Le origini di Cagliari
di Carlo Tronchetti e Anna Maria Colavitti
ANFITEATRO
L’anfiteatro romano è uno dei pochi edifici superstiti della Cagliari antica.
È situato nella parte nord occidentale della città, accessibile sia dalla passeggiata di Buon Cammino che dal viale Frà Ignazio, lungo un percorso che partendo dal corso Vittorio Emanuele, sale per via Tigellio (area abitazioni romane) e giunge sino all’Orto botanico che costitusce la propaggine inferiore del grandioso monumento.
Esso è situato sul pendio del Colle di Buoncammino di cui sfrutta la morfologia naturale risultando in parte scavato nella roccia calcarea, in parte costruito con due settori interi della cavea all’estremità dell’asse maggiore, di cui oggi non è visibile alcuna struttura poiché è andata distrutta e depauperata nel corso del tempo. Diversi sono gli elementi caratteristici di questo edificio: l’arena di
dimensioni piuttosto modeste con asse maggiore di m 46,20 circa ed asse minore di m 31, è ricavata nella roccia ad esclusione di una piccola porzione a sud ovest. Dal piano dell’arena si intravedono tre ambienti sotterranei, anch’essi scavati nella roccia, di cui uno centrale allungato e due laterali di forma rettangolare e dimensioni minori rispetto al primo. Il podio separa l’arena dalla cavea ed è parzialmente scavato nel calcare, ma anche costruito in blocchi squadrati.
In corrispondenza dell’estremità nord-est dell’asse maggiore si interrompe per alloggiare un ambiente con nicchie di incerta destinazione, mentre a sud-ovest non insegue più il suo andamento curvilineo, per il crollo di un intero settore in questo punto. Nel podio vi sono otto aperture simmetriche che collegano l’arena con l’ambulacro inferiore: quest’ultimo, voltato, si percorre lungo l’intero perimetro
dell’arena ad esclusione della porzione crollata di sud-ovest. Si compone di due parti di cui una, interna, scavata nel calcare, l’altra, esterna, realizzata in pietra. Ampi nicchioni rettangolari si aprono internamente all’ambulacro inferiore. Da questo si può accedere a due vani di servizio collocati alle estremità sud-est e nord-ovest dell’asse minore, ai corridoi ipogeici ed ai vomitori del primo meniano. A sudest dell’asse minore, un’apertura conduce ad un corridoio dove sono collocate le scale dirette agli ambienti ipogeici. Da questo corridoio si accede ad un altro, più ampio del precedente, che introduce ad un vano di servizio di pianta trapezoidale, voltato a botte, e ad una scala che immette al vomitorio del primo meniano. Il pavimento di questo vano ospita una vasca quadrangolare ricavata nella roccia. A nord-ovest dell’asse minore sono ricavati alcuni ambienti con destinazione d’uso simile a quelli suddetti, ma planimetricamente differenti. Nella parete interna dell’ambulacro inferiore si apre un vestibolo quadrangolare, alla destra del quale sono collocate le scale che conducono agli ipogei.
Nella parete di fondo del vestibolo sono ricavate due porte conducenti rispettivamente: una ad un corridoio ed alle scale di accesso del primo meniano, l’altra ad un vano di servizio. Lungo la parete destra del vano di servizio è scavato un bancone o sedile di incerta destinazione d’uso, mentre una parte collega il vano al corridoio voltato. Dall’ambulacro inferiore si sale ai vomitori della prima precinzione. All’interno di quest’ambulacro si apre un corridoio perpendicolare a fondo del quale è scavato un nicchione simile a quelli dell’ambulacro. Altri corridoi si aprono da quest’ambulacro: il loro significato non è chiaro poiché la lettura di essi risulta compromessa da interventi successivi di difficile interpretazione funzionale e cronologica.
IL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE
Il Museo è situato nella Cittadella dei Musei, piazza Arsenale, nel punto più alto di Cagliari. È stato trasferito nel 1993 dall’antica sede dell’adiacente piazza Indipendenza al nuovo edificio, costruito sopra le fortificazioni dell’arsenale militare spagnolo, inglobandone alcune parti. Si compone di quattro piani di esposizione, di cui, attualmente, solo due aperti al pubblico.
Il piano terra propone una esposizione cronologia della storia della Sardegna, dal Neolitico (6000 a.C.) sino ad epoca bizantina (VIII d.C.), attraverso i materiali delle vecchie collezioni museali. Tra questi spiccano la serie delle statuette di dee madri delle culture preistoriche neolitiche di Bonu Ighinu (4000-3500 a.C.) ed Ozieri (3500-2700 a.C.), con il passaggio dalle forme volumetriche delle prime agli esemplari a placca ed a trafore delle seconde. Di eccezionale importanza ed interesse sono i famosissimi bronzetti nuragici. Rinvenuti in massima parte nell’800 nei due grandi santuari di Santa Vittoria di Serri e di Teti Abini, presentano una
varietà di raffigurazioni che si articolano principalmente attorno ai guerrieri armati di arco o spada ed alle figure di offerenti. Non mancano altre immagini, come quelle dei capitribù, dotati di ampio manto e bastone oppure di divinità femminili sedute che accolgono il defunto tra le braccia. Abbiamo anche raffigurazioni di animali, fra cui prevalgono il toro ed il cervo. Una vetrina è dedicata alle navicelle bronzee nuragiche, rappresentazioni di imbarcazioni ornate da teste di cervo o toro, in diverse forme. Queste barchette sono state trovate anche al di fuori della Sardegna, in tombe etrusche e santuari greci del Lazio e della
Calabria. La datazione dei bronzetti si colloca dal IX sino al VI a.C., mentre le navicelle sembrano arrestarsi al VII secolo. Da notare anche i grandi frammenti di statue di dimensioni superiori al vero rinvenute a Monte Prama, nei pressi di Cabras (OR), databili al VII a.C., che riproducono in pietra alcune raffigurazioni
note nei bronzetti. Tra i materiali punici sono da segnalare gli ornamenti personali:
oreficerie e collane in pasta vitrea (collana di Olbia). Singolari sono le raffigurazioni del dio Bes, rappresentato come una figura grottesca, bassa, panciuta, ma benefica divinità della salute. L’epoca romana presenta le consuete classi di materiali che caratterizzano questa civiltà ovunque essa si sia manifestata: ceramica a vernice nera, a pareti sottili, sigillata italica, gallica, africana, vetri, lucerne e così via. Di interesse maggiore sono i lingotti in piombo,
alcuni dei quali, di età imperiale, presentano il nome dell’imperatore, a segnalare la sua proprietà di queste produzioni. Infine il primo piano si chiude con una breve presentazione dei materiali di epoca vandala e bizantina, prevalentemente oreficerie.
Due pannelli illustrano la monetazione punica e romana attestata nell’isola, mentre lo spazio centrale del piano è dedicato ad una ricostruzione ideale dei tophet di Tharros, con elementi tutti originali. Il secondo piano è dedicato all’esposizione topografica delle scoperte archeologiche nel territorio del Sarrabus-Gerrei (Sardegna sudorientale), a Cagliari e nel suo Campidano. Da segnalare sono i corredi romani di Villasalto, la selezione dei reperti rinvenuti nei complessi nuragici di Barumini e Villanovaforru, i curiosi ritrovamenti di Dolianova, dove rozze placchette in terracotta con la stilizzazione di volti umani sono testimonianza di un culto ad una divinità salutare. Interessante è la ricostruzione di un tetto di epoca romana, compiuta utilizzando tegole deocrate rinvenute in un relitto presso
Villasimius.
La parte principale è dedicata alla città di Cagliari, dai primi ritrovamenti di età preistorica sino all’epoca cristiana, con esposizione di
ceramiche, statuaria, iscrizioni, mosaici. Il terzo piano è dedicato al Campidano centrale ed al Sulcis-Iglesiente. Nella prima parte spicca senza dubbio l’eccezionale complesso rinvenuto presso la chiesa di Santa Anastasia di Sardara, con
pani di piombo, un modello di nuraghe in pietra e tre calderoni bronzei di fattura verosimilmente etrusca. Lo straordinario gruppo di bronzetti di Uta, con il capotribù, gli arcieri ed i lottatori occupa un posto significativo all’interno dell’esposizione. Rilevanti sono pure i materiali da Nora, Su Benatzu, Bithia, Monte
Sirai e Sant’Antioco. Il quarto piano offre al pubblico i risultati delle ricerche nel territorio oristanese. Di notevole interesse è la statuaria nuragica di Monte Prama (Cabras) con frammenti di statue e di modelli di nuraghe. Parimenti interessante è la presentazione della ricca stratigrafia di Cuccuru S’Arriu (Cabras) che corre dal Neolitico, con statuette di dee madri, sino al periodo imperiale romano. Un nutrito gruppo di vetrine è dedicato poi al grande centro di Tharros, ricco di testimonianze dall’epoca fenicia sino al tardo romano, in cui spiccano le oreficerie puniche. Uno spazio apposito è destinato all’esposizione del relitto di Mal di Ventre, che portava un carico di lingotti di piombo iberico.
Fonte del testo e delle immagini dell'anfiteatro: Guida Archeologica di Cagliari,
Carlo Delfino Editore
Le immagini dei bronzetti sono del museo di Cagliari.
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