Le prime colonne d’Ercole degli antichi erano quì.
di Antonio Usai
La seconda parte dello scritto (la prima è stata pubblicata ieri) è dedicata alle note.
Le riflessioni che seguono si riferiscono ad Annone per spiegare il motivo che lo induce, secondo il mio punto di vista, a compiere una parte del suo viaggio, quella compresa tra il 2° e l’8° passo, nei posti che un cartaginese come lui dovrebbe conoscere bene. Questa è una domanda che farebbero, specialmente, quelle persone che non accetteranno mai il viaggio di Annone in quei posti che indico, i quali sono gli unici giusti. Ma è anche una domanda legittima.
Qualcuno si chiederà, inoltre, come mai questo motivo non l’ho inserito subito nel mio resoconto del viaggio. Per prima risponderò a quest’ultima domanda: pensavo che sarebbe stato più difficile, per chi leggeva, accettare (non per ignoranza) tutte queste cose insieme. Prima dovevo dimostrare al lettore che Annone, quella parte del suo viaggio sopraccitato, l’ha compiuto in quei posti che ho indicato, e dopo spiegarne il motivo, che tra poco inizierò ad esporre. Parlerò, inoltre, del resto del viaggio per chiarire alcuni punti, e dividerò tutto il viaggio in due parti, di cui la prima è compresa tra il 1° e l’8° passo e la seconda tra il 9° e il 18° passo. Il motivo che induce Annone ad andare in quei posti è semplice e umanamente comprensibile e lo si avverte in tutto il racconto: Annone non ha nessuna intenzione di compiere quel viaggio che i cartaginesi gli impongono di fare. Il primo passo recita: “Per volere dei cartaginesi (non per volere suo) Annone navigò fuori le Colonne d’Eracle e fondò città di libifenici. E navigò portando con sé 60 penteconteri e una folla di uomini e donne, in numero di tremila; e viveri e le altre provviste”. Quindi Annone parte, va in posti che lui conosce perfettamente, ma dei quali non da mai delle indicazioni chiare. Cita con nomi diversi sia quei luoghi che ha fondato a cui aveva già dato un nome, sia quei luoghi che ha colonizzato o visitato e che già possedevano un loro nome. Li cambia affinché chi gli ha ordinato di compiere quel viaggio non capisca dove sia effettivamente andato; inoltre dalla sua parte ha anche il fatto che non esistono ancora delle cartine; quindi ancora più difficile capirlo. Qualcuno potrebbe obbiettare che ci sono tremila persone che potrebbero testimoniare contro di lui, ma questo è improbabile in quanto quella folla di uomini e donne sono persone comuni che sicuramente non sono mai usciti fuori dalle mura di casa loro; oltretutto anche loro, come tutto l’equipaggio (sicuramente fedele ad Annone), sono obbligati a compiere quel viaggio. Annone arriva nel promontorio Ermeo (che non nomina) dove al 2° passo: “fondammo una prima città alla quale demmo il nome di Timiaterio…”. E, naturalmente, per fondare quella città fa scendere dalle navi parecchie persone. Timiaterio è uno di quei nomi cambiati da Annone (tuttora nessuno studioso l’ha localizzata).
Cosa fa adesso Annone?
Anzichè costeggiare subito il golfo, per evitarlo, astutamente salpa, al 3°passo: “verso occidente raggiungemmo Solòeis, un promontorio libico folto di alberi”. Un promontorio con quel nome non è mai esistito, è un altro nome cambiato da Annone per sviare (tuttora anche Solòeis è un’incognita per gli studiosi). Poi al 4° passo torna indietro quel tanto che basta per raggiungere un lago che, al 5° passo, supera (qui sta scendendo verso il golfo, rischiando però d’essere visto, ma deve rischiare), fonda sicuramente una vicino all’altra e anche vicino al lago stesso le cinque città, anche loro con nomi diversi da quelli realmente dati e che, ancora oggi, nessuno sa localizzare.
Nelle foto 1 e 3 del mio scritto ho fatto salpare il navigatore dal promontorio sotto il quale si trova Cartagine anziché dalle vicinanze del lago sotto il promontorio Solòeis, perché se non avessi fatto in questo modo avrei dovuto giustificarne subito il motivo. E non mi sembrava il caso di dire troppe cose tutte insieme. Sarebbe stato troppo dispersivo. Dunque, al 6° passo, Annone salpa dopo aver fondato le cinque città, dove vi lascia quasi tutte le persone del suo seguito e raggiunge, ora con pochissime navi e quindi con pochissima possibilità di essere riconosciuto, il fiume Lisso (altro nome cambiato), che però non è, come dico nel mio scritto (perché dovrei giustificarlo, anche questo, subito), il primo da sud, ma sicuramente il primo da nord e che si trova più vicino al luogo da cui è salpato verso Solòeis. Nei pressi di questo fiume abitano i lissiti, un nome che ricompare, come dice la curatrice Federica Cordano, soltanto 650 anni dopo con Pausania, il quale identifica i lissiti con i nasamoni, una popolazione della grande Sirte. Ma la grande Sirte non si trova nell’Atlantico. Nel 7° passo, degli etiopi inospitali abitavano sopra i lissiti. Al fatidico 8° passo Annone costeggia verso meridione quel deserto che si affaccia nel canale di Sicilia e sempre da un punto non precisato del deserto parte e raggiunge, verso oriente, quell’isola che lui colonizza e alla quale, lui dice, dà il nome Cerne (altro nome cambiato e che nessuno studioso, ancora oggi, ha mai localizzato), ma che sa essere Kossura; ma se l’avesse chiamata in quel modo i cartaginesi avrebbero capito. Suppone, giustamente, che quell’isola si trova, rispetto al periplo (ma si guarda bene dal dire di quale periplo si tratti), alla stessa altezza di Cartagine, infatti gli: “sembrò uguale (e, più o meno, lo è) la navigazione da Cartagine alle Colonne e da lì a Cerne”. E quell’isola si trova in fondo a un golfo. Dice, inoltre, che quell’isola misura cinque stadi; ma come si potrebbe chiamare piccola isola e addirittura colonizzare un lembo di terra di 250 metri per lato (1 stadio = 200 metri)? Oppure, come dice la Cordano, di 15 stadi (neppure 1 km quadrato di superficie e, per giunta, lontana un giorno di navigazione dalla terraferma)? Colonizzare significa fare propri luoghi già abitati. Continuiamo: a Cerne l’astuto Annone fa scendere il resto del seguito (ad eccezione, naturalmente, del suo fedele equipaggio). Lo si capisce perché nella seconda parte del viaggio, quello compreso tra il 9° e il 18° passo, non fonda più nessuna città; eppure continua il viaggio per altri trenta giorni prima di andarsene a Cartagine (e quindi altri giorni da aggiungere ai trenta già citati). Nel mio scritto dico che questa seconda parte non è dettagliata come la prima perché la mia attenzione è passata alla ricerca delle colonne. Il motivo, però, non è solo quello, ma è anche che, in questa seconda parte, Annone si inventa tutto perché non vuole più continuare quel viaggio. Infatti descrive posti fantastici e terrificanti (in modo tale che a nessuno venga in mente di andarli a cercare).
Arriva (9° passo) in un posto dove si trova un lago, all’interno del quale ci sono tre isole più grandi di Cerne. Ma ci sono anche: “monti altissimi, brulicanti di uomini selvaggi, coperti di pelle di animali, che ci colpivano lanciando pietre, impedendoci così di scendere”.
Nel 10° passo scappa da un lago profondo pieno di coccodrilli e ippopotami e poi torna a Cerne.
Nell’11° naviga per dodici giorni verso meridione, dove arriva in posti in cui gli abitanti: “che fuggivano invece di aspettarci, e pronunciavano parole incomprensibili persino ai lissiti che erano con noi”.
Nel 12° e nel 13° passo approda presso monti alti e boschi profumati: “Circumnavigando questi monti per due giorni ci trovammo nell’immensità del mare aperto, e di fronte ad esso, sulla terraferma c’era una pianura da dove, di notte, vedevamo del fuoco accendersi da ogni parte, ad intervalli, ora più forte ora meno”.
Nel 14° passo prosegue per cinque giorni sotto costa e arriva in un grande golfo chiamato “ Corno di Ponente”(mai localizzato), al cui interno: “c’era una grande isola e sull’isola un lago d’acqua marina, e dentro a questo, un’altra isola”. e termina dicendo: “di notte vedevamo molti fuochi accesi, e sentivamo un suono di flauti e cembali, uno strepito di timpani e un enorme schiamazzo. Ci venne paura e gli indovini esortavano a lasciare l’isola.”
Nel 15° passo va via in fretta da un paese in fiamme: “ pieno di vapori, dal quale scendevano verso il mare grandi torrenti di fuoco. La terra era inaccessibile per il calore”.
Nel 16° passo scappa, terrorizzato, da lì e dopo quattro giorni avvista la terra illuminata dalle fiamme, al cui centro c’è un presunto vulcano detto “Carro degli dei”.
Nel 17° passo Annone, dopo aver superato con tre giorni di navigazione i torrenti di fuoco, raggiunge un golfo chiamato “Corno di Noto” (altro luogo mai trovato). E, finalmente, arriviamo al 18° passo, l’ultimo e nel quale, di questa seconda parte, c’è il colpo di genio di Annone. Infatti in fondo al “Golfo di Noto” c’è un’isola piena di uomini selvaggi: “Ma erano molto più numerose le donne, pelose in tutto il corpo, che gli interpreti chiamavano Gorilla. Noi inseguivamo gli uomini, ma era impossibile prenderli, perché scappavano tutti, arrampicandosi sui dirupi e difendendosi con le pietre. Invece tre donne, mordendo e dilaniando i loro rapitori, si rifiutavano di seguirli; allora, avendole uccise, le scuoiammo e portammo a Cartagine le pelli. Infatti non potemmo navigare più oltre, una volta venuti a mancare i viveri.”. In questo passo c’è tutta l’astuzia di Annone; infatti quando decide che è ora di andarsene a Cartagine cattura tre donne pelose, ma invece di portarle vive davanti al senato cartaginese come prova dell’esistenza delle stesse, le uccide e le scuoia con la scusa che non vogliono seguirli. Ma Annone scuoia non tre donne, ma tre vere scimmie; e scuoiare una scimmia comporta l’eliminazione della testa, delle mani e dei “piedi”, prove inequivocabili che sono delle scimmie. Ed ecco che il gioco è fatto. Annone non può portare vive quelle che lui dice essere donne pelose perché i senatori cartaginesi si accorgerebbero subito che sono delle scimmie e gli farebbero fare, sicuramente, una brutta fine. Questi sono i motivi, secondo il mio punto di vista, di questo strano viaggio di Annone oltre le colonne d’Ercole, che se anche fosse tutto inventato, in quella prima parte sono descritti, innegabilmente, quei posti che indico nel mio scritto. Termino dicendo che alcuni luoghi, a cui Annone cambia il nome, come Timiaterio, Acra, Solòeis, Cerne, si trovano in un presunto periplo di Scilace di Carianda, VI a.C. (all’interno sempre del libro curato da Federica Cordano “Antichi viaggi per mare”), ma che provano, sembra ombra di dubbio, che lo stesso periplo non viene compiuto nel VI a.C. da nessuno. Infatti quei luoghi, vengono nominati in un periodo in cui non sono stati ancora fondati, colonizzati o visitati da Annone (V a.C.); il che avviene cento anni dopo.
P.s: tratto da “Plinio (1°d.C.)Storia Naturale” libro 5° par.8-ediz. Einaudi Torino 2007: “Erano anche rimasti alcuni appunti di viaggio lasciati dal comandante cartaginese Annone, il quale nel periodo di massimo splendore della potenza cartaginese ebbe l’incarico di compiere la circumnavigazione dell’Africa. La maggior parte degli scrittori greci e romani, basandosi sulle informazioni fornite da Annone, hanno raccontato, in mezzo ad altre favole, che egli avrebbe fondato qui (sta parlando della costa atlantica dell’Africa) anche molte città di cui però non resta né ricordo alcuno né traccia”.
Bibliografia:
Antichi viaggi per mare a cura di F. Cordano ed. Studio Tesi Pordenone 1992
L’Africa di Strabone Libro XVII di Nicola Biffi Ed. dal Sud Bari 1999
Trattato sul cosmo per Alessandro di G. Reale ed. Vita e Pensiero Milano 1995
Aristotele Meteorologia a cura di Lucio Pepe ed. Bompiani Milano 2003
Della navigazioni et viaggi di G.B.Ramusio Venezia 1550
Plinio Storia Naturale libri V par.8 ed. Einaudi Torino 2007
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Timiaterion, un porta incenso che da il nome alla forma del Porto di Tangeri, un nome greco per una location punica, forse dovuta alla frequentazione dei Greci in occidente.Non credo alla teoria di Usai, anche se interessante, il Mediterraneo nel 6 sec, era molto ben conosciuto dai Punici e dai coloni greci.
RispondiEliminaTangeri non ha niente a che vedere con la Timiaterio di Annone (che non ha mai fondato). Quando Annone dice di aver fondato quella città, lo stretto di Gibilterra è già interdetto ai greci. Oltre lo stretto(che, però, non hanno detto di averlo attraversato) ci sono andati, nel VII sec a.C., solamente i focesi che hanno scoperto Tartesso e i sami, e ci sono andati quando le colonne d’Ercole non esistevano ancora. Dopo di loro bisogna aspettare Polibio. I focesi (quelli, però, venuti decine e decine di anni dopo quelli che hanno scoperto Tartesso) conoscevano solamente il mediterraneo, e non tutto, che bagnava l'Europa e niente di quello che bagnava l'Africa dallo stretto alla grande sirte. Per Erodoto, nato nel periodo che Annone ha compiuto il viaggio, l’Europa, dopo l'Iberia, continuava verso occidente e non verso nord. Per lui non c’era mare né a nord, né a est e né ad ovest dell’Europa. Per Aristotele, invece, l’Europa si che continuava verso nord, ma l’interno della terra abitata terminava non allo stretto di Gibilterra ma al golfo di Galazia (dove si trova Marsiglia) e alle colonne d’Ercole.
RispondiEliminaAntonio