martedì 29 gennaio 2013

Archeologia subacquea. Relitto integro nel mare di Avola

Eccezionale rinvenimento di artiglierie risalenti alla Battaglia di Capo Passero nel mare di Avola

In seguito alla segnalazione del militare della Guardia di Finanza Bruno Magnano dell'ottobre scorso, si è avuto, su un fondale di circa 5 metri, nei pressi della spiaggia di Avola, il ritrovamento di cinque cannoni con i relativi affusti, stoviglie di bordo, armi e parte del relitto di una imbarcazione risalente al XVIII secolo. Il ritrovamento sicuramente più inedito, poiché estremamente raro, è rappresentato dall’affusto ligneo integro dei cannoni, rimasto da secoli in ottimo stato di integrità e conservazione e comprensivo di ruote. Il contesto di rinvenimento si configura come del tutto eccezionale sia per lo stato di conservazione che per la natura stessa degli oggetti e per le implicanze storiche che assume per la ricostruzione della storia siciliana e mediterranea. Gli eccellenti risultati raggiunti sono il risultato di una attività coordinata dal Reparto operativo aeronavale della Guardia di Finanza di Palermo ROAN, comandato dal Colonnello Costanzo Ciaprini e dalla Soprintendenza del Mare, diretta da Sebastiano Tusa. Le operazioni a mare sono state condotte dai subacquei della Soprintendenza del Mare con il supporto di Matteo Azzaro del Diving "El Cachalote" di Marzamemi, dal nucleo sommozzatori della Guardia di Finanza di Messina e dalla Sezione Operativa Navale della GdF di Siracusa comandata dal luogotenente Marco Re. Hanno partecipato alle operazioni di recupero il subacqueo Calogero Santangelo e l'archeologo Federico Fazio dei Gruppi Archeologici Italiani. Le riprese subacquee sono state effettuate da Marcello Mica e Antonella Fanelli. L'intera operazione è stata coordinata dall'archeologo Nicolò Bruno della Soprintendenza del Mare. La ditta Acquazzurra s.r.l. di Pachino ha garantito le operazioni di recupero e trasporto dei reperti. Dopo un primo intervento di ricognizione effettuato a novembre del 2012, si è effettuata una seconda ricognizione nel gennaio 2013 con lo scopo di recuperare alcuni cannoni al fine di intraprendere lo studio finalizzato all'identificazione del relitto. Sono stati recuperati due cannoni delle dimensioni di m 2,67, 0,45 diametro, calibro mm 100, di cui si è iniziato il lungo e complesso iter che prevede la loro pulitura, conservazione e consolidamento. Ciò è stato possibile grazie al concreto interessamento dell'amministrazione comunale di Avola che ha immediatamente messo a disposizione mezzi e locali per allestire un primo nucleo di laboratorio di restauro dove trattare i pezzi recuperati e quelli che si recupereranno nelle auspicate campagne successive di ricerca.



L'importanza della scoperta è data dalla possibilità di mettere in evidenza e dare concretezza ad un evento bellico avvenuto proprio in quelle acque alcuni secoli fa. Ovviamente siamo ancora sul piano di ipotesi che si possono avanzare dopo le prime immersioni, recuperi ed analisi del materiale recuperato. Come vedremo gli indizi finora raccolti ci portano alla famosa battaglia di Capo Passero che ebbe luogo nell'agosto del 1718. Dai documenti esistenti presso l’Archivio di Stato di Siracusa, l’Archivio Storico Comunale di Avola e l’Archivio di Stato di Napoli – Sezione Pignatelli Aragona Cortès, in parte pubblicati nel volume di Francesca Gringeri Pantano La città esagonale. Avola: l’antico sito, lo spazio urbano ricostruito, edito a Palermo, nel 1996, dalla casa editrice Sellerio, nonché nelle cronache e storie riguardanti la città di Avola tra il '600 ed il '700, si evince, infatti, che nelle acque antistanti ebbe luogo uno scontro navale di notevole rilevanza per la storia della Sicilia tra Spagnoli ed Inglesi. I motivi di questa battaglia si possono fare parzialmente risalire al trattato di Utrecht del 1713 mediante il quale la Sicilia venne assegnata a Vittorio Amedeo II di Savoia. Tuttavia la gestione politica ed amministrativa sabauda provocò i malumori del clero e dei baroni siciliani facendo rimpiangere il dominio spagnolo ed agevolandone addirittura il ritorno. Questi raggiungono e sbarcano a Palermo nel 1718 provocando l'accantonamento delle truppe piemontesi verso Est e a Siracusa. Ad Avola, allora marchesato dei Pignatelli Aragona Cortès, casato di origine aragonese, potenti partigiani del ritorno in Sicilia degli Spagnoli, si coagula la resistenza anti sabauda, coinvolgendo anche la Contea di Modica. Protagonista di tale resistenza fu l'avolese capitano d'armi Ascensio Battaglia. Avola fu, pertanto, un punto focale di tale conflitto tanto da rinforzare le sue difese costruite intorno alla città esagonale del 1693 del gesuita Angelo Italia.Si rinforzò il perimetro delle mura ed in particolare il baluardo del quartiere San Giovanni Battista con la Porta Siracusa ed i rivellini sulle strade che conducevano verso Siracusa.


Meccanismi di difesa furono approntati anche sulla Montagna di Avola e nel Passo di Cassibile. Si ebbero attacchi sabaudi da terra già l'11 luglio del 1718, ma senza esito. Fu un mese dopo, tra l'11 ed il 12 agosto che avvenne lo scontro decisivo sul mare antistante Avola. La flotta spagnola, al comando del vice ammiraglio Don Antonio de Castaneta e del controammiraglio Don Fernando Chacon, si stava preparando all'assedio di Siracusa, ma venne intercettata l’11 agosto da una flotta di 25 navi inglesi, al comando dell'ammiraglio George Byng, 1° visconte di Torrington, intervenute per supportare la ripresa sabauda. La flotta spagnola era costituita da 26 navi (due, brulotti, quattro cannoniere, sette galere ed altre navi da carico). Le scaramucce tra le due flotte si prolungarono e dilatarono sul vasto tratto di mare tra Augusta e Capo Passero (da qui il motivo per cui passò alla storia come "battaglia di Capo Passero"); uno degli scontri più decisivi ed intensi avvenne proprio di fronte la città di Avola. L'attrito tra Inglesi e Spagnoli si inquadrava in un contesto più ampio al livello europeo di guerra non dichiarata ma latente. E' bene ricordare, infatti, che pochi giorni prima - il 2 agosto 1718 - era stata siglata la quadruplice alleanza tra Francia, Inghilterra, Sacro Romano Impero e Paesi Bassi Uniti. che, immediatamente impose alla Spagna il ritiro dalla Sicilia e Sardegna piazzando l'assedio alla città di Messina con l'ausilio di un limitato contingente austriaco. Al di la delle cronache si ricorda la testimonianza diretta dell'evento tramandataci dal cappuccino Francesco Di Maria, riportata nel suo scritto Ibla rediviva pubblicato molti anni dopo (1745). Testualmente riporta: «In questo litorale, e nel Mare della nostra Avola, vi fu a nostri tempi quel memorabile combattimento navale degli Inglesi e Spagnoli, sotto il 12 Agosto 1718 con uccisione di molta gente e incendio di alcuni vascelli e grosse navi. Fu di un grave incommodo alla nostra Avola un tale occorso; non però provò quei inconvenienti si sogliono sperimentare in siffatte emergenze, mercé alla difesa, ed assistenza del terzo delle Milizie del Regno e di 400 cavalli spagnuoli, tutti comandati dal Signor D. Giuseppe La Rosa Tenente Colonnello di quella Cavalleria Spagnola e Cittadino benemerito della nostra Avola...». Gli Inglesi ebbero il sopravvento mentre la flotta spagnola ebbe gravi perdite perdendo molti vascelli ed anche il suo comandante Castagnedo. Sappiamo dai documenti della Tesoreria dell’Università di Avola che dai vascelli bruciati vennero recuperati cannoni ed altro che il Comune conservò presso due magazzini non lontano dalla Tonnara. Otto di quei cannoni furono posti a difesa della città. Ma tornando alle informazioni raccolte durante le ricognizioni siamo in grado di avanzare un'ipotesi circa la pertinenza dei reperti identificati e la loro identificazione con un preciso evento storico. Dei cannoni recuperati uno reca alcune cifre e lettere incise che ci offrono l'opportunità di avanzare ipotesi più concrete circa l'identificazione del relitto della nave che li aveva a bordo. Una serie di cifre indica il peso di kg 1142. Ma ciò che riveste un carattere di particolare rilevanza è la presenza di due lettere: la T e la W che si riferiscono alle iniziali di colui che realizzo il pezzo di artiglieria: Thomas Western. Si tratta di un artigiano fonditore inglese vissuto tra il 1624 ed il 1707, produttore di buon livello che armò anche la Repubblica Veneziana. Abbiamo chiesto aiuto per l'identificazione effettiva dell'oggetto a Renato Ridella che ne ha chiarito la genesi e le caratteristiche anche con l'aiuto della studiosa inglese Ruth Brown. Il cannone in questione non presenta alcuno stemma araldico. Pertanto è un pezzo di artiglieria non pertinente una nave da guerra militare. Poteva, comunque, costituire l'armamento di una nave da carico armata ed inserita organicamente in una flotta regolare. Tuttavia questo cannone da solo non presuppone che la nave che armava era inglese poiché, spesso, anche navi militari regolari potevano utilizzare cannoni di altre nazionalità provenienti da acquisti o da bottini di guerra. Questa tipologia di cannone, definito sagro, aveva le iniziali del fonditore ripetute due volte. Tale caratteristica è molto diffusa e la troviamo in analoghi pezzi sparsi nel Mediterraneo. Il cannone passò di mano in mano e lo si nota dall'esistenza di almeno tre diverse sigle ponderali pertinenti rispettivamente il sistema inglese, olandese e forse francese. Questa tipologia di cannone fu introdotto nel 1677 e divenne molto comune dopo il 1689. Rimase in produzione fino al 1715 per la marina da guerra e fino al 1727 per quella mercantile. Il nostro dovette essere stato realizzato tra il 1675 ed il 1695.
Ma a circoscrivere il cerchio delle possibili identificazioni della nave cui i cannoni erano pertinenti concorre un piccolo reperto raccolto durante le operazioni di recupero. Si tratta di parte di un frammento di una posata d'argento pertinente il manico. Su di esso vi è un bollo punzonato che, sebbene parziale, non dovrebbe lasciare dubbi sulla sua identificazione come posata di fattura britannica londinese a giudicare dalla lettura di una parola, parzialmente conservata che inscrive con un cerchio il simbolo centrale. La parola è "LONDO...". Pertanto, sulla base della datazione di uno dei cannoni recuperati possiamo affermare che i reperti finora identificati, ed in parte raccolti, sono con molta probabilità pertinenti una delle navi perdute in quel fatidico giorno del 12 agosto 1718. Tale nave dovrebbe essere inglese ma non inquadrabile nella flotta militare regolare. Dai resoconti si evince che la flottiglia inglese si avvaleva anche di quattro navi non militari: un'oneraria, una nave ospedale, una tartana ed una nave appoggio porta munizioni. E' probabile che il relitto individuato si identifichi con una di queste quattro navi summenzionate. Concorrono a tale conclusione sia il resoconto di Francesco Di Maria, sia le caratteristiche dei reperti finora recuperati. L'eccezionalità del ritrovamento ci impone di continuare nella ricerca sia per approfondire tematiche di carattere storico importanti, sia per tutelare un bene di grande interesse culturale, che per contribuire, con la futura valorizzazione di quanto si recupererà, allo sviluppo civile ed economico del territorio circostante. Ciò sarà possibile se ci verranno fornite le risorse necessarie per impiantare un organico programma di scavi, ricerche, recuperi e conseguenti conservazione e restauro.

Fonte: Corriere del Mezzogiorno

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