Santa Igia all’epoca dei Giudici. La nuova capitale che
sostituì Karalis, l’antica Cagliari.
di Alberto Massazza
A causa delle scorribande saracene che, a partire
dall’inizio dell’VIII secolo, si riversarono sull’isola, gli abitanti
dell’antica Karalis (o Kalaris, come ormai era più comunemente chiamata la
città), capitale del Giudicato omonimo (detto anche di Pluminos, dalla località
del litorale quartese Flumini, residenza estiva dei Giudici) iniziarono ad
insediarsi nella zona a nord-ovest della città, a ridosso della laguna di Santa
Gilla, per meglio difendersi dalle temibili incursioni arabe. Questo sito venne
utilizzato come porto interno già dai nuragici, per continuare coi fenici e i
punici, fino ai romani e ai bizantini. Fu verosimilmente all’epoca
del più poderoso tentativo di conquista da parte degli arabi, quello del
governatore di Denia e delle Baleari Mujahid, avvenuto intorno al 1015, che la
località assunse definitivamente il rango di capitale, in sostituzione
dell’antica Karalis, completamente abbandonata fino all’insediamento pisano di
Castel di Castro degli inizi del XIII secolo, dal quale si è sviluppata la
Cagliari moderna.
La nuova capitale, denominata
Santa Igia, era dotata di una reggia dove risiedevano i Giudici, di una
Cattedrale, dedicata a Santa Cecilia (dalla cui contrazione deriverebbero i
toponimi di Santa Igia e Santa Gilla, come ancora viene chiamato lo stagno cagliaritano),
di almeno altre due chiese (Santa Maria di Cluso e San Pietro dei pescatori,
quest’ultima ancora esistente), altri palazzi ed edifici civili e religiosi,
oltre alle consuete strutture urbane di una normale cittadina medievale. La sua
ubicazione rimane dibattuta, anche se i saggi di scavo del 1983, coordinati dal
Professore Francesco Cesare Casula, allora fresco titolare della cattedra di
Storia Medievale dell’Università cagliaritana, hanno confermato le
descrizioni degli studiosi del passato (tra i quali l’immancabile Canonico
Spano) che, fino alla fine dell’ottocento, potevano osservare le rovine della
capitale perduta in una vasta area compresa tra l’isoletta lagunare di San
Simone, le sponde dello stagno, la parte occidentale del moderno quartiere di
Sant’Avendrace e il Colle di San Michele, estremo avamposto settentrionale del
territorio cagliaritano, successivamente fortificato dagli spagnoli.
Proprio la
presenza del colle e dello stagno fornivano una difesa naturale importante per
l’abitato, che comunque venne cinto di mura e di fossati, quantomeno
nell’ultimo turbolento periodo in cui Santa Igia e il Giudicato si trovarono al
centro degli interessi delle Repubbliche Marinare di Pisa e Genova, nonché del
Papato.
Poco si sa delle vicende storiche
almeno fino alla fine del XII secolo, quando il Giudice Guglielmo I
(discendente per ramo paterno dai filoliguri Obertenghi, marchesi di Massa, e
per ramo materno dai Lacon-Gunale, per lungo tempo unica casa regnante di tutti
i giudicati) ruppe la tradizionale alleanza con Genova, cercando l’appoggio di
Pisa per invadere il Giudicato filo-genovese di Torres. Il Giudice locale,
Costantino II, non solo respinse l’attacco, ma contrattaccò, invadendo a sua
volta il territorio cagliaritano. A questo punto intervennero Pisa e Genova che
si fronteggiarono in battaglia, svoltasi, secondo gli annalisti liguri, nel
1196 o nel 1197. I genovesi ebbero la meglio e occuparono Santa Igia, tra
saccheggi e distruzioni, per poi rientrare trionfanti a Genova. Guglielmo I,
nonostante la disfatta, continuò a regnare più o meno autonomamente fino alla
morte, avvenuta nel 1214. Gli successe la figlia Benedetta che andò in sposa al
figlio del Giudice di Arborea e si pose sotto la protezione del Papa. Alla
morte del primo marito, Benedetta fu costretta a sposare Lamberto Visconti,
Giudice di Gallura, il quale aveva già ottenuto per conto di Pisa, sotto la
minaccia di un’invasione, la concessione per la fortificazione del colle di
Castello, antica sede del Castrum romano, con lo scopo di farne un presidio per
meglio curare gli interessi economici della città madre nel Giudicato.
A nulla valsero le esortazioni
di Benedetta a Papa Onorio III di sfruttare la propria autorità morale per
arginare l’ingerenza pisana. Anche sotto il primogenito e successore di
Benedetta Guglielmo II il Giudicato si trovò stretto tra la pressione dei
pisani e l’onerosa alleanza con Genova. Con il Giudice Chiano, primogenito di
Guglielmo II, l’asse giudicale-genovese tentò un colpo di mano, riuscendo ad occupare
temporaneamente Castel di Castro. Chiano concesse la rocca ai genovesi, in
cambio dell’autonomia nella gestione del Giudicato. I pisani non stettero a
guardare e sancita un ‘alleanza con il Giudice arborense Guglielmo di Capraia,
con quello di Gallura Giovanni Visconti e il Conte di Donoratico, tutti
desiderosi di ampliare i propri territori, mossero alla volta di Cagliari,
assediando sia il Castro che Santa Igia. Dopo la morte di Chiano in battaglia
nell’ottobre del 1256, divenne giudice suo cugino Guglielmo di Cepola (forse
possidente dell’omonimo villaggio quartese) che fece un vero e proprio atto di
vassallaggio nei confronti di Genova, rinnovando solennemente gli accordi già
stipulati da Chiano. Ma nel 1257, Guglielmo di Capraia, dopo che i pisani avevano
sorpreso una flotta genovese di supporto al Giudice cagliaritano,
riconquistò Castel di Castro per conto di Pisa. Guglielmo di Cepola si rifugiò
a Genova, dove morì, dopo aver fatto testamento al comune ligure.
Santa Igia venne risparmiata,
in un primo momento. Secondo gli accordi di resa, l’amministrazione avrebbe
dovuto passare nelle mani di Pisa e i genovesi avrebbero dovuto abbandonarla.
Ma forte del testamento di Guglielmo di Cepola, Genova disattese i patti e
Pisa, riorganizzata l’alleanza coi giudicati di Arborea e Gallura, pose sotto
assedio la città. Stavolta, in una data imprecisata tra luglio e dicembre del
1258, Santa Igia venne totalmente distrutta dall’alleanza sardo-pisana, con
tanto di spargimento di sale sulle rovine. Il Giudicato di Cagliari, dove
diversi secoli prima era scoccata la scintilla dell’autonomia giudicale, cessò
la sua esistenza, finendo per essere diviso tra Pisa, Arborea, Gallura e
Donoratico. Nonostante le scoperte del 1983, il sito, già provato dall’attività
di spoglio per la costruzione dell’adiacente quartiere di Sant’Avendrace, dagli
anni successivi fu oggetto di varie opere di cementificazione (viabilità, Porto
Canale, edilizia varia, centri commerciali). Le accalorate proteste degli
studiosi ottennero solo la possibilità di qualche saggio preventivo, con la
puntuale conferma che, sotto i loro piedi, giacevano le vestigia dell’antica
capitale giudicale, Santa Igia, la città sepolta due volte.
Fonte: http://albertomassazza.wordpress.com/
Immagini di http://www.sufurriadroxu.it/
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