Il tesoro di El Carambolo, Museo Arqueológico di Siviglia
Il Museo Arqueológico è uno dei gioielli di Siviglia, con la Giralda, la Cattedrale, l'Alcázar e la plaza de España. Conserva i mosaici più preziosi e le statue più colossali di Italica, la cittadina alle porte di Siviglia che diede i natali a Traiano e ad Adriano e che fu il più importante centro della penetrazione romana in quest'area del Guadalquivir. Come mi è già capitato di dire altre volte su Rotta a Sud Ovest, è difficile capire la lucidità e le capacità propagandistiche di Roma in Hispania senza aver visitato questo Museo, le sue statue grandiose e idealizzate di dei e imperatori.
Da qualche settimana c'è una ragione in più per visitare il Museo Arqueológico. Al secondo piano è stata aperta una sala dedicata al tesoro del Carambolo; non si può dire che valga da solo la visita al Museo, perché i mosaici e le statue romane mantengono sempre il loro valore, ma è una delle più belle testimonianze dell'oreficeria che arrivano dall'antichità. Il tesoro del Carambolo sta, inoltre, dividendo gli studiosi: è di origine tartessa, come si interpretò nel 1958, quando fu scoperto, o è di origine fenicia, come sostengono gli studi recenti? O è uno splendido esempio della penetrazione e dell'influenza fenicie nell'artigianato e nella fine oreficerita di Tartessos?
La civiltà tartessa, citata da storici greci e latini, non ha mai dato prove della sua esistenza all'altezza dei racconti favolosi delle fonti classiche. I tartessi vissero nell'area del Guadalquivir che va dall'odierna Siviglia al mare, considerando che all'epoca, siamo alla fine dell'Età del Bronzo, la foce del Guadalquivir formava un ampio golfo su cui si affacciava la stessa Siviglia. Il primo storico a citarli è Erodoto, che parla di questo regno lontano e fantastico, di commercianti e contadini, che aveva come sovrano il ricco e saggio Argantonio. Storici greci e romani tornarono, nei secoli successivi, a citare i Tartessi e il loro mitico regno di ricchezza e saggezza, quasi un'Atlantide poco oltre le Porte di Ercole, facendo riferimento a fonti più antiche, andate perdute; ma sul terreno sono sempre mancate le prove archeologiche. E non si può dire che il basso Guadalquivir, da Siviglia fino alle province di Cadice e Huelva, non sia mai stato studiato. A cercare Tartessos, la favolosa capitale del leggendario regno di Argantonio hanno provato in tanti, tra cui l'archeologo tedesco Adolf Schulten. Ma i ritrovamenti di piccole architetture non erano all'altezza delle aspettative che le fonti storiche avevano creato. Poi.
Il 30 settembre 1958 l'operaio Alonso Hinojos del Pino stava lavorando sul terreno di un'associazione sportiva, Tiro de Pichón, sulla collina di El Carambolo, a 4 km in linea d'aria da Siviglia, nel Comune di Camas, e trovò, casualmente, un braccialetto dorato; al notare che gli mancava una decorazione, aiutato da alcuni colleghi, iniziò a cercarla smuovendo il terreno intorno. Quale sorpresa quando, invece di trovare la decorazione mancante, trovarono un vaso di argilla, contenente molti altri pezzi dorati. Fortunatamente i dirigenti di Tiro de Pichón si rivolsero all'archeologo Juan de Mata Carriazo y Arroquia, uno dei massimi esperti di cultura tartessica. Fu Carriazo a stabilire che il tesoro era formato da 21 oggetti in oro a 24 carati, per un peso totale di 2,950 kg; i gioielli, scrisse, erano "profusamente decorati, con un'arte fastosa e insieme delicata, con una notevole unità di stile e uno stato di conservazione soddisfacente". Fu ancora lui a dare un'origine tartessica al ritrovamento, stabilendo che doveva risalire a un periodo compreso tra l'VIII e il III secolo avanti Cristo.
"A cosa serviva questo tesoro? Chi lo ha utilizzato? Chi poteva permettersi oggetti così costosi? Per molti anni l'idea formulata da Carriazo è stata generalmente accettata: il tesoro sarebbe stato parte dell'abbigliamento di un personaggio di grande importanza, un re, come il mitico Argantonio delle fonti classiche. Questa interpretazione rientrava perfettamente nell'interpretazione di allora del sito in cui fu trovato, come la residenza di un alto dignitario" spiega uno dei cartelloni informativi della sala del Museo Arqueológico in cui si trova il tesoro. Ma gli scavi più recenti hanno permesso di cambiare l'interpretazione della destinazione d'uso dell'edificio. Sin dagli anni 90 si è imposta "una nuova proposta interpretativa, che associa il tesoro con un uso religioso. I recenti scavi nel Carambolo indicano che questo complesso architettonico non era un palazzo, ma un grande santuario dedicato a divinità fenicie. Così, in questa nuova interpretazione, il tesoro viene interpretato come decorazione degli animali destinati al sacrificio e delle vestimenta liturgiche del sacerdote che officiava la cerimonia".
Il santuario era dedicato alla dea Astartè, la dea orientale della fecondità, e ospitava, probabilmente, il culto associato del dio Baal, uno dei principali dell'Olimpo mediorientale. Cambiando la destinazione d'uso, è cambiata anche l'interpretazione del tesoro, non più destinato a un alto dignitario, ma utilizzato come decorazione dei sacerdoti dei culti orientali.
Se fosse vera questa interpretazione, ormai accettata da ricercatori e accademici, la civiltà tartessica tornerebbe a essere una delle leggende lasciateci dall'antichità, enigmatica e favolosa come Atlantide (e non manca chi ha associato Tartessos ad Atlantide).
Il tesoro del Carambolo è da qualche settimane un vero e proprio cult del Museo Arqueológico di Siviglia. Quando si arriva i gentili impiegati della biglietteria non solo si informano sulla nazionalità dei visitatori (per i cittadini della UE il Museo è gratuito), ma informano immediatamente dell'esistenza del Carambolo, e invitano a visitarlo, "al secondo piano, prendendo l'ascensore che c'è all'uscita" e forniscono un depliant informativo.
Si arriva, dunque a questa sala di 230 metri quadrati, dopo essere passati attraverso la preistoria, la colonizzazione romana, l'irrequieta epoca visigota, lo splendore di Al Andalus, e ci si trova immersi nella prima penetrazione orientale in Occidente. Cartelloni e piccole sculture informano sul culto di Astartè in queste terre occidentali, c'è anche un'immagine della dea di ispirazione egizia, che è la più antica trovata in Spagna. Quindi, in una vetrina, i pezzi più preziosi del tesoro di El Carambolo, abilmente illuminati per esaltare al potenza dell'oro puro e del finissimo lavoro degli sconosciuti orefici. A inserire il tesoro nel contesto storico e geografico, anche i reperti trovati a Evora, che ci parlano di questa Hispania leggendaria e ancora tutta da scoprire.
Fonte: www.rottasudovest.typepad.com
Tartesso in Spagna? basta, non se ne può più!
RispondiEliminaahahah...così sentenziò il solitario Avieno. Le notizie storiche più antiche che ci sono arrivate sui colonizzatori della penisola iberica e delle sue coste sono quelle citate da Rufo Festo Avieno, IV d.C, nel suo poema intitolato "Ora Marittima." Il concetto importante dell'opera è che Avieno utilizzò fonti antichissime di autori sconosciuti. La parte che ci concerne proviene da un marinaio marsigliese al quale proprio Avieno confessa di essersi ispirato. Questa fonte è il "periplo" di un marinaio di Marsiglia (Massalia) del V a.C. cioè, quasi mille anni prima dell'epoca in cui visse e scrisse Avieno.
RispondiEliminaTutto ruota intorno alla posizione delle originarie colonne d'Eracle. Ubicate quelle si può ragionare sul resto.
RispondiEliminaPer quanto concerne Avieno é probabile che abbia fatto un "melange" tra vecchie fonti con altre più recenti.
In ogni caso la lettura di "Ora Maritima", con le colonne a Gibilterra, non porta assolutamente a nulla. Si veda a tal fine il saggio di Luca Antonelli "Il periplo Nascosto", nascosto appunto.
Con buona pace di chi cerca Tartesso in quel di Siviglia.
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