Il Paleolitico in Sardegna
di Marcello Cabriolu
La fase più antica del Paleolitico Superiore si presenta ben caratterizzata e ampiamente diffusa in tutta l’Europa Occidentale attraverso l’industria litica e su materie dure. Essa viene denominata Aurignaziano. L’Aurignaziano è un’entità tassonomica, ossia l’espressione tecnologica di un’etnia probabilmente riconducibile all’homo sapiens sapiens, che si colloca cronologicamente tra il 34.000 BP e il 20.000 BP[1]. Le attestazioni sono ampiamente diffuse a partire dalla Catalogna ai Paesi Baschi e ai Pirenei per giungere alla Francia Centrale, alla Penisola Italiana e toccare l’Europa Centrale e la penisola Balcanica. La situazione ambientale europea tipica del periodo vedeva una condizione temperata definita Interpleniglaciale wurmiano dove le aree ghiacciate erano leggermente più grandi rispetto ai ghiacciai attuali, con un limite delle nevi perenni più basso rispetto ad oggi, e il livello dei mari più arretrato di circa una ventina di metri rispetto a quello attuale. Le analisi polliniche e vegetali descrivono delle circostanze ambientali particolari: tendenti ad un contesto continentale e steppico nell’Europa Centrale (con temperature rigide invernali e alte nella stagione estiva), mentre nelle regioni mediterranee, quali il sud della Francia e l’Appennino, è possibile trovare foreste di conifere. Le foreste miste, caratteristiche delle zone temperate-umide, probabilmente si individuano in aree isolate quali per esempio le regioni atlantiche della penisola iberica e nella Sardegna. I gruppi umani si dispongono in contesti favorevoli quali ripari sotto roccia, corsi d’acqua e infine all’imboccatura di grotte-rifugio, propendendo, nel creare campi base e di caccia all’inseguimento dei branchi di animali, per aree climaticamente miti.
La fauna legata agli ambienti artici e montani si concretizza in bovini, renne e stambecchi - relativamente all’Europa occidentale - e in mammuth nell’Europa Orientale. Le prove di ciò ci vengono sia dai depositi ossei (caratterizzati da decorazioni con sequenze di tacche, recuperati negli insediamenti) sia dalle rappresentazioni pittoriche. Le pitture rupestri, leggermente più tarde, sono rinvenute nelle grotte della Francia meridionale e pirenaica e, insieme alle riproduzioni volumetriche di animali con incisioni dell’Europa media, completano il quadro dell’arte figurativa del Paleolitico Superiore. Il clima, in un arco temporale piuttosto dilatato, va pian piano a peggiorare facendo risaltare le caratteristiche dei cacciatori “mediterranei” e la relativa entità tassonomica. L’Europa affronta il secondo Pleniglaciale Wurmiano, durante il quale le terre emerse sono “ridisegnate” da un livello marino ritiratosi sino a -100 mt rispetto al livello attuale[2]’[3]. La nuova tecnologia, associata ai gruppi umani che si oppongono alla glaciazione, si definisce “gravettiana”, ed è generata prevalentemente da cacciatori di renne, cervi e caprioli. Un breve richiamo alla fauna tyrrenicola della Sardegna ci ricorda che tra le specie frequenti, rinvenute nei giacimenti ossei e nei ripari di caccia paleo - mesolitici, si annovera il Megaceros cazioti - un cervide dalle dimensioni considerevoli -, suggerendo che anche i gruppi umani sardi siano dediti alla caccia mobile dei cervidi. In questa circostanza il complesso sardo-corso si pone come potenziale candidato ad accogliere le bande mitteleuropee di cacciatori sia per le condizioni di clima più favorevoli rispetto al continente sia per le migrazioni di animali che vi giungono attraverso il ponte di terra tra la Corsica e la Toscana (Capo Corso – Isola di Capraia, forse al massimo, nel momento di massima regressione, interrotto da un tratto di mare di pochissime miglia). In questo momento tra le popolazioni del sud della Francia, dei Pirenei, delle Asturie (Lascaux – Altamira) e dell’Euskadi accadono degli eventi, probabilmente epidemie, che generano in questi uomini alcuni marcatori - guida: ovvero delle tare genetiche. La mutazione M173 del DNA del cromosoma Y ebbe origine all’incirca attorno al 30.000 BP tra le popolazioni di cultura Aurignaziana[4] che si spostavano tra il sud della Francia e il Mediterraneo caratterizzando una famiglia genetica ancestrale: l’aplogruppo Eu 18. Intanto anche i gruppi umani di cultura gravettiana provenienti dal Medio Oriente verso l’Europa sono soggetti a mutazioni genetiche, in particolare un consistente gruppo, attratto da cacciagione e condizioni di vita favorevoli, si spinge sino al sud della Francia e oltre sino alla penisola Iberica. Siamo in un periodo compreso tra il 28.000 e il 23.000 BP quando in queste popolazioni si generano delle mutazioni genetiche, M170 e M26, caratterizzando un’altra famiglia ancestrale, l’aplogruppo Eu8. Parti delle due famiglie genetiche si spostano verso il Mediterraneo occupando i ripari della Liguria (Balzi Rossi di Grimaldi) e della Toscana, seppellendo i propri cari in fosse terranee nelle quali viene fatto uso massiccio di ocra rossa. Doveroso sottolineare a questo punto che alcune di queste località, quali ad esempio il Riparo Mochi oppure l’isola d’Elba, furono più tardi interessate nel traffico di ossidiana proveniente dalla Sardegna (circa 12000 BP)[5], manifestando quindi la presenza di individui di cultura Epigravettiana. Ancora più doveroso segnalare che in alcuni di questi siti (Riparo Mochi – Grotta del Caviglione) l’uomo gravettiano ha lasciato, rispettando pienamente i contesti cronologici degli insediamenti francesi, delle manifestazioni artistiche parietali tra le quali si possono annoverare alcuni intagli fusiformi lineari. Come numerose sono infatti le segnalazioni che testimoniano incisioni fusiformi lineari, che a nostro parere devono essere inquadrate in un orizzonte culturale gravettiano, provenienti dall’Euskadi, dalla Galizia (Lugo)[6], dalla Castilla e Leon (Astorga). Leggermente più tarde, ma probabilmente legate agli stessi orizzonti culturali, si presentano le incisioni rinvenute dal Prof. Pablo Novoa Alvarez nella provincia di Malaga – Andalucia sempre su massi erratici e su conci ciclopici anziché nelle pareti di grotte – ripari[7]. Il paesaggio dominante dell’Europa Occidentale è la foresta - tundra di cui l’uomo gravettiano, nello spostarsi tra i campi di caccia stagionali, sfrutta le numerose zone di riparo dei fondovalle. Con un buon margine di precisione si può affermare che il 70% delle specie cacciate in questo periodo con armature gravettiane sono ungulati a cui fanno da contorno bovidi, cinghiali e cavalli. In questo momento, conseguentemente all’espandersi dell’inlandsis e la discesa di quota dei ghiacciai alpini, la regione dell’Europa centrale si spopola e le bande di cacciatori si spostano, date le condizioni climatiche più favorevoli, verso l’Europa meridionale e il complesso Sardo-Corso. Nella Sardegna del Paleolitico Superiore agiscono cacciatori dediti alla caccia del Megaceros - come ad esempio l’individuo il cui frammento di falange venne rinvenuto all’interno della Grotta Corbeddu nella Valle di Lanaitho[8] -, contemporanei dei cacciatori gravettiani del 20.000 BP circa che agivano nei contesti dell’arco franco-iberico e della Liguria. Da dove arrivavano tali cacciatori? Le indagini genetiche condotte ultimamente ci raccontano che tra i Sardi attuali ci sono forti incidenze genetiche degli uomini di cultura aurignaziana provenienti dal sud della Francia e dalla penisola Iberica e che i Sardi presentano affinità genetiche con le popolazioni basche in terra di Spagna e quelle in terra francese. Ma l’affinità genetica dei Sardi attuali è comprovata persino con alcune popolazioni dell’Europa centro-orientale, il che ci ricorda la penetrazione nel complesso sardo corso, durante il secondo pleniglaciale wurmiano, di popolazioni gravettiane che attraversarono un lungo ponte di terra tra la Toscana e le coste corse. La genetica ci racconta di un contemporaneo popolamento e di una omogeneità ereditaria di Corsica e Sardegna - unite almeno fino al 10.260 BP[9] -, dopo il quale, dato il lento innalzamento dei mari, è venuta meno la libera circolazione tra le attuali grandi isole, allora due regioni di un’unica piattaforma. La Sardegna del II Pleniglaciale wurmiano e del Tardiglaciale è popolata da gruppi di cacciatori[10] caratterizzati dall’appartenenza alle arcaiche famiglie preistoriche Eu18 e Eu8. L’uomo di Oliena[11] in particolare vive in un’area di relativa densità di gruppi umani[12] dove le risorse alimentari non mancano. Possiede degli strumenti che i ricercatori hanno inquadrato come caratterizzati da cultura epigravettiana[13], realizzati in selce, quarzo, calcare marnoso e ghoetite. A questo punto nascono spontanee alcune riflessioni: quali abitudini di vita rispettavano questi gruppi umani? Sicuramente, data la regione di ambientazione, l’uomo epigravettiano sardo conduceva contatti occasionali o spedizioni ripetute con gli epigravettiani liguri e delle Prealpi, al fine di scambiare ossidiana e sale di cui la Sardegna è ampiamente ricca. Ancora non è ben chiaro se le spedizioni siano avvenute via terra o via mare[14] ma sicuramente i gruppi epigravettiani devono aver senz’altro avuto i mezzi per attraversare tratti di mare come il Tirreno o lo stretto di Messina. I gruppi umani sardi manifestavano artisticamente il loro pensiero? Se si riflette sui gruppi d’origine delle popolazioni che affollarono il contesto sardo-corso, quali gli aurignaziani dell’arco franco-iberico e i gravettiani dell’Europa Centrale, sicuramente possiamo cogliere, nella Sardegna del Paleolitico Superiore, segni di arte parietale e una produzione mobiliare. L’arte parietale, in virtù di scoperte recenti, pare documentata all’interno della grotta Is Janas, nella foresta di Addolì al confine tra Seulo e Sadali, dove i rinvenimenti testimoniano pitture con ossidi di ferro oltreché incisioni e segni astratti di non facile interpretazione[15]. L’inquadramento delle pitture rupestri barbaricine in un contesto del Paleolitico Superiore è facilmente riconducibile, perché l’autore di tali rappresentazioni ha utilizzato la stessa tecnica sviluppata nelle grotte francesi, ovvero la raschiatura della pellicola argillosa superficiale delle pareti di calcare, l’uso di ossidi mediante spatole e il fissaggio con leganti[16]. La produzione mobiliare pare invece ampiamente attestata ormai da svariati anni[17], senza tuttavia che mai nessuno l’abbia accostata o inquadrata in una cultura specifica. Numerose sono infatti le segnalazioni che ci pervengono di continuo[18], relative a incisioni fusiformi lineari su pietra, a cui spesso i ricercatori risultano insensibili per il semplice fatto che i reperti non si presentano contestualizzati o, ancor peggio, la formazione scientifica misconosce quel tipo di manifestazione per gli ambiti preistorici sardi. Parecchie incisioni si possono individuare in contesti definibili nuragici (Tomba dei giganti Tentorzu di Abbasanta[19]) se non precedenti, quali il protonuraghe Sa Mandra Manna di Tula[20], per le quali viene proposta una comparazione con analoghe incisioni su ceramica di facies Monte Claro. Per molte altre invece, ad esempio sul Monte Acuto di Berchidda, sul Golgo di Baunei, nelle località Su Concai e su Fattori di Sant’Antioco oppure ancora all’imboccatura della grotta S’Acqua Gelada di Buggerru, il richiamo a origini paleolitiche relativamente ai graffiti, appare più convincente. Probabilmente queste incisioni si riportano ad un periodo primitivo pre-figurativo, in cui la produzione è limitata a bande di tratti incisi, come avveniva nella Grotta della Ferrovia ad Ancona, relativamente ad un ciottolo con decorazioni lineari[21] molto simili a quelle di Su Fattori di Sant’Antioco. Mentre le incisioni di De Chirigu - Sant’Antioco richiamano fortemente l’arte parietale del Riparo Mochi (Balzi Rossi – Imperia) e le incisioni “geometriche” della “Veneretta di Mezin” - una statuetta volumetrica rinvenuta nella Valle del Desna (Kiev). A questo punto verrebbe spontaneo supporre che diverse culture umane abbiano elaborato in modo indipendente le medesime manifestazioni artistiche senza alcun nesso temporale oppure legame di luogo, ma ciò che mi preme sottolineare è che i gruppi umani coinvolti in questo studio sono geneticamente legati[22], perciò, se le manifestazioni artistiche non sono contemporanee, perlomeno le ultime prendono origine da individui con esperienza pregressa. Un esempio di arte paleolitica e di comportamenti similari[23] ci viene da un confronto con dei recenti studi condotti sul sito paleolitico della Cina Nord-Occidentale di Shuidonggou, dove alcuni ciottoli silicei, rinvenuti da H. Breuil nel 1920, sono stati catalogati come produzione mobiliare riconducibile al 30.000 BP[24]. Questi ciottoli presentano delle facce incise con motivi lineari, verificati attraverso l’analisi condotta con un microscopio digitale. Nell’analisi delle incisioni lineari appare difficile non tener conto del fatto che numerosissime altre simili a queste compaiono in contesti nuragici, il che fa scaturire spontanee diverse considerazioni. Spesso e volentieri numerosi conci neolitici e eneolitici sono inseriti in murature nuragiche, il che ci mostra un riutilizzo frequente se non addirittura una sovrapposizione culturale. Dato lo stato attuale delle ricerche antropologiche, è difficile poter stabilire a priori se tale riutilizzo viene compiuto disinteressatamente o per una qualsiasi credenza popolare, oppure esso sia dovuto ad un’espressione cultuale ben precisa, fatto sta che alcuni conci vengono intenzionalmente murati nel corpo delle strutture. Le incisioni paleolitiche vengono inquadrate come apparentemente senza interesse figurativo ma, in quanto all’atto dell’incisione, questa doveva assumere un preciso significato rituale[25]. Purtroppo altrettanto ancora non si può elaborare per le incisioni presenti in Sardegna: è possibile solo riflettere sul fatto che, considerando gli arcaici rituali popolari, sia di antichissimo retaggio l’abitudine di inserire nelle murature recenti e del passato oggetti di varia natura con diverse finalità: protezione, maledizione, invocazione.
Fig. 2 – Incisioni lineari – Riparo Mochi IMPERIA
Fig. 3 – Masso inciso con motivi lineari – Shuidonggou Cina
Fig. 4 – Ciotolo inciso – Grotta della Ferrovia di ANCONA
Fig. 5 – Macigno con incisioni lineari – Su Concai SANT’ANTIOCO
Fig. 6 – Incisioni parietali - SEULO
[1] A. Broglio, Introduzione al Paleolitico, Editori Laterza, Bari 2006, pagg. 159-160
[2] A. Broglio, Introduzione al Paleolitico, Editori Laterza, Bari 2006, pag.210
[3] M. Tzoroddu, Kircandesossardos – Sardegna ricerca dell’origine, Zororddu editore, Fiumicino 2008, pag. 93 fig. 5 Di tutto riguardo il diagramma proposto il quale combina, relativamente alle coste della penisola le curve di risalita di più studiosi, proponendo il valore di circa – 150 mt per la massima regressione.
[4] E. Sanna, Nella Preistoria l’origine dei Sardi, CUEC, Cagliari 2009, pag 21
[5] M. Tzoroddu, Kircandesossardos – Sardegna ricerca dell’origine, Zororddu editore, Fiumicino 2008, pagg. 134-136
[6] Segnalazioni gentilmente inviatemi dall’archeologo e ricercatore stimato e universalmente conosciuto Pablo Novoa Alvarez e del quale vanto l’amicizia e la collaborazione.
[7] J. M. Muñoz Gambero – J.A. Perez Berrocal, Cueva de Pecho Redondo, Extracto de la Rivista Jabega, n°13 ano 1976, Centro de ediciones de la Diputacion de Malaga (www.cedma.com)
[8] P.Y.Sondaar, R.Elburg, G.K Hofmeijer, A. Spaan, H.DE Visser, M.Sanges, F. Martini, Il popolamento della Sardegna nel tardo Pleistocene: nuova acquisizione di un resto fossile umano dalla grotta Corbeddu, in Rivista di Scienze Preistoriche, n°XLV 1993 Firenze, pag. 247
[9] M. Tzoroddu, Kircandesossardos – Sardegna ricerca dell’origine, Zororddu editore, Fiumicino 2008, pag. 100
[10] Come testimonia il focolare databile all’incirca 25.700 BP rinvenuto nella Prima Sala della Grotta Corbeddu, fonte http://www.elioaste.it/corbeddu.htm
[11] P.Y.Sondaar, R.Elburg, G.K Hofmeijer, A. Spaan, H.DE Visser, M.Sanges, F. Martini, Il popolamento della Sardegna nel tardo Pleistocene: nuova acquisizione di un resto fossile umano dalla grotta Corbeddu, in Rivista di Scienze Preistoriche, n°XLV 1993 Firenze, pag. 247
[12] A. Broglio, Introduzione al Paleolitico, Editori Laterza, Bari 2006, pag.199
[13] http://www.elioaste.it/corbeddu.htm
[14] Data la posizione del complesso Sardo-corso si propende per via mare
[15]M.G. GRADOLI, G. DIMITRIADIS, G. DELOGU , in Il binomio uomo – territorio nella Barbagia di Seulo (Sardegna centrale): prime segnalazioni di pitture parietali in grotte carsiche , Antonio Guerci, Stefania Consigliere, Simone Castagno (a cura di) Il processo di umanizzazione Atti del XVI Congresso degli Antropologi Italiani (Genova, 29-31 ottobre 2005) Edicolors Publishing, Milano 2006, p. 521-530
[16] A. Broglio, Introduzione al Paleolitico, Editori Laterza, Bari 2006, pag.243
[17] http://almanaccogallureseblog.wordpress.com/2011/08/29/le-enigmatiche-incisioni-nuragiche/
[18] Desidero ringraziare calorosamente i Sigg.ri Anna e Fabrizio PIRODDI, Stefano PINTUS, Franco VACCA, Sebastiano SOLINAS, Roberto FADDA, Giovanni MURA, Angelo MOCCO, il Gruppo Ricerche Sardegna e in particolare Alessandro GARAU, Larry HANCOK, Lina MANNU, Bruno LADU, Salvatore RUGGIU e tutti coloro che con passione e attaccamento alla propria terra hanno collaborato a questa ricerca con l’importante apporto di foto e di rinvenimenti. Ma soprattutto un ringraziamento importante va ai Proff.ri. Pablo NOVOA ALVAREZ e Juan Manuel MUNOZ GAMBERO la quale competenza nel campo delle iscrizioni preistoriche ha sostenuto scientificamente questa indagine.
[19] Si ringrazia il Sig. Bruno LADU per la tempestiva segnalazione
[20] http://www.ccsp.it/Files/pdf%20atti%20x%20web/Basoli.pdf
[21] A. Broglio, Introduzione al Paleolitico, Editori Laterza, Bari 2006, pag.251 fig. 97/3
[22] E. Sanna, Nella Preistoria l’origine dei Sardi, CUEC, Cagliari 2009, pag 21
[23] Sarebbe interessante approfondire lo studio del Prof Pablo Novoa ALVAREZ che indaga numerosi macigni rinvenuti in Alaska e rileggere le indagini considerando l’ipotesi solutreana per la cultura Clovis del Nord America considerando che la genetica di alcuni gruppi nativi americani richiama fortemente all’industria solutreana della Francia del Sud Ovest
[24] http://ilpopoloshardana.blogspot.it/2012/12/pietre-incise-presso-un-sito-del.html
[25] A. Broglio, Introduzione al Paleolitico, Editori Laterza, Bari 2006, pag.245 scheda 29
Ho trovato molto interessante il suo articolo...a differenza di chi ha commentato prima di me...
RispondiEliminaLa libertà di espressione e di pensiero deve essere sempre tutelata. Ho eliminato il commento dell'anonimo perché non entrava nel merito dell'articolo di Marcello Cabriolu. Qualora quel commentatore volesse qualificare l'intervento presentandosi o spiegando in cosa l'autore non lo convince...sarà il benvenuto.
RispondiEliminaApprezzo il post di Marcello Cabriolu in linea generale. e Lui è a conoscenza del mio pensiero nonchè approccio differente dal suo.Sarò lieta di interfacciarni con lui quando scenderà in campo con i rilevamenti dei contenuti diretti Autori primari di cui si parla.,ma quello è ancora un campo ibrido pure se entusiasmante.nessuno a pare me ad altri (pochi) si addentrano.... a proposito del macigno con incisioni da Su Concai di Sant'Antioco, il rilevamento completo da me eseguito in lucido, della sezione a suo tempo condivisa da Marcello è una pagina di storia ,che ora dal rilevamento si connota come scritta e non solo con incisioni come dichiarato nel presente elaborato.. ciò a titolo informativo. Cordiali saluti da Carla Pinna
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