Le
magistrature degli Etruschi
di
Massimo Pittau
Come è noto,
nella massima parte le iscrizioni in lingua etrusca sono funerarie, sono cioè
“epitaffi”, che, in quanto tali, riportano spesso anche il nome delle
magistrature che i defunti avevano ricoperto in vita e inoltre le volte in cui
le avevano ricoperte.
In
primo luogo è da osservare che delle magistrature degli Etruschi una sola era
ereditaria, quella di luχumu «lucumone»,
due erano elettive e temporanee, quella di zilc, zilac(-), zilat
«console» e anche «pretore», come fa intendere il frequente participio
passivo zilaχnu = «fatto o eletto console
oppure pretore», due venivano nominate o assegnate, quella di maru, marunuc «marone»
e quella di camthi, canthe «censore».
È quasi
del tutto certo che le elezioni dei due citati magistrati, console e pretore,
era effettuata dai soli cittadini maschi in possesso, nella città-stato
etrusca, di tutti i diritti di cittadinanza. Pur avendo la donna etrusca di
certo un’emancipazione superiore a quella delle donne greca e romana, essa non
aveva il diritto di elezione e tanto meno il diritto di essere eletta ad una
magistratura.
* * *
L'esistenza
della magistratura del lucumone è segnalata da una glossa latina che
risale al commentatore di Virgilio, Servio (Aen. II 278), che ne indica
anche il significato generico: Lucumones qui reges sunt lingua Tuscorum
«i Lucumoni, che nella lingua degli Etruschi sono i re». In un'altra glossa (Aen.
VIII 475) Servio ci segnala che i lucumoni/re erano 12, uno per ciascuna delle
città etrusche della dodecapoli tosco-laziale: nam Tuscia duodecim lucumones
habuit, id est reges «infatti l'Etruria ebbe dodici lucumoni, cioè re» (TLE
843, ThLE 416).
Che
questa magistratura non fosse elettiva né temporanea, ma fosse ereditaria e
perpetua, è dimostrato da due fatti:
I)
In
nessuno dei numerosissimi epitaffi etruschi viene fatto cenno alla elezione del
defunto alla carica di lucumone e alla sua durata;
II)
L'appellativo,
nella sua forma propriamente etrusca, ricorre come lucumu, il quale ha finito col trasformarsi in ”antroponimo”, cioè
in gentilizio o in cognomen di famiglie che in antico avevano avuto quel
titolo e quella carica.
Le
forme etrusche in cui compare questo vocabolo sono le seguenti: lucumu, luvχumesal,
luvχmsal, lauχumneti, Luχumes, Lavuχmes, Lauχme, Lauχumes, Lauχumnial, Lauχumsnei, Laχumni, Luχumni.
La
forma luvχumesal, luvχmsal probabilmente significa «della
famiglia lucumonia».
La
forma lauχumneti (lauχumne-ti)
probabilmente
significa «nella lucumonia» (in locativo; LEGL 143) (Liber IX
33).
Invece
le ultime forme, quelle da me indicate con l’iniziale maiuscola, erano ormai
diventate altrettanti “antroponimi”, cioè gentilizi o cognomina.
Purtroppo
da nessuna delle iscrizioni in cui compaiono le citate forme del vocabolo lucumu
«lucumone» si coglie alcuna notizia circa gli effettivi poteri e funzioni di
questo magistrato «re».
Molto
probabilmente il lucumo/rex era una carica ormai vecchia, in fase di
sparizione, addetta solamente a diritti/doveri di rappresentanza e inoltre ad
alcune funzioni religiose, proprio come avveniva per il lat. rex. In
epoca arcaica le varie città-stato etrusche saranno state altrettanti reami
retti appunto dal lucumone/re, ma in epoca storica o recente esse si erano date
una forma costituzionale repubblicana anche con sommosse delle rispettive
popolazioni. Così si spiega il motivo per il quale nel corso del V secolo la
città di Veio, nella sua lunga lotta contro Roma, non solo non ottenne l'aiuto
richiesto alla Lega o Federazione etrusca, ma si attirò la sua antipatia per la
ragione che era di nuovo ritornata a una forma costituzionale monarchica.
* * *
In
epoca più recente o storica la magistratura più importante degli Etruschi era
certamente lo zilc, zilχ, zilac(-), zilat, zilath (appellativo caratterizzato da due noti suffissi:
-c, -χ ed -at, -ath; LLE, Norme 5, 11). Questo appellativo
etrusco corrispondeva a quello lat. consul «console», del quale
aveva aveva il medesimo significato fondamentale e probabilmente pure la
medesima origine etimologica: infatti il lat. consul = con-sul
è probabilmente corradicale con la base zil- degli
etruschi zilc, zilχ, zilac(-), zilat, zilath (nella lingua
etrusca l'alternanza delle consonanti S/Z e delle vocali I/U è ben documentata;
LLE, Norme 1, 2).
In fatto di poteri
politico-giuridici, esattamente come il lat. consul, pure l'etrusco zilc, zilac(-),
zilat era dotato di imperium, ossia era a capo del potere esecutivo.
La magistratura del
consolato era elettiva, temporanea e quasi certamente annuale, tanto che era
“eponima”, dava cioè il nome all'anno. I consoli erano due all'anno, ossia il
consolato era una magistratura bicollegiale.
La bicollegialità della magistratura
è chiaramente documentata da queste quattro iscrizioni: (Ta 8.1 – 3/2, su
lamina di bronzo) zilci Ceisiniesi V [-5-
Marc]esic V V... «sotto i consoli V(el) Caesinio [(figlio) di ...] e V(el)
Marcio (figlio) di V(el)....»; (TCort
34-35) zilci Larthal Cusus Titinal
Larisalc Salinis Aulesla «sotto i consoli Lart Cusone (figlio) di Titinia e
di Laris Salinio, di quello (figlio) di Aulo»; (Ta 5.2 – 4:3, su parete di
sepolcro) Larthiale Hulχniesi Marcesic Caliathesi munsle
nacnvaiasi thamce Lei «sotto (i consoli) Lart Fulcinio e Marco *Caliatio
l'avello per gli antenati ha disposto Leio» (in dativo oppure ablativo
temporale); (Fs 8.5 – rec, su cippo) tular
spu pur / Au Papsinas L / A Cursnis L «terreno della ci(ttà) (e) pom(erio)
/ Au(lo) Papsenna (figlio di) L(aris/art) / A(ulo) Corsinio (figlio di)
L(art/aris) (consoli)».
Dunque la magistratura del
consolato fra gli Etruschi era uguale alla primitiva magistratura del consolato
fra i Romani. E per la consistente ragione della precedenza cronologica del
consolato degli Etruschi rispetto a quello dei Romani, e inoltre per la ragione
della nota superiorità culturale di quelli su questi, siamo indotti a ritenere
che i Romani abbiano derivato questa magistratura per l'appunto dagli Etruschi.
* * *
Molto più spesso nelle
iscrizioni etrusche si parla di un solo zilc,
zilac(-), zilat e in questo caso a me sembra che
si debba intendere e tradurre con «pretore». A tale interpretazione e traduzione
siamo indotti dall’importante circostanza che una formula che compare in alcune
iscrizioni etrusche (TCort 24) Zilath
Meχl Raśnal «Pretore della
Federazione Rasennia (o Etrusca)»; (Ta 7.59, su tomba) Zilath amce Meχl
Rasnal «fu Pretore della Federazione Rasennia», corrisponde esattamente ad
una analoga formula latina, sia pure molto più recente: Praetor Etruriae XV
Populorum «Pretore dei 15 Popoli dell'Etruria» (le 12 città della
dodecapoli, più Pisa, Florentia, Saena). Si veda pure l'iscrizione (Ta
1.184 – 3:, su sarcofago) [--- L]arisal
Crespe Thanχvilus Pumpnal clan zilath (Meχl) Rasnas marunuχ / [cepe]n zilc thufi tenthas marunuχ paχanati ril LXIII «[---] figlio di Laris Crispio (e) di
Tanaquile Pomponia, pretore della (Federazione) Rasennia, essendo marone /
sacerdote pretore una volta (e) marone nel sodalizio di Bacco, di anni 63».
Pertanto le seguenti
iscrizioni (Ta 5.4/5 – 4:3, su parete di sepolcro) zilci [Vel]usi Hulχniesi;
zilci Vels Hulχniesi vanno tradotte esattamente «sotto il pretore Vel Fulcinio»; (Ta 8.1 – 3/2, su lamina di
bronzo) zilci Ceisiniesi «sotto il
pretore Caesinio».
La elettività dell'etrusco zilc, zilac(-),
zilat «console» e «pretore» è ampiamente documentata nelle
iscrizioni, ad esempio nella forma di zilaχnu (AT 1.105; Ta 1.35; Vc 1.94), zilχnu
(Vc 1.93), che significano «fatto o
eletto console o pretore» (in participio passivo). Nelle iscrizioni compaiono
spesso anche le volte in cui un individuo era stato console o pretore.
Come il
praetor romano, anche l'etrusco zilc, zilac(-), zilat sarà stato dotato di imperium,
sia pure in subordine rispetto ai consoli; e dunque avrà avuto funzioni di
comando, di nomina e di amministrazione, come lasciano intendere le seguenti
cariche: zilc marunuχ(va) (AT 1.1, 96), marunuχ zilath «pretore maronico» (che cioè
nominava e guidava i maroni) (Ta 1.184, 213; 7.84); zilc parχis «pretore
dell'economia» (da confrontare col lat. parcere
«risparmiare, fare economia», finora di origine ignota; DELL, AEI, DELI);
zilath
eterav «pretore
peregrino» (a Roma il praetor peregrinus giudicava nelle cause fra
cittadini e stranieri oppure fra stranieri).
Il
potere di giurisdizione che il praetor aveva a Roma, probabilmente è
indicato anche per il pretore etrusco dalla seguente iscrizione: (Ta 1.9 – 4:3,
su sarcofago) Velthur Partunus Larisalisa
clan Ramthas Cuclnial zilχ
ceχaneri
tenthas avil / svalthas LXXXII «Veltur *Partuno quello (figlio) di Laris, figlio di Ramta
Cuculnia, (morì) essendo pretore da pronunziare sentenze (cioè di
giurisdizione) / vivendo gli anni 82».
In
termini analitici, zilci (Cr 1.161;
Ta 5.5, 8.1) significa propriamente «sotto il console o il pretore», in dativo
asigmatico di valore temporale di zilc
(LEGL 80, 141, 142); zilcte, zilcthi, zilcti (zilc-te/thi) significano propriamente «nel/durante
il consolato o la pretura)» (in locativo temporale; LEGL 143), in cui zilc
= «console (o pretore)» e -te, -thi, -ti sono varianti della desinenza
locativa th(e/i), -t(i).
Probabilmente
l'appellativo zileterea, zileteraia(-s), zileterai[a](-s) (Ta 1.50, 51)
significa «propretore», dato che deriva chiaramente da zilat «pretore».
(Ta 1.139 – 3/1, su parete di sepolcro) Perprus A zileterea zivas «A(ulo) *Perprone da vivo (fu)
propretore».
Molto
probabilmente, sempre per le consistenti ragioni della precedenza crononologica
e della superiorità culturale, anche la “pretura” è stata dai Romani derivata
da quella degli Etruschi.
* * *
I
maroni sono i magistrati più citati nelle iscrizioni etrusche, segno certo che
erano quelli più numerosi. Erano magistrati di grado inferiore, che
esercitavano uffici particolari. In accostamento analogico i maroni potrebbero
corrispondere agli “assessori” delle odierne amministrazioni comunali e il
«pretore maronico» (zilc marunuχva, marunuχ
zilath) che li
nominava e li guidava, potrebbe corrispondere al “sindaco” odierno.
Il
relativo vocabolo compare come maru, marv,
da confrontare col lat. maro,-onis
(CIL XI 5390: marones murum faciundum ... coirauere). Ma la forma di
gran lunga più frequente è marunuc, marunuχ,
marnuχ, la quale risulta essere un aggettivo
sostantivato col significato effettivo di «marone».
I
differenti maroni indicati dalle iscrizioni sono i seguenti:
maru paχathuras Cathsc «marone del sodalizio di Bacco e
di Cata»;
marunuχ paχanati «marone nel sodalizio di Bacco»:
marnuχ, marunuχ, marunuc spurana «marone urbano» (spurana
«cittadino, civico, urbano», aggettivo derivato da spure «città»).
Il
vocabolo marunuχva «maronico, pertinente ai maroni»
è chiaramente un aggettivo al singolare, derivato da marunuχ: zilc marunuχva «pretore maronico»; marunuχva cepen «sacerdote maronico». È appena il caso di accennare e
ricordare che Maro,-onis era il cognomen di Virgilio, indicante una sua lontana ascendenza etrusca.
* * *
Il
magistrato etrusco camthi probabilmente corrisponde a quello lat. censor «censore» e probabilmente è anche suo corradicale (in etrusco lo scambio
delle vocali A/E è ben conosciuto; LLE, Norme 1). (Ta 1.96 – 4s/2, su sarcofago)
Lartiu Cuclnies Larthal clan Larthialc Einanal camthi eterau «Lartino
Cuculnio figlio di Lart e di Lartia Enania, censore dei forestieri» (TLE 145).
Il camthi, proprio come il censor dei Romani, avrà fatto il
censimento dei forestieri o stranieri e ne avrà tenuto aggiornati i registri.
Probabilmente
canthce significa «fu, è stato censore» (in preterito debole) da connettere
con camthi, canthe.
(Ta 1.170, su tomba) Larth Ceisinis Velus clan cizi zilaχnce Methlum nurphzi canthce
Calusim lupu meani municleth «Lart
Caesinio figlio di Vel per tre volte resse come pretore la Federazione, per
nove volte fu censore e morto per Calus (è) in questo splendido sepolcro» (TLE
99).
Ancora
probabilmente canthe (Vs 1.181)
significa «censore» e sarebbe sinonimo di camthi.
* * *
Contrariamente
a quanto è stato detto da molti autori, gli etruschi purth, eprthnev non
corrispondono affatto al lat. praetor e al greco prýtanis, perché invece significano «vate, interprete
di segni o portenti, sacerdote vaticinale, oracolare, divinatore»,
probabilmente corradicale col lat. portentum (port-entum)
«prodigio, segno prodigioso, presagio». Come abbiamo visto prima, in etrusco
«pretore» si diceva zilac(-), zilat,
zilath, zilc, zilχ.
Nota
bene: per indicare la dentale spirante sorda etrusca ho adoperato il digramma
latino TH a causa della constatata frequente trascrizione errata della relativa
lettera da parte del particolare programma di scrittura da me adoperato nel
computer.
Bibliografia
essenziale e sigle
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Etimologico, Firenze 1968².
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DELI Cortelazzo M. - Zolli P., Dizionario Etimologico della Lingua
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Cortelazzo e M. A. Cortelazzo, col soprattitolo Il nuovo etimologico,
1999.
DELL Ernout A. - Meillet A., Dictionnaire Étymologique de
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ET Rix H., Etruskische
Texte, Editio Minor, I Einleitung, Konkordanz, Indices; II Texte, Tübingen
1991 (le sigle di tutte le iscrizioni citate sono quelle adottate in questa
importante opera).
LEGL Pittau M., La Lingua
Etrusca - grammatica e lessico, Nùoro 1997 (Libreria Koinè Sassari).
LLE Pittau M., Lessico
della Lingua Etrusca – appellativi antroponimi toponimi, Roma
2012, Società Editrice Romana (Libreria
Koinè Sassari).
ThLE Thesaurus Linguae
Etruscae, I
Indice lessicale, Roma 1978; I Supplemento, 1984; Ordinamento inverso dei
lemmi, 1985; II Supplemento, 1991; III Supplemento, 1998. II ediz., Pisa-Roma
2009.
TLE Pallottino M., Testimonia
Linguae Etruscae, Firenze 1954, I ediz., II ediz. 1968.
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