martedì 5 aprile 2011

Archeologia funeraria in Sardegna


Convegno: Società dei vivi, comunità dei morti: un rapporto [ancora?] difficile.

L'8 e il 9 aprile, si svolgerà a Sanluri, presso i locali dell'Ex-Montegranatico, un Convegno sull'Archeologia funeraria in Sardegna intitolato "Società dei vivi, comunità dei morti: un rapporto [ancora?] difficile".

L'iniziativa, compresa nel circuito della XII Settimana della Cultura, è organizzata dal Dipartimento di Storia dell'Università di Sassari in collaborazione con le Soprintendenze per i beni archeologici per le provincie di Cagliari, Oristano, Sassari e Nuoro e con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna, della Provincia del Medio Campidano e dei Comuni di Serramanna e di Sanluri.

Si tratta di un Convegno di studi che, incentrato sul problema della rappresentatività sociale nel mondo funerario dell'antichità, si configura come un'occasione di confronto sulle relazioni tra società dei vivi e comunità dei morti ricostruibili sulla base di contesti funerari urbani e rurali della Sardegna.
Il programma del Convegno comprende tre sessioni: la prima a carattere metodologico, la seconda e la terza su aspetti peculiari dell'ideologia funeraria, rispettivamente in età punica e in età romana.

Intervento di Giuseppina Manca di Mores, Presidente ANA Sardegna -”L’archeologia funeraria in Sardegna. Convegno di studi”, Sanluri, 8-9 aprile 2011
Ringrazio vivamente gli organizzatori del Convegno per avere offerto all’Associazione Nazionali Archeologi questo spazio.
L’ANA nasce nel 2005 con l’obiettivo primario di tutela dei diritti della professione di archeologo e per il riconoscimento della professione a livello giuridico, radicandosi presto con sezioni e comitati in tutta Italia con organi di rappresentanza elettivi locali e nazionali e raccogliendo al suo interno alcune migliaia di soci e molti simpatizzanti e sostenitori.
Nel 2008 nasce in Sardegna il primo comitato e nel maggio 2010 la sezione ANA Sardegna.
Come ho detto, obiettivo primario dell’Associazione è la tutela e il riconoscimento della professione di archeologo. Ma qual è il ruolo dell’archeologo oggi, nel 2011, in generale nel panorama così modificato della nostra realtà sociale rispetto agli anni ‘70, quando nacque il Ministero dei beni Culturali e Ambientali e anche quella concezione di un sistema di tutela organizzato sulla 1089, così come lo conosciamo e abbiamo conosciuto, e nella sostanza difeso e condiviso?
Molte cose sono cambiate nella stessa professione, l’utilizzo di nuove tecnologie, il concetto di valorizzazione e fruizione, l’irrompere dell’economia dei beni culturali, il profondo cambiamento della formazione e degli indirizzi. Ma l’aspetto certamente più significativo è quello del ruolo dell’archeologo nella costruzione del territorio e del paesaggio. Tanto più voglio sottolineare questo aspetto per la Sardegna. Mai come ora il dibattito su questi punti è forte e necessita di un dialogo alto, di competenze specifiche, e specializzate, di interdisciplinarietà.
Emerge un nuovo concetto di tutela diffusa senza nulla togliere a quanto già in atto, e che deve prevedere, accanto agli strumenti tradizionali e nell’ambito della normativa in essere, anche nuove modalità, riflessioni e proposte.
Tale concetto si rinnova nella progressiva emancipazione in autonomia professionale della figura dell’archeologo e nelle più attente azioni di politica e tutela del paesaggio che si sono sviluppati negli ultimi decenni, frutto di una nuova dimensione e coscienza dello stesso: dalla VIA ai piani paesistici regionali, soprattutto nella loro relazione con i PUC, alle recenti norme sull’archeologia preventiva che per la prima volta definiscono la nostra autonoma competenza. E se il paesaggio, come recita il primo articolo della Convenzione Europea del 2003, designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni; in tale percezione identitaria e in tale paesaggio, marcatamente culturale, il ruolo dell’archeologo e dell’archeologia, nel tessuto stesso degli enti locali, è di importanza primaria. Ci preoccupiamo per il gravissimo attacco e indebolimento della tutela: ma noi, oggi ben più presenti nel territorio, non ci dimentichiamo certo della tutela nella nostra quotidiana attività e deontologia professionale.
L’associazione Nazionale Archeologi, in quanto associazione di professionisti e come tale rappresentata in tutte le sedi consone a tale status, e qua in specifico, l’ANA Sardegna, si pone in questo quadro come punto di riferimento per gli archeologi professionisti, delle cui problematiche così differenziate e venutasi a creare all’interno di una totale mancanza di regole e costruzione di prassi il più delle volte non buone, ha un’approfondita conoscenza proprio per quella sua nascita dal basso e quella ramificazione e radicamento territoriale che viene da un lavoro quotidiano su tutto il territorio nazionale. E’ da tale processo che nascono soluzioni e proposte per la tutela dei diritti della professione di archeologo, il suo riconoscimento giuridico, la costruzione di progetti comuni.
Competenze e professionalità elevate, paradossalmente sempre più nutrite e affinate dal precariato, nelle stesse insito, di cui la Sardegna dispone e che emergono anche dai nomi dei partecipanti di questo convegno che portano alti risultati dal lavoro condotto all’interno di tale quadro di precarietà; professionalità delle quali la Sardegna, nel suoi programmi di sviluppo di un’economia nella quale ambiente, paesaggio e turismo sono fondamentali, non può permettersi il lusso non dico di perdere, ma nemmeno di sottovalutare.
In un momento di così forte penalizzazione per la cultura in tutte le sue forme, che va dalla messa in discussione del ruolo della formazione pubblica all’indebolimento della tutela alla grave riduzione delle risorse per gli enti locali, e, in tutti, alla mancanza di ricambio generazionale e alla non reintegrazione dei posti che si rendono vacanti, con i tagli impressionanti in tutti i settori della cultura che allarmano quanti non solo svolgono attività in questo settore, ma si rendono e ci si rende ben conto di quale possa essere la prospettiva, anche a breve termine, di un Paese che riserva alla cultura un ruolo davvero marginale nella costruzione di una società, è indispensabile, è storicamente indispensabile, che tutte le forze della cultura si uniscano ognuna con le proprie competenze in un lavoro comune, consce che perdere la partita in questo momento non rappresenta la vittoria di una squadra su un’altra, ma che se si perde, si perde tutti insieme e stavolta, col rischio concreto di non avere a disposizione un girone di ritorno.
Nell’inchiesta recentemente pubblicata dall’Espresso e realizzata con la collaborazione, e i dati statistici elaborati dall’ANA nel corso degli anni, il nuovo Direttore Generale del Ministero Luigi Malnati ha ribadito la necessità e l’urgenza delle definizione della professione di archeologo con regole certe e responsabilità definite. Ne siamo lieti perché questo è il nostro pensiero. Le regole le proponiamo, delle poche esistenti chiediamo il rispetto, le responsabilità non ci spaventano affatto e ce ne facciamo pienamente carico, peraltro da sempre.
Chiudo sottolineando che l’immagine alle mie spalle raffigura lo striscione dietro il quale gli archeologi dell’ANA sfileranno a Roma nella manifestazione “Il nostro tempo è adesso. La vita non aspetta” contro il precariato. Sosteniamo tutti i colleghi e in particolari i più giovani che lottano tenacemente per costruire il loro futuro. Il nostro impegno è adesso.
Sanluri, 8 aprile 2011

Giuseppina Manca di More
Presidente ANA Sardegna

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