiato sulla tomba di pietra e accanto armi, vasellami, persino un aryballos,
un unguentario, ancora affisso alla parete. E, nascosti in vasi votivi,
gioielli e sigilli di quel nobile scomparso chissà come e chissà quando
all’epoca di Tarquinio Prisco. La tomba inviolata, rinvenuta nella necropoli
della Doganaccia a Tarquinia, è una scoperta eccezionale.
«L’ultima tomba non violata è
stata trovata più di trent’anni fa ma era crollata - spiega Alessandro
Mandolesi, professore di Etruscologia e antichità italiche all’università di
Torino -. Questa è assolutamente intatta e potrebbe riservare altre sorprese».
Insieme ai vasi finemente decorati, gli archeologi hanno già individuato una
lancia e un giavellotto. Le pareti sono affrescate, semplicemente, ma con un
gusto insolito per l’epoca. I lavori di scavo, che sono stati finanziati da
imprenditori privati, proseguiranno per diverso tempo perché il Tumulo del
Principe potrebbe riservare altre grandi sorprese. Ne è convinto Lorenzo
Benini, patron di Kostelia Group, e anch’esso un archeologo che trascorre parte
delle sue vacanze insieme alla moglie a cercare tesori delle civiltà sepolte.
L’équipe del professor
Mandolesi da anni lavora al sito della Doganaccia. La tomba del principe è
l’ultima scoperta, la più eccezionale, di una vera e propria agorà che univa il
mondo dei vivi a quello dei morti: quella del Tumulo della Regina, un grande
spazio ancora da esplorare dell'enorme necropoli di Tarquinia, paesaggio
incantato tra mare e colline, vento di maestrale che non manca mai. Un paio di
anni fa gli studiosi hanno rinvenuto frammenti della Sfinge, una statua di due
metri collocata sul punto più alto del tumulo, ultimo guardiano per i vivi e
per i morti. E in un’altra tomba è affiorato un piccolo cortile (appena sei
metri per quattro) scavato per tre metri nel calcare con le tre camere
sepolcrali che si aprono sui tre lati chiusi e con le pareti affrescate grazie
a una tecnica mai vista prima in Etruria e in tutta Italia.
La cosa più sorprendente e
unica è che pare non rappresentino scene di oltretomba, ma momenti di vita
quotidiana. Insomma, gli affreschi dovevano forse servire per ragioni diverse,
legate alla funzione di quel cortile, una piccola agorà, abbiamo detto, e
dunque un luogo di collegamento tra vivi e morti. Gli studiosi ipotizzano che
nell'area furono deposti sovrani e principi etruschi. Si hanno testimonianze
leggendarie di una sepoltura di un certo Demarato di Corinto, ricco mercante
greco. Si trasferì a Tarquinia intorno alla metà del VII secolo avanti Cristo,
Demarato, e sposò una nobildonna locale, la più bella della città. Nacque un
figlio, lo chiamarono Tarquinio Prisco e divenne il primo sovrano di origine
etrusca di Roma.
Fonte: http://www.corriere.it
Immagine di http://archeologiavocidalpassato.files.wordpress.com/
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