Sulla navigazione estrema nell’antichità
di Enrico Pantalone
Si parla sempre di fatti e storia riguardante lo svolgersi della vita quotidiana sulla terraferma e dei grandi trasferimenti a cavallo, di marce o di esodi. Si parla poco, invece, degli spostamenti marittimi: proviamo a immaginare come si praticasse la navigazione sul Mediterraneo (e oltre) al tempo più antico dei fenici, dei greci, degli etruschi, dei cartaginesi e dei romani, cioè di chi maggiormente utilizzava le imbarcazioni per muoversi o per commerciare.
Normalmente, se i venti erano propizi, l’avventura poteva iniziare, altrimenti il rischio di rimanere al palo era forte: non avendo possibilità di stoccare grandi riserve d’acqua dolce, era scontata la navigazione sotto costa che permetteva di tenere sempre l’occhio vigile e pronto nel caso s'avesse avuto bisogno di un rifornimento.
Formaggio ovino, carne seccata e salata, vino di tipo cretese (quello da tagliare con l’acqua) costituivano i pasti quotidiani dei marinai. Il pesce pescato non poteva essere cucinato sulla nave per evitare incendi (visto la consistenza legnosa delle imbarcazioni tutto ponte) e si consumava, salvo eccezioni, solo sulla terraferma.
Tutti i marinai antichi, come sappiamo dai racconti degli storici e dei letterati (e dalle leggende) erano anche buoni combattenti, esperti esploratori e mercanti. Le traversate non erano sempre piacevoli, e credo sia interessante comprendere come vivevano la navigazione i civili e i soldati.
Come potevano passare il tempo stipati in poche decine di metri?
E’ sufficiente andare su una moderna barca a vela per capire che il tempo e movimenti in mare sono relativi.
Un militare abituato a marciare per chilometri durante il giorno, si trovava a dover restare immobile in uno spazio angusto, privo della libertà di movimento cui era abituato, fattore che doveva essere indigesto ai più, poiché la nave media difficilmente superava i 15 metri di lunghezza.
Doveva quindi essere necessario trovare il modo per far trascorrere le giornate e diventava così indispensabile l'arte del discorrere, unica panacea possibile e attuabile in quello spazio.
Le navi militari in genere erano più piccole rispetto a quelle mercantili, quindi disponevano di minore spazio vitale. Le navi da carico sviluppavano una velatura maggiore, quindi erano più potenti e rendevano possibile un aumento del cabotaggio e di conseguenza dello spazio disponibile per persona.
Gli antichi popoli che sviluppavano l'arte della navigazione non differivano molto nell'utilizzo di tecniche e manovre: un buon marinaio poteva lavorare con greci, etruschi, fenici, romani e cartaginesi in maniera similare.
Questo perché gli strumenti erano ridotti: lo scandaglio la faceva ancora da padrone anche se la lettura della volta celeste e di rudimentali mappe iniziava a migliorare i percorsi riducendo i giorni a bordo.
A volte si preferiva allontanarsi dalla costa e sfruttare i venti, ma si doveva sempre tenere in conto l’approvvigionamento di acqua potabile, e gli approdi amici erano di vitale importanza per le traversate.
Proprio la colonizzazione dei territori orientali sul Mediterraneo e sul Mar Nero fu una diretta conseguenza di questo modo d’operare e le felici posizioni geografiche che gli esperti navigatori riuscivano a trovare, divennero luoghi nei quali giunsero gruppi di uomini che cercavano fortuna lontano dalla patria natia.
Il Mediterraneo e il Mar Nero erano ben conosciuti, differente invece era l’approccio al leggendario mare sconosciuto oltre le Colonne d’Ercole, e
l’occupazione militare in quelle zone non fu mai presa in reale considerazione per problemi legati alla logistica e alla difficoltà di trasferimenti d’ingenti forze umane in terre poco conosciute e ritenute inospitali.
Si pensa che solo i fenici intrapresero una colonizzazione sistematica di queste terre ma, nonostante la ricerca storica vada avanti, non s’è certi della riuscita in questo senso.
I greci furono tentati dall’avventura, avendo come base Marsiglia, ma preferirono spostarsi a nord attraverso il territorio e nel Mediterraneo stabilirono accordi commerciali con gli etruschi e i cartaginesi per dividere spese e rischi.
Il ruolo principale fu sicuramente quello dei mercanti, tanto che anche Scipione l’Emiliano ne interrogò parecchi, forse tentato da qualche avventura verso nuove terre. Tuttavia le notizie su merci e manufatti sull’Atlantico non dovevano apparire così vantaggiose, infatti preferì non affrontare il rischio del disastro che poi avrebbe dovuto spiegare in Senato.
Rimane da indagare il motivo dell’assenza di rotte commerciali verso il sud dell’Africa, considerato che si poteva sempre viaggiare con punti di riferimento sottocosta. Forse il clima mite mediterraneo fu uno dei punti decisivi per questo tipo di scelta.
Fonte: www.enricopantalone.com
Anche qui, non ci siamo! Nei miei studi, ho constato, ahimè, che i più profondi e documentati studiosi, iniziano a scomparire dalla scena divulgativa, già dagli anni '70. Il motivo è da individuare nel costo della ricerca scientifica, che in Italia è affatto finanziata da nessuno, tranne i pochi soldi stanziati dallo Stato, guidato da personaggi del tutto esiziali per la nostra nazione, e i motivi si sanno, e tranne i pochi soldi stanziati da privati, ma in modo capriccioso e per nulla volto al sapere. Col prevalere del sistema lobbistico e di raccomandazioni che oggi imperversa in ogni settore, di fatto un serio studioso si trova pressoché spiazzato, inadatto a farcela qualora non sia un politico o un ricco figlio di ricchi. E poiché i ricchi italiani sono per la maggior parte dei casi dei solenni somari e dei volgari ignoranti,se raccomandano o impongono qualcuno, non lo sarà mai per la sua valentìa di studioso, ma per altri motivi che nulla hanno a che vedere con l'intelligenza o con il merito scientifico. A ciò aggiungasi la sepolcrale potenza dei baroni universitari, che impediscono ogni carriera e fanno ristagnare lo scibile. In questa mediocrità che alla lunga sarà una vera decadenza culturale e civile, non avvengono più scoperte, non appare più una geniale risposta a quesiti vecchissimi, insomma, di Champollion e di Schlimann, o di altri, compresi P. Ducati, Boni, Pallottino, ecc. non se ne vedranno mai più, sinché perdurerà questa situazione avvilente. Ragion per cui, abbiamo un mare di libri mediocri, di idee rimasticate, di inutili pubblicazioni e saggi. Di mecenati che avviino vere ricerche, non ne abbiamo più, poiché si preferisce stanziare fior di miliardi per una inutile EXPO o per uno stadio da calcio faraonico, o rubare soldi alla ricerca per donarlo ai baroni ignoranti ma raccomandati! E' chiaro, poi, che le generazioni di raccomandati attuali fanno da filtro all'ascesa dei capaci e dei competenti, e il panorama è completo. Poi c'è internet, ove leggiamo di tutto, ma non abbiamo verifica e vaglio di sorta. Non so cosa dire, se non che siamo a un bivio: o rispuntano i geni del mecenatismo come Treccani degli Alfieri e altri, assieme ai Marconi ecc., oppure la nostra civiltà e cultura continuerà a ristagnare sui risultati raccolti sino a 50 anni fa. Tornando a questo articolo, vorrei fare notare, che le vie dei mari erano naturale espansione di cultura e commerci o invasioni già da tempi arcaici. Ma che le vie di terra, soprattutto le valli dei grandi fiumi europei e i passi alpini, già dal neolitico e nell'età del bronzo dato il clima più caldo di quello che sopravvenne con l'età del ferro, sono stati percorsi molto più di quanto si possa immaginare. Quindi sia per mare stando magari vicino alle coste, sia per terra, comunicazioni d'idee e diffusioni simbolistiche, sono avvenute sempre e comunque e senza mai interruzione. Se per esempio i Baschi si svelano essere affini a certi frammenti di popoli caucasici, il motivo era per via di una diffusione della medesima cultura e forse stirpe, che andava dal mar Caspio sino all'estremo confine dei Pirenei. E ciò prima dell'età del bronzo, anche. Insomma, io cerco negli articoli come questo, qualche novità che risolva annosi problemi, qualche intuizione circostanziata, qualche scoperta risolutiva, ma non ne ho trovate, se non la ripetizione delle medesime cose. Sono un assetato di verità, ma rimango deluso del pressapochismo che m' insoddisfa assai, e che trovo troppo diffuso su internet. E questo senza voler offendere chi scrive, ma semmai irritandomi nel non trovare mai ciò di cui sopra.
RispondiEliminaBuongiorno sig. anonimo. Pur essendo solidale con lei sulle riflessioni che propone nelle prime righe del suo commento, devo precisare che questo scritto sulla navigazione antica è un articolo divulgativo che Enrico Pantalone ha scritto per dare un'infarinatura a chi si avvicina a questi temi per la prima volta. Per gli approfondimenti esistono molte pubblicazioni scientifiche, scritte da svariati autori in passato e nel presente. Le tematiche sono difficili da trattare in quanto la letteratura non ha conservato documenti decisivi, ma le testimonianze archeologiche dei vascelli preistorici le abbiamo, non ultima quella del relitto di Ulu Burun, trattato da George Bass con estrema professionalità. Quella imbarcazione ha fornito elementi decisivi per la comprensione dele rotte, dei manufatti che si commerciavano, dell'identità del personale di bordo e delle "mode" dell'epoca.
RispondiElimina…oppure la nostra civiltà e cultura continuerà a ristagnare sui risultati raccolti sino a 50 anni fa…
RispondiEliminaCarissimo Anonimo: Le posso garantire che la nostra civiltà, in questi ultimi 50 anni, ha fatto progressi inimmaginabili. La nostra cultura, oggi, è a disposizione di Tutti; scusi se è poco.
Ringrazio Pierluigi che conosco solo oggi attraverso questa pubblicazione di un mio scritto, devo ammettere un pò datato. In effetti il mio sito è prettamente divulgativo e soprattutto improntato su basi sociologiche, quindi con l'idea di far immedesimare il lettore nella situazione in cui poteva trovarsi la gente in un dato momento storico. In poche parole descrivo la situazione come farebbe un ipotetico giornalista del tempo cercando d'interessare alla storia e alla sociologia più gente possibile. Sappiamo tutti quanto sia difficile riuscire a far breccia in gente completamente disinteressata a queste materie ed a farle avvicinare a testi più impegnati e certamente più scientifici. Mi sono posto l'obiettivo di fare (o di cercare di fare) con i miei testi, da ponte e di mediare tra la prima conoscenza di una materia ed il successivo approfondimento per chi volesse saperne di più. Un caro saluto, Enrico
RispondiElimina