giovedì 18 settembre 2014

Sovrani Assiri e Babilonesi: divinizzati o disprezzati in base alla realizzazione della Liturgia annuale

Sovrani Assiri e Babilonesi: divinizzati o disprezzati in base alla realizzazione della Liturgia annuale
di Roberto Lirussi

Nel passaggio tra la fine dell’epoca sumera, l’inizio di quella assira, continuando, poi, fino a quella babilonese, sono rimaste immutate molte caratteristiche in usi, costumi, religiosità, pur nell’evolversi di molti aspetti importanti, in 4 millenni.
Uno degli aspetti particolari (che ha un paragone nell’Islam) è che gli Assiro-Babilonesi avevano un senso di marcia nella vita “in avanti”, ma con uno sguardo fermissimo al passato.
Pan è usato come prefisso per cose già accadute, ma significa letteralmente “prima” ossia in accadico “parte anteriore”. Per il futuro è l’inverso, gli etimo  arka, arki, arku, arkitu, riferiscono un “tempo successivo”, o “parte posteriore, o che sta dietro”, (w)arkatum.
I termini sumerici erge, murgu, ba, significano “dietro”.
Questo è esattamente l’opposto di ciò che facciamo noi oggi. La cultura omni-mesopotamica, ha una prospettiva spiccatamente ricercante l’Origine.
Le iscrizioni imperiali incise nel I millennio a.C. erano redatte nell’accadico del II millennio a.C.,considerato come “classico” (un po’ come è successo per secoli in Europa mediterranea per il greco e il latino).
Si  giunse a iscrizioni del VI sec. a.C. con segni cuneiformi di duemila anni prima. Questo, può ingenerare facilmente letture distorte o “misunderstandings” nelle traduzioni. Assurbanipal I (650 a.C.) si vantava di essere in possesso di liste dei primi segni sumerici usati in scrittura, addirittura anteriori al Diluvio.

Ricordiamoci che i segni sumerici non hanno ritrovato similitudini con alcuna lingua del tempo ed era usata per celebrare cerimonie sacre, quindi il proto-sumero fu usato per 2000 anni dopo l’estinzione o, per meglio dire, “sparizione” del popolo stesso.
Se potessimo ritornare indietro nel tempo, troveremmo preparati archeologi, giacché imperatori babilonesi iniziarono campagne di scavo per capire e scoprire come erano state progettate secoli prima le loro città per ricostruirle senza un solo cambiamento.
Il principio è quello di una collocazione fissa ed immutabile, quella che gli Dei hanno loro attribuito per sempre al momento della Creazione. La costruzione dell’Eanna di Uruk, cioè il tempio sacro primigenio ancora visibile oggi, era da ricondurre al Dio del Cielo An, che lo portò in terra dal cielo su costrizione della figlia Inanna/Ishtar affinché ci potesse abitare Lei. Il Tempio costruito per celebrare gli Dei, doveva risorgere nella sua forma più pura e incontaminata.
Per questo, ogni tempio era localizzato esattamente sul luogo di quello precedente e, probabilmente questa particolarità è arrivata mai sopita nel tempo fino all’era cristiana, infatti ogni chiesa dei primi secoli d.C. sorgeva su ex templi pagani, a volte utilizzandone alcune parti.
Il costruttore/imperatore/gran sacerdote, si avvicinava così nell’immaginario alla perfezione della Creazione: un tunnel diretto fino al Dio atavico. Chi si recava al tempio si accostava al Dio.
Fonte:  http://oubliettemagazine.com/ 


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