lunedì 7 gennaio 2013

Le lamine di Pyrgi

Le lamine di Pyrgi


Nel 1964, durante dei lavori di scavo presso l’area archeologica di Pyrgi, porto dell’antica città etrusca di Cere (Cerveteri), fu fatta una scoperta che scatenò l’entusiasmo del mondo scientifico: tra il materiale di scarico proveniente da un recinto posto tra i due templi dell’area archeologica furono rinvenute, accuratamente arrotolate, tre lamine d’oro, due delle quali incise con scritte in lingua etrusca e l’altra in lingua fenicia arcaica. Tutt’intorno alle lamine sono una serie di buchetti, che permettevano di affiggerle alle porte di uno dei templi, con dei chiodini, in parte ritrovati, in bronzo con le capocchie d’oro.


La scoperta fece subito pensare ad una sorta di “stele di rosetta” etrusca grazie alla quale si potesse decifrare la scrittura etrusca, in quanto della lingua fenicio–punica si possiedono discrete conoscenze. Purtroppo, per tutta una serie di circostanze sfavorevoli, i risultati non furono all’altezza delle aspettative: i due testi corrispondono tra di loro ma non sono l’esatta traduzione l’uno dell’altro e i contenuti della lamina in lingua punica presentano alcuni punti oscuri che ne limitano la conoscenza.



In conclusione, gli esperti che hanno approfondito lo studio sulle tre lamine auree di Pyrgi, hanno stabilito che in esse è riportata la versione di un identico evento: la consacrazione, da parte di Thefario Velianio, lucumone o principe-tiranno di Cere, di un piccolo edificio religioso in onore della dea Giunone-Astarte.

La traduzione su proposta delle lamine di Pyrgi è stata fatta per primo dal nostro amico e collaboratore prof. Massimo Pittau, nelle sue opere «Tabula Cortonensis - Lamine di Pirgi» (Sassari 2000, EDES) e «I Grandi Testi della Lingua Etrusca tradotti e commentati», Sassari 2011, C. Delfino Editore.

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