La Toponomastica in Sardegna
un libro di Salvatore Dedola
Ogni luogo, ogni monte, ogni segno antropico ha un nome, rispetto al quale l’utilizzatore di una carta geografica rimane indifferente. Al momento dell’uso, ogni toponimo viene naturalizzato e ciò che i nostri padri avevano trasferito sui 200.000 toponimi dell’isola si oscura. I toponimi diventano meri indicatori di una porzione di paesaggio che i locali hanno forgiato per il bisogno di muoversi in sicurezza entro i confini della propria terra. Ciò che importa è che, citando un toponimo, il residente sa dove recarsi, poiché quel nome gli fornisce le coordinate territoriali. Ma l’etimologo ha il compito di sapere perché i locali chiamano un sito con quel nome e occorre apprenderlo sul campo, durante le escursioni conoscitive dei siti. Oggi gran parte dei toponimi dell’intera Sardegna è corrotto e gli errori di traduzione sono pari almeno al 76%, mentre il restante 24% è costituito da traduzioni dal sardo all’italiano. I toponimi dubbi vanno trattati con pazienza, metodo, talento, cultura. Occorre partire daccapo per rendere conto di quel 76% corrotto, prendendo atto che per uscire da questo scandaloso stallo occorre gettarsi definitivamente alle spalle una forma mentis obsoleta, che è quella di credere che le origini della lingua sarda stiano nel gran calderone della lingua latina. Nelle Università ci vuole coraggio per insegnare che la Lingua Sarda cominciò con Roma. Il Dizionario etimologico sardo scritto da Wagner contiene, per ammissione dello stesso autore, il 25% di termini non etimologizzati (ossia con base ignota); un 15% inventariato tra le onomatopee, un 15% di termini sui quali Wagner opera eleganti by-pass lasciandoli senza etimologia; un 20% classificato d’origine catalana, senza accorgersi che buona parte dei termini era già sarda prima di misurarsi col catalano, e fruiva delle stesse etimologie che segnarono, prima di Roma e dei Fenici, le coste d’Occidente. La credibilità di Wagner, pertanto, resta appesa ad un residuo 25% di lemmi, tra i quali si evidenziano basi catalane, aragonesi, antico-italiane e, finalmente, latine. Di basi latine nella lingua sarda ne abbiamo, sì e no, un 10%. I popoli presenti in Sardegna prima dei romani avevano anch’essi una lingua, che ci è nota attraverso tanti dizionari e tante grammatiche, ma i nostri studiosi si nutrono soltanto dei dizionari greco e latino. E così, stando ai nostri emeriti studiosi, la lingua sarda avrebbe uno “zoccolo duro” fondato dia cronicamente dagli apporti: basco-iberico, latino, catalano, antico italiano, spagnolo e italiano moderno. Manco a dirlo…il primo strato fu spalmato dai Baschi mescolati agli Iberi, così almeno racconta Blasco Ferrer. Questi studiosi non tengono conto del fatto che il Mediterraneo, nell’epoca pre-romana, era diviso in due sfere d’influenza: quella orientale egemonizzata dai greci e quella occidentale egemonizzata dai fenici. La Sardegna si trova nella seconda. Ciò non precludeva, comunque, all’uno e all’altro dominio di scambiare merci e idee, in maniera persino abbondante. Per ragioni di metodo scientifico, dobbiamo supporre che le suddivisioni storiche non si prestavano ad alcuna cancellazione ad opera dei popoli che prevalsero con i loro imperi (greco-macedone e romano). Abbiamo tante prove al riguardo. Paolo di Tarso, naufragando su Malta 300 anni dopo la romanizzazione, fu salvato dai residenti che parlavano una lingua barbara, ossia né greca né latina (era semitica). Apuleio (De Magia 98) difendendosi dall’accusa di aver indotto con arti magiche la vedova Pudentilla a sposarlo, mostra uno squarcio della società africana del 159 d.C., 360 anni dopo la romanizzazione la popolazione parla il punico! Ancora Cicerone (Pro Scauro) denuncia che la Sardegna, 200 anni dopo l’invasione, non ha nemmeno una città amica del popolo romano. Se le città erano ostili…cosa dovremmo pensare delle campagne e delle montagne? E perché mai un popolo ostile avrebbe dovuto cancellare la propria lingua a vantaggio di quella dell’invasore? Una quarta testimonianza è la base di colonna bronzea di San Nicolò Gerrei , scritta in greco, latino e punico: lo scrivente (un sardo) ebbe bisogno di farsi capire dai locali, parlanti fenicio-punico, ma pure dagli occupanti. Nel Mediterraneo centro-occidentale si parlava semitico, non indoeuropeo. Questa lingua dominava nell’intero Mediterraneo, nella penisola italica ed ebbe una forza tale da sopravvivere ancora oggi nella lingua araba, in quella ebraica e nel 60% di quella sarda!, mentre per il resto è stata dissepolta 200 anni fa tra le macerie di Ugarit, tra quelle dell’impero assiro, dell’impero babilonese, dell’impero accadico e di quello sumerico. Mentre sappiamo che il latino, quello libresco, sopravvive oggi soltanto in Vaticano, non in Sardegna. Nella storia della lingua sarda dobbiamo insertire dei parametri senza i quali non riusciremo mai a capire tanti problemi dell’isola. Il primo parametro è che i romani, sbarcando, s’impossessarono delle città insediandovi l’armata, l’amministrazione, le strutture commerciali, i mediatori del commercio. Altrove, nell’isola, crearono dei punti fermi in funzione anti-barbaricina, quali gli avamposti latini di Forum Traiani e Sorabile, e 150 anni dopo nel Capo di Sopra, avendo bisogno di un saldo presidio, fondarono Turris Lybisonis, che per secoli rimase puramente latina. Nessun linguista ha mai prestato attenzione al fatto che in Sardegna il latino si parlò soltanto nelle città, tenute saldamente in mano dai conquistatori. In Sardegna, l’incommensurabile frattura fra città e campagna dura ancora oggi. Sono le campagne, ossia i paesi, ad aver conservato lo zoccolo duro della parlata semitica, che Wagner non riconobbe, credendola una neo-formazione latineggiante. Convinto della propria teoria Wagner espose le sue note leggi fonetiche che dimostrerebbero che la lingua sarda deriverebbe da quella latina, e che, addirittura, proprio in Sardegna (a Bitti e dintorni) si continuerebbe a parlare il latino di Cicerone. E così si giura che la –u dei sardi non sia altro che la –us dei romani, anziché l’antica –u sumerica, accadica, babilonese e assira! Allo stesso modo le velari /k/ e /g/ presenti nel centro-nord della Sardegna siano di origine latina anziché sumerica, assira, babilonese e accadica. E per studiare queste velari mai documentate nel Lazio, ne nelle lingue romanze, sciami di linguisti hanno visitato la Sardegna prima e dopo Wagner riuscendo a trovare ed evidenziare nella parlata bittichese la “base originaria della fonetica latina classica”, altrove volatilizzata. Un riconoscimento che non fa onore alla Sardegna perché basato su presupposti errati. Non si sono accorti, ahimè, che l’isolamento della Sardegna ha prodotto certamente degli endemismi conservativi, ma solo nel campo faunistico (lepri, conigli, cinghiali, piccoli cervi), per l’avvento dei quali bisogna contare non i secoli, come per il latino, ma le decine di migliaia di anni.
In conclusione, la lingua sarda attuale è la lingua parlata più antica del mondo mediterraneo, e si affianca a quella araba e all’ebraico.
Fonte: La Toponomastica in Sardegna – Origini, etimologia- Grafiche del Parteolla – Gennaio 2012
Auguri all'autore, che riesce a dire anche cose interessanti, benché il suo punto di vista sia del tutto erroneo e destinato, se mai gliene importasse, a non esser preso minimamente in considerazione negli ambiti universitari
RispondiEliminaAd esempio...in cosa non ti convince? Giusto per aprire un piccolo dibattito. Gli ambiti universitari sono importanti, ma non sempre sono la verità provata. Dedola in questo suo lavoro ha dedicato 200 pagine alla spiegazione del metodo seguito per individuare i toponimi, e le restanti 500 costituiscono il dizionario. Ritiene in questa premessa di aver trovato circa 10.000 derivati dal semitico, ed è convinto che il sardo non discenda ne dal basco ne dal latino. In tutto ciò mi vede d'accordo. Se l'accademia segue altre idee solo il tempo darà ragione a uno dei due.
RispondiEliminaAllora Montalbano: qui non si tratta solo di Accademia, si tratta di basi scientifiche (che Dedola originariamente aveva, ma ha tralasciate per dare spazio a questo "delirio" semitistico). Max Leopold Wagner (e prima di lui Meyer-Lubke) han fornito delle sostanziose basi logico-interpretative al patrimonio linguistico sardo, e questo altro non è che una comune normale evoluzione di una forma di latino regionale. Dire: "Di basi latine nella lingua sarda ne abbiamo, sì e no, un 10%" è ignorare il III volume del DES (che fornisce gli schemi di derivazione), ed ignorare il REW, che inquadra tutto questo materiale: perché non tutto ci è attestato dal latino, ma grazie alla latinità (= lingue e dialetti neolatini),il mancante è ricostruibile dalle forme attestate qua e là del dominio romanzo. Riguardo i semitismi, ce ne sono veramente pochi, non arriviamo alla decina, io ho tolto tzingorra dal novero, ma vi ho aggiunto ad esempio sisìa, quindi il conteggio si pareggia; quando Dedola opera, sai che fa? prende una parola sarda e vi applica a sua convenienza (con diletto verbale e una certa verve) tutto ciò che attraverso qualche parola accadica, o semitica in genere, talora persino sumerica, potrebbe a suo giudizio spiegarla. Ma sono spiegazioni che
RispondiEliminaa) sono decisamente peggiori di quelle fornite dal Wagner
b) sono fantasiose, e niente affatto convenienti in sede di grammatica storica
c) non apportano nemmeno lumi a quelle parole (poche) veramente oscure
Ecco, Montalbano, il sardo discende VERAMENTE dal latino, ma un latino meno "romano" di quel che Wagner e suoi successori han voluto sbandierare, bensì più legato a certi inputs provinciali, che nel mio piccolo ho cercato nei miei primi due libri di scovare. Nel terzo come noto ho spiegato il Paleosardo (quelle venti trenta parole inspiegate di area centrale)con il riferimento alle lingue paleobalcaniche. E non ho ancora finito...
Grazie Areddu, ma prima di continuare questo interessante scambio di ipotesi fra le sopra descritte da Dedola e quelle della risposta, vorrei avere lumi in merito ad un paio di questioni che mi stanno a cuore: intorno a quali secoli inizia il sardo? Che lingua si suppone ci sia precedentemente? Dove è finita quella lingua? Ritengo che queste 3 domande siano alla base di ogni intellettualmente onesta ricerca che voglia affrontare il problema con un metodo scientifico.
RispondiEliminaSpero che anche Dedola (e qualche lettore) vogliano esprimere idee in merito.
Al momento leggo di Ferrer che ci fa colonizzare linguisticamente dal basco, ci fa dimenticare quel sostrato, e attribuisce ai romani la nostra lingua.
Wagner e tanti altri mettono il punto di partenza nei primi anni dopo Cristo con la romanizzazione.
Areddu cita le lingue paleobalcaniche.
Gli altri linguisti cosa propongono?
Il sardo come lingua a sé inizia, come tutte le lingue romanze poco prima che s'inauguri il Basso Medioevo (per convenienza l'anno 1000), il Giuramento di Strasburgo e altri effimeri, ma importanti rilevatori precedenti, ci dicono che già dopo il 600 d.C. forme di latino regionale, stavano cambiando pelle, e differenziandosi però presentavano elementi comuni come la predeterminazione tramite preposizioni: (eo ad Roma-m) a petto della sostanziale prevalenza della flessione casuale (postdeterminazione) latina (eo Romam), o creavano comunemente l'articolo (nel sardo medievale ancora vi è traccia della sua origine aggettivale). Ma il processo di formazione di nonpiùlatino, se germina tra 600 e 1000, era iniziato ben più lontanamente.
RispondiEliminaRiguardo alle ipotesi su cosa c'era prima, nulla sappiamo, perché nè Greci né latini nè Fenici ci informano su cosa parlassero i Sardi. Sappiamo che i Latini li vedevano simili agli Africani, e che costumanze libiche apparivano alle fonti greche essersi sovrapposte su greche arcaiche.
Dov'è finita quella lingua? Beh anzitutto nella toponomastica. Orgosolo, Orune, Baunei, Caralis/Calaris, Thathari non han nulla di confrontabile col latino. Oltre a ciò qualche limitata parola, come eni 'tasso' che va con albanese enje 'tasso' (albero)
Il basco? Ci sono solo alcuni elementi lessicali, es. golosti che va certo con basco gorosti, solo che io ho spiegato il termine come indoeuropeo, quindi accetto che siano imparentati, però lo sono perché frutto di una stessa colonizzazione che non è certo euskera, ma indoeuropea arcaica, cioè come si diceva una volta (Krahe, Bonfante, Pokorny) "illirica".
Gli altri specialisti dicono poco o nulla: Wolf dice che il sostrato paleosardo NON è indoeuropeo; Maxia non si è mai pronunciato; Paulis dice che ci sono addirittura 6 sostrati (così pensava anche J. Hubschmid); del Pittau sappiamo: Lidi, venuti da Sardis, sovrapposti a mediterranei iberizzanti.
Bene, almeno ho le idee più chiare, e spero così degli altri lettori. Un'ultima domanda...come si può capire se una lingua deriva o meno dall'indoeuropeo? Ci sono degli indicatori rilevanti e/o inoppugnabili?
RispondiEliminaVa rovesciato il concetto: il fatto che si siano presentate delle coincidenze formali e di significato tra lingue europee ed asiatiche, agli inizi dell'Ottocento ha spinto gli studiosi ad elaborare una protolingua, che è stata chiamata ora indoeuropeo ora indogermanico. Che sia mai esistita fisicamente e dove, sono problemi tuttora inesauditi, tuttavia quelle coincidenze si sono approfondite e si è riusciti ad elaborare una grammatica storica,dalla quale si deduce che il PIE era una lingua flessiva, con una radice ben fissa, con apofonia di gradi e ampliamenti. Queste correlazioni non esistono con altri gruppi di lingue (che so: semitico, uralo-altaico), che però hanno lontani connotati che ce le possono riavvicinare, ma sempre staccate restano.Il punto di riferimento di ogni indoeuropeista è (ancora) la grammatica del Brugmann: Grundriss der vergleichenden Grammatik der indogermanischen Sprachen, in più volumi, che puoi trovare su Archive.org
RispondiEliminaA me mi non si dice... ma a me mi convincono di più,in genere, le tesi di Tore Dedola che certe tesi "scientifiche ufficali" un pochino vecchiotte. Primo perchè le scienze ufficiali (tutte!) si portano dietro interessi e rendite di posizione sempre restie ai cambiamenti e poi perchè oltre alla lingua ci sarebbe da tenere conto di altri temi, in particolari dei moltissimi segni archeologici comuni fra la Sardegna e le sponde orientali del meditarraneo. Io, per esempio, per quel poco che vale la mia ricerca, non da studioso ma da semplice appassionato, ho trovato che alcuni toponimi sardi, di cui nessuno ha mai dato una spiegazione soddisfacente, appaiono quasi perfettamente sovvrapponibili ad altri toponimi della stessa zona cui fa riferimento Dedola e per niente vicini alla lingua latina... Se poi si tratta di "deliri" come elegantemente affermato da Aredu, beh pazienza!
RispondiEliminaMi meraviglia che ci siano persone che mettano ancora in dubbio le grandi similitudini esistenti tra le lingue che attualmente vengano classificate come indoeuropee (per i linguisti tedeschi dell'ottocento-neogrammatici- : indogermaniche). Mi meraviglia inoltre che si metta in dubbio che le lingue romanze hanno la loro matrice comune nel latino popolare. Altra cosa è la percentuale del lessico di ciascuna di queste lingue che deriva dal latino. Il rumeno tra le lingue romanze è , molto verosimilmente, quella più povera di lessico di derivazione latina in quanto questo rappresenta circa il 40% del totale. Il restante 60% del lessico rumeno deriva dallo slavo ed, min minor misura dal turco e da altre lingue. E allora per quale ragione il rumeno viene considerata una lingua romanza? Evidentemente per la classificazione di una lingua non si tiene conto solo del lessico ma anche di altri parametri grammaticali. Dal punto di vista lessicale ciascuna lingua è un unicum in quando possiede percentuali di lessico, di diversa derivazione per ciascuna di esse, proveniente da lingue parlate in precedenza, morte o ancora in uso,parlate in loco o in luoghi molto distanti. Bisogna anche tener conto che l'etimologia di alcune parole non la conosceremo mai in quanto derivata da lingue morte che non hanno lasciato tracce tali da poter risalire ad una etimologia. La lingua sarda non è affatto un'eccezione a queste poche e sintetiche considerazioni. Il Sardo è indubbiamente una lingua indoeuropea in quanto derivata dal latino come le altre lingue romanze. Come tale è una lingua flessiva e non ergativa. Indubbiamente nel lessico sardo esistono tracce di altre lingue tuttora in uso ma esistono anche tracce di lingue attualmente estinte. Qualcuno cade nell'errore di parlare di "lingua nuragica" pur non sapendo neppure se in epoca prelatina i sardi parlassere un'unica lingua o parlassero, invece più lingue. Trovo verosile quella parte della teoria di Mario Alinei che sostiene che una delle lingua, forse quella più diffusa, parlate in Sardegna prima della romanizzazione fosse una lingua di tipo italide simile al latino perchè questo spiegherebbe la rapida e diffusa latinizzazione della Sardegna. L'attuale lessico sardo, in particolare quello relativo ai toponimi, ai fitonomi, agli zoonimi, contiene una notevole quantità di lessico di derivazione diversa dal latino e questo indica che prima della dominazione romana in Sardegna, in tempi più o meno lontani dall'evento, si parlava un'altra o altre lingua, in contemporanea in un passato più o meno lontano. A questo punto chi più ne ha più ne metta: nuragico, etrusco, lidio, sumerico, accadico, illirio, protobasco,protoiberico . Il problema è che se analizziamo un repertorio, ad esempio, di 2.000 termini prelatini e atribuiamo questi termi ad una protolingua questa deve essere in grado di spiegare la magior parte di questo lessico. Nè si può dare una spiegazione ricorrendo all'omofonia senza tener conte delle regole fisse rigardanti le mutazioni vocaliche e soprattutto consonantiche che si verificato in una determinata lingua. Questo è il problema di tutti coloro che finora hanno cercato di spiegare il lessico del substrato sardo: ricorso all'omofonia senza seguire le regole che tutte le lingue seguono nella loro mutazione nel tempo.
RispondiEliminaChe pena! Areddu dice contro di me tante cose... Pare riesca a dare senso alle etimologie della lingua sarda con soli due dizionari! Io ci ho tentato invano per 32 anni, da glottologo. Ho deciso di cambiare 8 anni fa, prendendo in mano anche 7 + 2 dizionari (e le grammatiche) del Vicino Oriente. Se ora riesco a tradurre TUTTA la lingua sarda (non solo i toponimi!), vuol dire che per 32 anni col greco-latino non ci sono riuscito! Io sono innamorato del latino-greco. Con la mia tesi misi a confronto lingua-e-grammatica greca con lingua-grammatica gotica. Metodo storicistico. Perchè Areddu e Unknown mi danno l'ostracismo? Con quale autorità, con che senso di responsabilità? Cianciano circa "inconfrontabili" differenze di sistemi grammaticali, di sistemi lessicali, e altre buffonate. Ma hanno mai tentato il confronto tra indoeuropeo, romanzo, semitico?
RispondiEliminaIo amo e consulto quei 2 dizionari, da loro ritenuti esclusivi. Ma è la lingua sarda a rifiutarmeli! Io ne prendo atto, scientificamente! Se hanno indagato il DES, perchè non danno la stessa risposta scientifica che io ho dato: che Wagner ha tradotto dal latino soltanto il 10%? Perchè il DES ha il 25% di termini non-etimologizzati? un altro 15% assurdamente posto tra le onomatopee? un ulteriore 15% di eleganti by-pass, lasciati senza etimo? Un ulteriore 20% considerato catalano, mentre i termini erano anche sardi ab origine e sono "mediterranei". Totale: 75% di non-etimologie, e miopie da talpa. E il restante 25%? 15% tra catalano, spagnolo, italico, 10% latino. Tutto è dimostrato nei miei libri. È stato Wagner medesimo a dimostrarlo nei fatti. Che desolazione sapere che i miei detrattori... Si sono masturbati col "sentito dire". Mi processano alla Pol Pot! Parecchi si sentono autorizzati a non leggere, ma solo a giudicare ciò che sospettano di non consentire alla propria fede. Questo è il magistero del non-pensiero, che ignora la critica costruttiva. In Sardegna si muore col morbo dell'ignoranza: epidemia di wagnerite!
Ma non hanno mai preso in mano Wagner. Prima di masturbarsi con i preconcetti, facciano ricerca! Idealisti-onanisti, godono e si placano nelle proprie fantasie. Quanti millantatori ripetono i suggerimenti altrui? Io le mie teorie le ho dimostrate e provate in tanti libri, scientificamente! E costoro si sbrodolano nella birbanteria di pochi libri, sempre i soliti, che ogni ragazzotto ha letto, gli stessi falsi ragionamenti, ripetuti da un secolo, gli stessi dizionari, gli stessi linguisti citati a supporto dell'inanità, stantie citazioni, gli stessi cattedratici usciti dalla braghetta di Wagner, l'uno plagia l'altro. E la scienza sta al palo! Idealisti come Blasco Ferrer, un poliglotta che s'illude d'essere glottologo, unu òmini chi, candu est crocàu, guai chi ndi muscit unu!
In ogni modo, io sto completando una Grammatica del Sardo delle origini, dove chiunque rifletterà sulle vere origini della lingua sarda (...se volesse leggere e meditare...). Il sonno della ragione genera mostri, e io sono come l'imputato al "Processo" di Kafka, messo al muro da gente che non sa perchè mi sta sparando.
Scusi, Dedola da una parte tira in causa Wagner per asserire (pro domo sua) che solo il 10 % del lessico sardo è latino, dall'altra lo ripudia immediatamente, come uno dalla cui braghetta sia uscito chissà che. Mi dispiace, se Lei vuole esser preso in considerazione, deve partire - con tutti i limiti che hanno- da alcune imprescindibili opere del Wagner. Se non lo fa, gridi pure contro i molini a vento, ma non la cagherà nessuno, tranne il pubblico- ahimè scarso- che la segue appassionato.
RispondiEliminaUno di questi giorni inserisco un elenco di circa 2.000 microtoponimi non etimologizzati ed, almeno in gran parte, non repertoriati, e rimango in attesa delle etimologie sumeriche, accadiche o illiriche di Dedola ed Areddu!
RispondiEliminaGli autori saranno ben lieti di risponderle, ma dovrebbe uscire dall'anonimato.
RispondiEliminaSalvatore , impara anche lingua albanese e quando imparare rimarrai affascinato da albanese monosillabi, vedra che la lingua albanese e chiave per le lingue antiche Indo-Eur.
RispondiEliminaImparate che Iliada scritto da Omero, in piu del 70% delle parole,gli albanesi tradurrebe con una grande facilita, perche la cosidetta "lingua antica greca"e sola lingua antica albanese.
I studi archeologici, culturali, linguistici ,ci mostrano che la terra storica dell illyria comprendeva la parte occidentale della penisola Balcanica, da Morava e Vardar a Est fino alla costa del mare Adriatico e Ionio ad ovest, dal fiume Sava in nord fino il seno di Ambrachia in sud ( cosi vecchia Hellada).
Fonti storiche, archeologiche. linguistiche indicano che gli illiri tra loro i messapi e Japigi stabilirono in Italia, lungo la costa adriatica e nelle regioni meridionali d,Italia.IN Asia minore sono state sfollate gruppi di popolazione i dardani e paioni, che nel omerico epos hanno combatutto al fianco di troiani,
'' Se volete scoprire la storia AC e la scienza di quel tempo dovete studiare la lingua albanese " Leibnitz ( matematico-filologo tedesco)
RispondiEliminaHo studiato per un'intera vita: Liceo Classico, Laurea, Università. Leggendo questo articolo e le risposte mi rendo conto che tutto ciò che ho studiato non ha alcun valore perchè è, addirittura, falso! Questo problema non riguarda, evidentemente, solo me, ma tutti coloro che in europa e nel mondo intero hanno studiato linguistica negli ultimi 200 anni. Non sono tra coloro che prendono per oro colato tutto ciò che esce del mondo accademico anche se non posso negare che esistono anche studiosi seri. In conclusione non posso che constatare che esiste qualche problema ds parte di chi scrive l'articolo e risponde ai commenti!
RispondiEliminaLa linguistica è una disciplina affascinante, ma gli studiosi, purtroppo, non riescono a trovare una linea condivisa di idee. E' evidente che siamo lontani dal diradare la nebbia che avvolge le origini, e fino al momento in cui qualche studioso dimostrerà, suffragato da testimonianze ineccepibili, quali sono le linee da seguire...brancoleremo nel buio.
RispondiEliminaDal basso della mia ignoranza avrei delle domande da rivolgere a tutti i partecipanti alla discussione.
RispondiEliminaDa chi venne fondata Roma?
Quando e come nasce il latino?
Quando i Romani conquistarono la Sardegna?
Che lingua parlavano i Fenici e i Punici?
Quanto duro' il loro dominio/influenza?
Quale lingua si parlava in Sardegna durante questo periodo?
Quale lingua si parlava prima?
Scritto e orale hanno sempre viaggiato a braccetto?