Civiltà nuragica. Le finestrelle dei nuraghi
di Pierluigi Montalbano
Il dibattito sulla funzione dei nuraghi non può prescindere dalla presenza di finestrelle di varie forme presenti nelle torri nuragiche. Avendo deciso di realizzare un articolo tra il serio e il faceto, inizio subito con una proposta che immagina le nobildonne nuragiche, mogli dei proprietari delle torri, al centro dell’importante decisione architettonica. Le finestre delle torri laterali servivano a tenere costantemente in vista gli uomini di corte, onde evitare che le bellezze locali ancora da maritare, alcune delle quali come è noto si aggiravano a seno scoperto nel villaggio adiacente, concupissero i nobili ragazzotti che, disarmati davanti a cotanta grazia, dimenticassero il loro status sociale (erano pur sempre figli del padrone della torre) e avventatamente decidessero di convolare a nozze senza badare alla classe subalterna delle giovani villane.
Ritornando all’archeologia e al dibattito sulla funzione reale di questi "accessori" architettonici, le due tipologie principali di finestrelle si trovano sull’architrave dell’ingresso (cosiddetta di scarico) e intorno ad alcune torri laterali.
La prima avrebbe la funzione di scaricare dal peso della muratura sovrastante l'architrave stesso ripartendo lo sforzo nelle estremità anziché al centro dello stesso. Le finestrelle di scarico sono peraltro ricorrenti in tutte le architetture a tholos del Mediterraneo.
Tuttavia lo spessore degli architravi è considerevole e l'utilizzo dell'accorgimento con questo intento, non apporta un effettivo beneficio statico alla costruzione. Inoltre, nelle costruzioni ciclopiche con pietra non lavorata, i carichi non sono uniformemente distribuiti ma si trasmettono solo nei punti di contatto tra una pietra e l'altra rendendo difficile prevedere il carico effettivamente subito dall'architrave. In molti nuraghi si notano architravi rotti ma ancora in sede nonostante la presenza dello spiraglio di scarico. L'ipotesi più logica è che questa apertura serviva a far passare la luce e l'aria, infatti sono poste proprio nel punto in cui il sole produce gli effetti più duraturi, esattamente orientate come oggi un tecnico sistemerebbe i pannelli solari (o fotovoltaici) per godere della maggior quantità di esposizione solare possibile. Altre finestrelle si trovano talvolta anche nelle camere interne dei nuraghi, particolarmente sulla sommità delle nicchie laterali, forse utilizzate per alloggiare delle travi in legno che sostenevano soppalchi. Avanzate leggi della statica sono peraltro espresse in alcuni nuraghi, ritenuti un'anticipazione dell'arco, come nel caso del nuraghe Longu a Chiaramonti, dove l'architrave è sostituito da due massi che lavorano in opposizione, o nel nuraghe Voes di Nule dove l'architrave è sorretto da appoggi a mensola.
Per quanto riguarda le finestre presenti nello spessore del paramento murario di alcune torri, ingenuamente attribuito da alcuni archeologi militaristi a una fantasiosa funzione difensiva, ossia individuare il nemico e colpirlo con le frecce attraverso le finestre stesse, ritengo che non sia nemmeno il caso di approfondire per evitare di essere preso per burlone.
Per usare le parole del Pittau, non occorre molto acume né profonda conoscenza delle cose militari per notare quanto sia anacronistico – e pure umoristico - l’uso di espressioni tipiche dell’arte militare dei tempi moderni che sono state riferite ai tempi della civiltà nuragica e con particolare riferimento al Nuraxi di Barumini:
«proiettili di grosso calibro, missili incendiari, munizioni, batterie d’assedio, batterie di fortini, tecnica della batteria, bocche d’arco, bocche di lancio, bocche da tiro, cortine frontali, tiro incrociato delle feritoie, piazzola di tiro, centrale di comando delle operazioni di tiro, centrale di tiro e di comando»...
Di fronte a questo sfoggio di aggiornata terminologia militare modernissima, verrà spontaneo al lettore di chiedere se i proiettili che adoperavano i Nuragici erano a testata nucleare oppure all'uranio impoverito...
La tesi della destinazione militare dei nuraghi mostra di tentennare fortemente e di cadere proprio in pieno ridicolo con la questione di quelli che sono chiamati «nuraghi a corridoio».
Pittau prosegue dicendo che gli archeologi militaristi attribuiscono a questi nuraghi a corridoio due differenti funzioni militari: da una parte avrebbero costituito un nascondiglio sicuro per i difensori che vi si fossero rifugiati, conoscendone a perfezione la pianta inusitata, dall’altra avrebbero costituito altrettante trappole per gli assalitori, i quali avrebbero potuto essere facilmente colpiti, nel buio o nella penombra generale, dai difensori appostati nei diversi vani. Ecco come sull’argomento si è espresso uno degli archeologi militaristi:
«Il nemico veniva attratto nella profondità di questi lunghi e lunghissimi corridoi, tenuti volutamente in uno stato di semioscurità, e, una volta addentratosi nel tranello di quegli angusti passaggi, veniva repentinamente assalito dai gruppi di armati annidati nelle garette dell’andito. L’incauto assalitore era preso in mezzo, aggredito di fianco e di spalle di garetta in garetta e veniva abbattuto a colpi di pugnale in una stretta colluttazione. Che se, poi, a eliminare il pericolo dell’incursione nemica non fosse bastato il nerbo di uomini di guardia nel corridoio inferiore, accorrevano in soccorso, per le scale, i soldati di scolta appostati nel piano superiore o nel terrazzo e annientavano l’ultima disperata resistenza con lo sterminio totale».
E si tratta di un brano nel quale è da rimarcare il fatto che nei nuraghi a corridoio la difesa era tanto ben organizzata e ad effetto del tutto sicuro, che assomigliava a una moderna catena di montaggio, la quale ti prendeva l’incauto assalitore vivo e, dopo un più o meno lungo processo di manipolazione, te lo restituiva morto.
Ma, dice Pittau, l’archeologo-stratega imperterrito ha continuato:
«Riconosciamo per lo più in questo tipo di nuraghe una costruzione di carattere militare, nel quale le cellette e i corridoi servivano per attrarre il nemico e abbatterlo nella semioscurità dei vani. Sono una sorta di nuraghi-trappole nei quali l’offesa si affida all’agguato insidioso di piccole unità mobili abituate ai colpi di mano e alla lotta a corpo a corpo col nemico che attacca di sorpresa in rapide scorrerie».
Senonché, prosegue Pittau, a mettersi dal punto di vista dei difensori, è assurdo pensare che essi sarebbero andati a rifugiarsi e nascondersi dentro un edificio esposto in bella vista ai nemici, entro il quale la trappola sarebbe scattata a danno loro e non degli assalitori. E pure dal punto di vista degli assalitori è ancora assurdo pensare che essi si sarebbero avventurati entro i cunicoli bui o semibui dei nuraghi a corridoio; e, dato ma non concesso che potessero commettere questa imprudenza o ingenuità uno o due assalitori, sicuramente non l’avrebbero ripetuta tutti gli altri loro compagni. Anzi, nemmeno uno sarebbe entrato, dato che nel perenne stato di guerra in cui si sarebbero trovate le varie tribù, ciascuna di esse conosceva alla perfezione le armi di offesa e di difesa dell’avversario. E anche in questo caso gli assalitori non avrebbero mancato di accendere un grosso fuoco all'ingresso del nuraghe a corridoio, costringendo i difensori ad arrendersi oppure asfissiandoli e bruciandoli come altrettanti topi entro la trappola. Si deve osservare un fatto assai curioso: pur appartenendo sia i difensori sia gli assalitori alla medesima e unica etnia nuragica, nella continua guerra ipotizzata dagli archeologi militaristi i difensori risultavano essere grandemente intelligenti, mentre gli assalitori risultavano essere grandemente cretini.
Dopo questa panoramica che testimonia l’inutilità militare delle feritoie, è evidente che l’unica spiegazione possibile è quella di aperture utili al ricambio d’aria nelle stanze. A questo scopo si aggiunge quello dell’orientamento, finalizzato a individuare i movimenti degli astri e determinare il ritmo delle stagioni e delle ore.
Nelle immagini le finestrelle di Su Mulinu a Villanovafranca e Su Piscu a Suelli.
se "l'unica spiegazione possibile è quella di aperture utilili al ricambio dell'aria nelle stanze" come mai alcuni ambienti hanno un numero considerevole di aperture "feritoie", altri solo uno e la maggior parte nessuno verso l'esterno.
RispondiEliminaSaluti
s. idda
Nel mio salone ho 3 finestre, in cucina 1, in bagno 1 piccola e nello sgabuzzino nessuna.
RispondiEliminaNel "Voes" di Nule, ciò che tu interpreti come "due mensole a sostenere l'architrave" sono l'esito di un taglio (gesto egoistico e vandalico) effettuato per per fare passare il bestiame, dato l'estremo interramento del monumento.
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