mercoledì 12 giugno 2013

Civiltà etrusca. La tomba dei “Saties”

La tomba dei “Saties”

La tomba dei Saties rappresenta uno dei più grandi patrimoni artistico-storico-culturali e, almeno fino ad ora, la più importante testimonianza tramandataci dagli Etruschi quale unica pagina della loro storia narrata da loro in prima persona attraverso gli affreschi dell’ipogeo.
L’archeologo Alessandro François la scopre casualmente nel 1857, poco prima di morire, mentre si dedica nelle vicinanze ad altri scavi su incarico ricevuto dal Principe Alessandro Torlonia, neo-proprietario delle tenute di Canino.
Di seguito si narra il racconto, della scoperta della tomba, di Alessandro François tratto dal bollettino dell’Istituto di corrispondenza Archeologica.

"...io mi trasferii nuovamente nella località di Ponte Rotto presso il fiume Fiora, e fatte nuove perlustrazioni arrivai ad un poggio di travertino, alle di cui falde furono ritrovati da S.A. il principe Luciano molti e ricchi sepolcri.
Salito sulla sommità di esso, il nudo travertino che da tutte le parti appariva, convincevami che non vi potevano essere sepolcri, quando in non lieve lontananza scopersi una lunga fila di annose querce, la di cui verdeggiante chioma era prova evidente di vegetazione floridissima, la quale non poteva derivare che da una polpa di terra assai profonda.

Avvicinatomi perciò a questo punto mi accorsi che purtroppo questa lunga fila di alberi doveva occupare la strada di un grande ipogeo, ed all’istante vi feci dar mano.
Poche zapponate bastarono a darci la certezza del mio pensiero, ed ordinai al caporale di fare scoprire tutta la lunghezza della strada, atteso che l’ipogeo doveva essere della massima importanza, ne bisognava lasciare inosservata nessuna parte di esso.

I miei ordini furono eseguiti fino allo scrupolo, e dopo due giorni di lavoro si potè desumere la lunghezza della strada in palmi 150, e la di lei larghezza di palmi dieci.

Dopo vari giorni di lavoro a 25 palmi dal principio della strada medesima comparve un ceppo sepolcrale di nenfro nero in una colonnetta quadrilatera che posava sopra una base quadra."

François si rende conto di essere di fronte ad una scoperta importante, si entusiasma, ma subisce una grande delusione quando si arriva all'ingresso di una tomba che sembra completamente sprofondata: nonostante questo continua a crederci, non si ferma neppure di fronte ai cumuli di nenfro (un tufo grigio-scuro compatto simile al peperino), fa scavare con caparbietà attraverso le macerie di quella che si rivelerà essere soltanto un'anticamera, costruita dai previdenti Etruschi per difendere la tomba vera e propria soprattutto dall’umidità, e quasi alla fine del lungo dromos viene premiato portando alla luce l’architrave della porta di accesso ad un ulteriore vano, inviolato!

..."Quando l'ultimo colpo di piccone atterrò la pietra che chiudeva l'entrata della cripta, la luce delle torce rischiarò le volte di una funebre dimora, il cui silenzio da più di venti secoli nessuno aveva turbato.
Ogni cosa laggiù si trovava nello stesso stato in cui era stata disposta il giorno nel quale era stata murata l'entrata e l'antica Etruria ci si rivelò in tutto il suo splendore.
Un'intera civiltà sorgeva, quasi fantastica visione, da un sepolcreto.
C'era da restare abbagliati. La stessa Pompei non aveva offerto uno spettacolo così imponente.
L’atrio si apre con le sue prime celle laterali con i corpi di giovani guerrieri - una, tre, cinque camere.
Coricati sui loro letti funebri i vecchi guerrieri etruschi colle loro armi indosso, sembravano riposarsi dalle fatiche di una battaglia allora allora guadagnata sopra i Romani o i Galli.
Per alcuni minuti vedemmo forme, vestiti, stoffe, colori; poscia a misura che l'aria della campagna penetrava nella cripta, tutto sparve. Fu come lo scongiuro del passato, il quale era durato lo spazio di un sogno e poi sparito, quasi a punirci della nostra sacrilega curiosità...poi un altro muro di separazione, altre due, tre camere, di cui l’ultima la più preziosa, con un ciclo pittorico. Questo monumento sepolcrale è superbo, di somma importanza scientifica, non tanto per la primitiva costruzione quanto per l’architettura, ma più di tutto per la bellezza delle pitture delle quali vanno adorne le pareti... essendo ciascuna figura munita di una iscrizione in etrusco... senza della quale circostanza si sarebbe creduto che questo sepolcro avesse appartenuto ad altra epoca… tanto belle da far rammentare i bei tempi del Botticelli e del Perugino.”


Fonte: www.tusciaromana.info

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