Storia dei popoli: seminiamo il seme della cultura nei nostri figli perché il futuro è ancora da costruire.
sabato 8 maggio 2010
Sea People - Popoli del mare VIII - "i nove archi"
I nove archi
In ogni testo che canti le lodi del faraone è quasi di rigore che appaia l'augurio che il faraone tenga sotto i suoi piedi i nove archi, ossia le nove razze, che rappresentano per gli egizi l'intero genere umano. Già su un masso di epoca predinastica a Ieracompolis si ritrova questo testo inciso sotto la pianta dei piedi della statua del faraone Gioser, costruttore della prima piramide a gradoni di Saqqara. Lo studioso Vercoutter afferma: sembra che a quell'epoca gli archi designassero l'universo umano sottomesso al re, in opposizione all'universo divino. Nei testi delle piramidi troviamo scritto che come in cielo governano i nove Dei (ossia l'Enneade), così in terra nove sono i popoli che dominano, o da dominare. Il primo dei nove Dei è Ptah, padre degli dei dell'Enneade e creatore del genere umano; i primi della lista dei nove archi sono gli Haou-Nebout. Come potevano le piccole isole della Grecia e i greci stessi con cui gli storici identificano gli Haou-Nebout ricoprire un ruolo simile nella conoscenza egizia, quando appariranno solo nel XVI a.C.? Alla radice della famiglia umana l'Haou-Nebout sembrerebbe ricoprire un ruolo fondamentale. È da questo luogo perduto alla nostra conoscenza che dunque sarebbero partite le migrazioni, e le successive colonizzazioni, determinando così il concetto di nove popoli da cui di discenderanno tutte le genti? Questo è ciò che lascia supporre tale concezione egizia, già manifesta in tempi predinastici. Haou-Nebout significa ciò che sta al di là del Nebout, o ciò che sta attorno al Nebout. Con Haou-Nebout si indicano quindi dei territori, sostanzialmente isole, che si trovano al di là di una vasta area, forse paludosa, con una forte indicazione geografica di settentrionalità e lontananza estrema. Gli egizi inoltre indicano il Nebout come una regione dell'altro mondo, un mondo infernale a cui si accede sempre in barca, come racconta il libro di "Ciò che esiste nel Duat", corrispondente all'Ade dei greci. Ma dove è possibile localizzare l'Haou-Nebout? Gli egizi ne danno una sorprendente collocazione in associazione al Sin-wur: il limite estremo del mondo circondato dall'Oceano, inteso come circolo d'acqua che delimita e circonda il mondo. Questa definizione è vaga, ma come può un luogo inesistente procreare tante genti? Siamo pertanto obbligati ad integrarlo in uno spazio terrestre. Vercoutten ci segnala un testo incompleto della XII dinastia dove troviamo scritto: il Grande Verde dei Neb(ou)tiou. Essendo il Grande Verde identificabile con il mare universale, che nella sua ampia accezione comprendeva l'acqua anche di tutti i fiumi, siamo certi che gli egizi intendessero comprendere anche il Mediterraneo. E' nel mezzo del Grande Verde, racconta il papiro Chester Beatty, che avvenne il mitico scontro fra Horus e Seth. Si nota un legame profondo fra l'Egitto con il suo mito fondamentale e il "cuore del Grande Verde", che sappiamo essere parte dell'Haou-Nebout. Viene spontaneo associare il concetto di Nebout, localizzato nelle più remote distese marine, a quello di pelagos e quindi ai pelasgi ed infine ai pelasti (peleset-filistei) che provenienti dall'Haou-Nebout invaderanno il Mediterraneo nel 1200 a.C. L'Haou-Nebout è uno spazio molto vasto abitato da un insieme di razze con cui gli egizi ebbero rapporti fondamentali, poiché fondamentale appare il ruolo di questo termine che dagli albori percorre l'intero arco della civiltà egizia.
Nell'immagine sopra la Tomba del gran visir Reckmire
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