Israele: El-Ahwat, scoperta nel Vicino Oriente una cittadella militare costruita dai nuragici?
In riferimento all'articolo pubblicato lunedì 19 Maggio 2014 nel quale si riportava una notizia del Corriere della Sera, oggi inserisco un approfondimento sulla questione.
In sintonia con gli studi di Giovanni Ugas, da oltre quindici anni sostenitore della tesi che vede la presenza sarda nel Vicino Oriente, le vicende riconducibili ai contatti di genti dell’isola con popoli del Vicino Oriente iniziano nel XV a.C. quando a Tebe giungono gli ambasciatori delle “Isole nel cuore del Verde Grande” per portare doni per i faraoni Ashepsuth,Tuthmosis III e Amenofi II. Sono raffigurati nelle pitture delle tombe dei visir Senmut, Useramon e Rekhmire. (Antichi Popoli del Mediterraneo – 2011 – Capone Editore). Vestiario, colorito della pelle e oggetti raffigurati non lasciano dubbi sull’identità di quei prìncipi, raffigurati anche in bassorilievi successivi scolpiti in vari templi di epoca ramesside e citati in vari documenti egiziani come le tavolette di el Amarna e di Ugarit del XIV a.C.
Alla morte di Seti I, padre di Ramesse II, i militari sardi furono assoldati dal nuovo faraone contro gli Ittiti per il loro indubbio valore in combattimento. Definiti “guerrieri dal cuore risoluto, invincibili sul mare”, formano il corpo di guardia dello stesso faraone e sono utilizzati a Dapur e a Qadesh, avamposto degli ittiti che controllava il porto siriano di Ugarit, una delle più ambite città dell’epoca perché crocevia delle merci in transito fra l’Asia, l’Europa, il Mare Mediterraneo e l’Egitto. In Egitto gruppi di sardi sono assegnatari di fertili campi in varie zone mentre altri mercenari sono stanziati nel Vicino Oriente per il controllo delle guarnigioni provinciali governate dai Visir per conto del faraone (Ugas 2011).
Nel tempio di Medinet Habu, Ramesse III scolpisce nei bassorilievi che i Popoli del Mare travolsero l’impero ittita e “tutto l’orbe terrestre”, partendo dall’Amurru. Dopo quelle guerre i Sardi si stabiliscono in vari territori. Per individuarli ci viene in l’Onomasticon di Amenope, della fine del XII a.C., che li inserisce nella regione di Dor ma altri testi egizi informano che i sardi si stanziarono anche a Nord.
Nel Vecchio Testamento (Giudici 4,1-23) relativo alla sconfitta inflitta presso il rio Qishon dagli Israeliti di Barak e Deborah al generale Sisara, che aveva la sua sede in Haroshet ha Goiym si intuisce che i sardi avessero conquistato anche la valle di Jezrael, dove si trovano le città di Iokneam, Megiddo, Taanak , Ybleam e Beth Shean. Secondo l’archeologo Giovanni Ugas, i confini raggiungevano e attraversavano la fascia pianeggiante immediatamente a est del Giordano, controllata a sud del lago Tiberiade da Beth Shean e dall’odierna Tel Sa’id’iydia, nell’importante area metallurgica presso il guado di Adam (I Re 7,46, Giosuè 3,16).
Appartenevano alla componente sarda dei popoli del mare anche i territori di Neftali, il cui capoluogo Hasor era la sede di Yabin, alleato o capo politico di Sisara (Giosuè 11,1-14), e di Zabulon. Entrambe le regioni, secondo Isaia (8, 23), facevano parte della Gelil Goiym ossia “la Galilea degli Stranieri” e dipendevano da Haroshet Goiym. Questi invasori di Gelil, come ritiene anche Zertal, possono ben essere le “genti delle Isole” note ai testi egiziani e menzionate in Genesi (10, 4-5) e controllavano anche la stessa fascia d’approdo e costiera di Asher, a Nord dei litorali di Dor.
In base al rasoio di Occam, è da escludere che, dopo aver cacciato gli Egiziani dalle loro province, i Popoli del Mare avessero trascurato proprio il fertile territorio pianeggiante che raccordava il Mediterraneo al Giordano e che controllava le vie di comunicazione tra la Mesopotamia, l’Egitto, la Siria, Cipro e l’Anatolia. Da quel momento i sardi, e le altre componenti dei popoli del mare, si fondono con le culture locali e perdono la loro originaria identità.
Nei secoli precedenti, la Sardegna strinse accordi commerciali con città dell’Egeo, testimoniati dalla presenza di manufatti cretesi e micenei, in ceramica (Nuraghe Arrubiu), pasta vitrea (San Cosimo), avorio (Mitza Purdia) e di un sigillo cilindrico proveniente da Ugarit (Su Fraigu). Inoltre, la presenza in Sardegna di lingotti in rame a forma di pelle di bue (ox-hide), provenienti da Cipro e veicolati da mercanti cretesi, dimostra inequivocabilmente che la Sardegna partecipava attivamente ai commerci, come si nota anche dalla ceramica nuragica trovata a Cannatello in Sicilia, a Tirinto e soprattutto a Kommòs porto di Festo in Creta.
I Sardi del Bronzo, mantenevano relazioni politiche e commerciali con Creta, Cipro e varie città dell’Egeo grazie, soprattutto, alla presenza di giacimenti di rame e argento. Oggi, nei musei di tutto il mondo si possono osservare i bronzetti, uno spaccato realistico di ideologia, usanze, religiosità, vestiario, oggettistica, animali, edifici e altro, che furono realizzati nel Primo Ferro e si mantennero per lungo tempo nella tradizione sarda.
Per quanto riguarda la cittadella di El-Ahwat fra il 1250/1150 a.C., periodo in cui i popoli del Mare occuparono varie provincie egizie, Ugas e Zertal segnalano che si tratta di un insediamento posto a 300 metri di quota, in posizione strategica dalla quale si potevano controllare sia la piana di Sharon, sia quella di Megiddo.
Nella Sardegna del Bronzo Finale, quindi proprio in quel secolo, le case mostrano una pianta circolare con più ambienti e muri rettilinei in mattoni di fango su zoccolo di pietre piccole, come nell’abitato di El-Ahwat, e le piccole celle coperte a tholos della cittadella israeliana sono simili alle camere nuragiche coperte a volta. Ciò suggerisce che queste costruzioni circolari fortificate derivano da un processo di adattamento alle esigenze locali, determinato soprattutto dall’impiego di massi più piccoli di quelli presenti abbondantemente in Sardegna. Si nota un’analogia tecnica e formale con gli edifici nuragici costruiti a filari con pietre di media pezzatura e provvisti di due paramenti murari.
Zertal ha ravvisato delle somiglianze anche tra un corridoio ricurvo con nicchia ellittica e i corridoi con celletta o nicchia presenti negli edifici di Cuccuruzzu e di Araghju in Corsica. Per quanto attiene i manufatti, si osservano interessanti affinità fra le coppe in ceramica grigio ardesia e gialle dell’isola e le coppe con labbro ingrossato di El Ahwat, e fra le grandi conche con orlo ingrossato e presa bilobata di el Ahwat con analoghe ceramiche sarde ritrovate ad Antigori, non a caso datate proprio con la stessa cronologia. Inoltre, alcuni vasi di el Ahwat sono decorati con fasce a zig-zag e a chevrons, impresse con un punteruolo, esattamente le stesse decorazioni geometriche nelle ceramiche del XIII a.C. (Madonna del Rimedio-Oristano, su Nuraxi di Barumini). Anche la decorazione stellare e a cerchi concentrici a punti impressi per decorare i pani, presente nei coperchi di el Ahwat, è frequente nei coevi tegami in ceramica sardi (Santu Antine).
Immagini dal web
« "Cantami, o Diva, del Pelide Feo/ l'ira funesta che infiniti addusse/ lutti agli Shardana molte anzi tempo all'Orco/ generose travolse alme d'eroi, e di cani e d'augelli orrido pasto/ lor salme abbandonò (così di Giove/ l'alto consiglio s'adempia), da quando/ primamente disgiunse aspra contesa/ il re de' Prodi Ugas e il divo Feo
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