domenica 6 novembre 2011

Il I Ferro in Sardegna - 3° e ultima parte (Giovanni Ugas)


6. Il Periodo Orientalizzante (730-600 A.C.)
Nell’Orientalizzante antico continua, ma affievolendosi, la presenza di manufatti sardi in quasi tutte le regioni mediterranee che hanno conosciuto i loro manufatti nel periodo geometrico, come evidenzia la diffusione della ceramica sarda a falsa cordicella anche oltre l’isola. Nella II fase del periodo emerge un rapporto privilegiato con l’Etruria, ma con direttrice invertita: sono gli Etruschi che viaggiano verso la Sardegna influenzando notevolmente la produzione fittile locale (M. Olladiri di Monastir, Santu Brai di Furtei, Piscu di Suelli) e mediando le nuove esperienze maturate con le città greche della penisola. I Sardi subiscono anche l’intraprendenza commerciale e politica dei Fenici insediati sulle coste, che tendono a conquistare culturalmente e politicamente porzioni del territorio interno, segnatamente nell’area sulcitana (Bartoloni P. 2003; Bernardini 2005, 2007; Bartoloni e Bernardini 2004).
6.1. Orientalizzante antico (730-670 a.C.)
Nel complesso l’edilizia è poco nota. Come si evince dagli scavi, già menzionati di Su Nuraxi, Sant’Imbenia, Bangius di Furtei sono ancora in uso gli ambienti circolari con vasca a coppa. Nel Campidano continua l’uso di case ad ambienti rettangolari con muri di mattoni di fango documentata negli insediamenti di San Sperate, Santu Brai di Furtei, Monti Leonaxi di Nuraminis (Ugas e Zucca 1984) e Piscu di Suelli (Santoni 2002). Non si hanno informazioni sulle aree funerarie e neppure si sa di templi edificati in questo periodo. Continua la frequentazione dei pozzi sacri (Sant’Anastasia; Cuccuru Nuraxi) e dei templi nuraghe (Su Mulinu) e solo dopo quest’età cessa l’utilizzo del c.d. “pozzo votivo” di S. Anastasia (Taramelli 1918). All’ambito sacro è forse da ascrivere il vano quadrangolare di S. Brai-Furtei, frequentato ancora nella fase successiva; ha restituito i pesi da bilancia che hanno consentito di risalire all’unità ponderale nuragica di gr. 5,2/5,5 (Ugas 1985, 1986, 1989). I contesti più significativi, riconoscibili dalla presenza della ceramica a falsa cordicella, sono quelli del citato pozzo “votivo” di Sant’Anastasia (Taramelli 1918), Monte Olladiri vetta s. 158 (Ugas 1985), Sant’Imbenia (Bafico 1986, 1991; Bafico et alii 1995, 1997), Piscu di Suelli (Santoni 2002), Cuccuru Nuraxi di Settimo San Pietro (Atzeni 1987, tav. IX).
6.2. La Ceramica
In questo momento ricorrono i vasi d’impasto a superfici ingubbiate e lucidate con decoro a falsa cordicella e talora con segni impressi o incisi di tipo alfabetico (M. Olladiri: Ugas 1985). Le forme più comuni sono le brocche askoidi a largo collo e a bocca ondulata tipo S. Anastasia, talora con anelli in rilievo al collo, come spesso si osservano in brocchette sarde da Vetulonia e brocchette askoidi dal collo stretto a corpo ellissoide tipo Monte Cao (Ibid., tav. II, 1), le anfore ad alto collo con anse a gomito rovescio tipo Cuccuru Nuraxi (Atzeni 1987), gli askoi a testa bovina tipo S. Brai (Ugas 1985, tav. XVI), mentre invece vengono meno altre forme e in particolare le anfore piriformi. La ceramica d’impasto sovradipinta, in particolare il secchiello a chévrons e la brocca askoide a bocca trilobata da Sant’Anastasia (Ibid., tav. II, 5) risentono del gusto decorativo della ceramica euboico-cicladica (Ugas 1985, 1995). A Su Mulinu sono presenti belle lucerne ornate a falsa cordicella con protomi zoomorfe e anse a maniglia.
6.3. Manufatti in bronzo
Nel complesso, la produzione bronzistica risente sempre dell’influsso fenicio. Continua la produzione dei bronzi figurati con le splendide immagini dello stile IV di Uta (Lilliu 1997). Ora si diffondono diverse varianti di lucerne: la lampada bilicne da Mandas (Lilliu 1966, p. 412, n. 299); a navicella con castello-torre; a navicella con 4 bracci, torricella sovrastante e appiccagnolo tipo Mores (Lilliu
1966, p. 403, s, n. 290); a navicella con 4 bracci e appiccagnolo tipo Vetulonia (Lilliu 1966, nn. 286, 288) documentate ora anche a Su Monte (Santoni 2008, tav. IX, 2-3). In questo periodo circolano diversi contenitori pregiati, come la brocchetta askoide in bronzo con palmetta (imitazione fenicia) da nuraghe Ruju di Buddusò (Ugas 1985, tav. II, 2), simile alla citata brocchetta fittile di Monte Cao, e l’askòs con protome bovina da Sedda sos Carros (Lo Schiavo 2002, fig. 9, tavv. II-II).
6.3.1. Armi e attrezzi
È da supporre che diversi attrezzi e armi già attestati nel periodo geometrico persistano in questo memento, considerato che vari ripostigli, come quelli già citati di Sant’Anastasia e di Su Monte risalgono proprio all’inizio di questa fase. Occorre rilevare tuttavia che la produzione sarda in bronzo sembra già sovrastata dai prodotti dell’artigianato greco e fenicio. In questo periodo, infatti, i centri indigeni sono raggiunti da una consistente quantità di ceramica fenicia ed euboico-cicladica (Bafico 1986; Bafico et alii 1995, 1997; Bernardini 1981- 82, 2008; Bernardini e Tronchetti 1985) e da bronzi figurati, bacini, tripodi e thymiateria in bronzo di imitazione fenicio-cipriota (Lilliu 1988; Tore 1986; Barreca 1986a; Lo Schiavo et alii 1985; Ugas e Usai 1987). D’altra parte continuano a raggiungere i lidi dell’Etruria settentrionale e meridionale diverse navicelle sarde. L’askos a testa bovina dalla necropoli bolognese di Benacci II risente dello stile decorativo a falsa cordicella (Ugas 1986). Nella penisola Iberica la ceramica a falsa cordicella nuragica perviene, non diversamente dal vasellame geometrico, nella Huelva (Gonzales De Canales Cerisola et alii 2004, tav. XXI, LX. 2).

6.4. Orientalizzante medio ed evoluto (670-600a.C.)
La limitatezza degli scavi in aree abitative e la totale assenza di contesti funerari grava pesantemente sulla conoscenza dei quadri archeologici di quest’età, così come di quella successiva. In questo periodo gli insediamenti diminuiscono vistosamente di numero e si osserva la tendenza all’inurbamento, specie nelle aree campidanesi come quelle di S. Brai e Bangius di Furtei, San Sperate (Ugas e Zucca 1984; Ugas 1985, 1989, 1993). I complessi più significativi, oltre a quelli dei siti già citati di Furtei e di San Sperate, sono quelli di Monti Leonaxi di Nuraminis, Tuppedili di Villanovafranca (Ugas e Zucca 1984), Piscu di Suelli (Santoni 1990, 1992, 2002) e Corti Auda di Senorbì (Usai L. 1986). L’edilizia abitativa di questo periodo, al pari di quella della successiva fase arcaica, è nota esclusivamente da ricerche d’emergenza condotte nell’abitato di San Sperate e nei siti di Santu Brai e Bangius di Furtei. Le case, a vani quadrangolari, mostrano sistematicamente basamenti in muratura con soprastante levato in mattoni di fango. Anche a M. Leonaxi, Tuppedili e Cuccuru Nuraxi sono stati osservati, ma in superficie, frammenti di mattoni di fango pertinenti a case presumibilmente della stessa tipologia (Ugas e Zucca 1984).
6.5. Manufatti
Nella produzione fittile locale prevale la ceramica sub-geometrica d’impasto, spesso a decoro metopale inciso e impresso a stampiglia (cerchielli, motivi a x) comprendente brocche askoidi a bocca trilobata, brocche trilobate, secchielli, attingiti fiasche lenticolari a quattro maniglie, vassoi coperchi a prese triangolari (tipo Monte Olladiri: Ugas 1985, tavv. X-XI). Diventano consistenti sia la ceramica d’impasto e tornita sub-geometrica sovradipinta, come emerge dai ritrovamenti di M. Leonaxi, S. Brai (Ugas e Zucca 1984; Ugas 1985) sia la ceramica tornita locale a decorazione geometrica dipinta, in particolare brocche, askoi crateri da Tuppedili, S. Brai e Bangius di Furtei (Ugas e Zucca 1985) e Piscu- Suelli (Santoni 1992, 2002). Nel già citato sacello di Su Mulinu, sono attestate numerose lucerne di impasto a spalla alta, a pareti ruvide irregolari, con o senza protome zoomorfa. Prosegue la produzione di bronzi figurati e di navicelle in stile “orientalizzante”, piuttosto manieristiche (Lilliu 1966), in prevalenza a scafo trapezoidale provviste di maniglia con anello tipo Falda della Guardiola di Populonia (Lilliu 1966, n. 277). I fittili di impasto sardi discendono chiaramente da modelli provenienti dell’Etruria meridionale sia per quanto attiene le forme (attingitoi, secchielli, piatti e fiasche), sia per quanto riguarda la decorazione a stampiglia e il trattamento degli impasti e delle superfici ingubbiate rosse. Raggiungono gli insediamenti dell’isola numerosi vasi in bucchero e ceramiche italo-corinzie. Notevole anche la presenza di vasellame fenicio negli abitati di M. Olladiri, M. Leonaxi, S. Brai e San Sperate (Ugas e Zucca 1984; Ugas 1989). Nell’area sulcitana si attiva un intenso processo di osmosi tra la cultura locale e quella fenicia, e non è da escludere che sia stata adottata la sepoltura ad incinerazione anche da parte della popolazione sarda a M. Sirai, Pani Loriga, a S. Giorgio di Portoscuso e a Bithia (Bartoloni P. 2003; Bernardini 2005, 2007, 2008; Bartoloni e Bernardini 2004).
7. Il periodo arcaico (600-510 a.C.)
La fondazione nella prima metà del VI secolo delle colonie di Massalia nel Midi francese, di Alalia in Corsica, oltre che dell’emporio di Gravisca presso Tarquinia, da parte delle popolazioni greco orientali e in particolare della città di Focea, spezzarono il duopolio etrusco-fenicio sul Tirreno, favorendo l’afflusso in Sardegna di prodotti idee ed anche, probabilmente, uomini dalle coste dell’Asia Minore. L’interesse degli Joni per la Sardegna risulta chiaramente in diversi passi delle Storie di Erodoto e le ricerche tendono a confermare, piuttosto che a smentire, una possibile presenza di Greci, almeno in aree portuali, libere e non ancora controllate dai Fenici, in particolare Cagliari, porta del Campidano agrario (Ugas e Zucca 1984; Zucca 2002) e di Olbia (D’Oriano 2000), scalo fondamentale, come Alalia, per la navigazione dei Sardi verso l’Etruria e l’arco ligure-provenzale. Nella seconda metà del secolo la pressione di Cartagine sull’isola diventa fortissima e prima la caduta di Alalia intorno al 540 a seguito della vittoria cadmea sul Mare Sardonio (Erodoto) e la guerra portata in Sardegna prima da Malco e poi dai Magonidi Asdrubale e Amicare pesarono fortemente sulle linee di sviluppo della cultura nell’isola. Cartagine vittoriosa, controllando i mari attorno all’isola, necessariamente controllava e filtrava le novità provenienti da oltre mare. Già intorno al 540 risultano abbandonati l’insediamento di Cuccuru Nuraxi di Settimo e altri centri dell’hinterland cagliaritano a seguito dell’incursione di Malco. Sul versante archeologico occorre sottolineare che questo è un periodo ancor meno noto del precedente. Gli insediamenti investigati sono sostanzialmente gli stessi della fase precedente vale a dire San Sperate, S. Brai e Bangius di Furtei, Monti Leonaxi di Nuraminis, M. Olladiri, Tuppedili, Cuccuru Nuraxi, Piscu di Suelli e inoltre Bangiu di Mandas (Ugas e Zucca 1984) e Corti Auda di Senorbì . I manufatti di questo periodo trovati a Su Nuraxi di Barumini e S’Uraki di San Vero Milis ed in altri siti, non contribuiscono ad incrementare di molto la conoscenza generale. Anche l’edilizia è sostanzialmente la stessa, con edifici a pianta rettangolare e mattoni di fango nelle case campidanesi; ora è nota soprattutto a San Sperate un abitato dai connotati oramai urbani con vie a sviluppo ortogonale, forni per la ceramica, pozzi e condotte idriche (Ugas 1982, 1993). Nella ceramica locale la produzione d’impasto tende a lasciare il posto quasi completamente a quella tornita e dipinta a bande, fortemente influenzata dal coevo vasellame greco-orientale, in particolare coppe imitanti quelle tipo B2 Villard. Nei centri indigeni le ceramiche d’importazione greco-orientali tendono a imporsi su quelle fenicie, comunque sempre abbondanti (Tore 1978; Ugas 1982; Ugas e Zucca 1984; Tronchetti 1982, 1986), ma non mancano il vasellame etrusco in bucchero e i prodotti etrusco-corinzi. A San Sperate pervengono anche materiali della Laconia, corinzi e attici. Anche i pochi manufatti in bronzo risentono degli influssi greco-orientali, come si evince da una coppa con piede a tromba da S. Brai di Furtei (Ugas e Zucca 1984). Raggiungono ancora le aree costiere della penisola i bronzi sardi, come documentano le navicelle rinvenute a Gravisca (Lilliu 1971) e nel tempio di Era Lacinia a Crotone (Spadea 1993; Lilliu 1997).


Nelle immagini: l'altare-vasca di Su Mulinu e la capanna con vasca di Sa Sedda e sos Carros

3 commenti:

  1. Salve.
    Dopo aver letto l'interessante articolo, così ricco di particolari e riferimenti bibliografici, ancora parecchi quesiti non trovano purtroppo risposta. Cercando di procedere cronologicamente a quanto descritto vorrei porre a prof Ugas qualche quesito:
    -Si parla di principi Tespiadi esiliati a Cuma (resoconto di Diodoro Siculo)dopo parecchie generazioni di governo in Sardegna. Ci sono riscontri edilizi (architettura nuragica)e fittili in terra campana che giustifichino la presenza di individui di un certo rango, provenienti dalla Sardegna, che tengano insomma anche conto delle abitudini funeraria sarde?
    - In merito alla bronzistica figurata indigena che viene inquadrata nel I Ferro con forti influenze orientali e di carattere geometrico come andiamo a valutare quella proveniente dall'Egeo e dal Levantino in genere che ad una sommaria osservazione appare molto meno elaborata e ad un livello primordiale?
    - Si è parlato di funzione primaria dei nuraghi. (riferendomi principalmente alla camera della torre principale)Alcuni proiettano una sagoma taurina nelle nicchie, alcuni mostrano un ambiente di riunioni con un sedile e un posto di rilievo evidenziato da una nicchia, alcuni altri mostrano una vasca lustrale, alcuni una cavita per la grotta sottostante o per la cisterna, altri ancora un altare votivo con fittile. Come possiamo stabilire quale fosse la funzione primaria anche in relazione alla collocazione altimetrica, geografica e alla complessità strutturale?

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  2. - Si parla dell'arrivo di nuove genti e in merito a questo si riflette sull'inesistenza di fortificazioni di stile architettonico diverso dal principio del muro a sacco (principio delle strutture nuragiche che verrà mantenuto persino negli impianti urbani). Come interpretare quindi la fase pre-coloniale e successivamente coloniale se fondamentalmente le abitudini edilizie funerarie e cultuali indigene non scompaiono?
    - In merito all'insediamento dell'Acropoli di Lipari come si può imputare alla diaspora dei capi tribali nuragici (I Ferro) la distruzione dell'insediamento se nello strato sottostante (diviso in due fasi di cui quella relativa al BF descritta come florida)le strutture ovaleggianti, della prima Età del Bronzo, si mostrano con paramento murario a sacco e perciò inquadrabili come di manifattura nuragica (considerando che il periodo inquadrato è quello di maggior sforzo espansivo e culturale per la Sardegna)? In parole povere i Sardi esuli distruggono i loro stessi conterranei?
    - In virtù di ciò come vengono collocate le sepolture ad incinerazione ivi presenti?
    - Si parla degli insediamenti sardi che a partire dal IX sec. a.C. tendano all'urbanizzazione. E' possibile che individui che vanno e vengono dall'Egitto e dall'Egeo (ce lo dimostra il fittile), soprattutto in virtù degli accadimenti e dell'impiego in Egitto, "sopportino" ancora una situazione di "ruralità" degli insediamenti e non abbiano già preteso da tempo le innovazioni e le comodità urbane dettate dalla situazione vitale degli insediamenti raggiunti nel Medit.Orientale?
    - Le strutture urbane (terme, gimnasi e templi) che descrive esistono già da circa 500 anni nelle terre toccate dagli Shardana. Come è possibile che nonostante la Sardegna sia al passo con i tempi grazie alla navigazione e agli scambi considerato che i sardi vadano e vengano con frequenza da tali aree le strutture descritte "giungano" in Sardegna con un ritardo cosi eccessivo?
    - Si parla di rapporti tra Sardi e Fenici avvenuti nel I Ferro. Bernardini tutt'ora dichiara che la situazione della Necropoli di Sant'Antioco (almeno fino al VII sec. a.C.) sia assurda per il fatto che nonostante si descrivano presenza semitiche stanziali e ben radicate nel territorio, la necropoli "parli" solo ed esclusivamente nuragico. E' possibile che chi ha elaborato finora abbia colossalmente confuso la fase formativa e la fase di consolidamente civile dello stesso popolo visto che la genetica nega apporti esterni?
    Mi scuso se eventualmente sono stato impertinente nel porre qualche quesito e aspetto con ansia e curiosità le risposte in merito. Grazie anticipatamente!!!
    Marcello Cabriolu

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  3. In attesa che Prof. Ugas esprima i suoi pensieri, ritengo corretto postare il mio pensiero.
    Sul primo punto (Cuma) sorvolo perché non sono in possesso di dati che confortino l'ipotesi di Ugas (quindi giro la tua stessa domanda).
    Sul secondo punto (bronzistica a confronto), c'è da dire che essendo forme artistiche è arduo proporre una tesi che descriva "arcaico" uno stile meno elaborato. La storia dell'arte insegna che le forme più fluide e meno elaborate sono spesso frutto di una visione artistica più modertna (vedi lo stile manieristico rinascimentale). Vediamo di approfondire insieme.
    Il terzo punto è quello più intrigante. La funzione primaria dei nuraghi deve partire dai primi...quelli a corridoio, quelli dove la massa muraria è immensa rispetto agli spazi interni. La proiezione del simbolo taurino, le vasche lustrali, gli altari votivi...sono decisamente successivi. Per un'indagine costruttiva dobbiamo attenerci agli edifici più antichi, quelli inquadrabili nel XVII a.C.
    Il quarto punto parla di una fase pre-coloniale. In generale, a mio parere, non esiste una fase coloniale...figuriamoci cosa penso di una fase pre-coloniale.
    Sul quinto punto non aggiungo nulla allatua osservazione. Condivido al 100%
    Allo stesso modo condivido le tue ultime osservazioni.

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