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martedì 16 novembre 2021

Archeologia della Sardegna. Il nome e l’origine del nuraghe nella letteratura antica. Articolo di Giovanni Ugas.

 Archeologia della Sardegna. Il nome e l’origine del nuraghe nella letteratura antica.

Articolo di Giovanni Ugas.

Il mondo dei nuraghi è un fenomeno per più versi straordinario nell’ambito dell’archeologia preistorica e protostorica della Sardegna e del Mediterraneo. Nell’Ottocento il canonico Giovanni Spano riconduceva il nome nuraghe a un termine fenicio significante “luce, fuoco”, ma la diffusione sistematica del radicale nur- anche nelle zone interne della Sardegna toglie qualsiasi incertezza sulla sua origine prefenicia. In effetti, la radice nur-, che talora appare nella forma nor-, è presente in parole come nurra “cavità o cumulo di pietrame” e in numerosi toponimi isolani (Nuraccàra, Nuraddha, Nuràminis, Nuratze, Nurecci, Nurra, Nurri, Nora, Noragùgume, etc.). È palese che la parola sarda logudorese nurake/nuraghe, non diversamente dal campidanese nuraxi/nuracci e dal gallurese naracu, continua un vocabolo risalente almeno all’età del Bronzo, già attestato nella forma nurac nell’iscrizione romana del nuraghe Aidu Entos di Bortigali in provincia di Nuoro, che fissava uno dei confini tra le popolazioni protosarde degli Iliesi e dei Balari. Il radicale nur- si riscontra anche in nomi geografici extrainsulari che indiziano antiche parentele culturali e antropiche con la Sardegna, come Nura, antico nome preromano dell’isola balearica di Minorca, attestato nell’Itinerarium maritimum, Nursia, nell’Etruria meridionale e Nure “rio, bosco” su un’antica via commerciale dell’Appennino emiliano percorsa dagli

Etruschi, e diversi toponimi a base nor- (Nori, Norea, etc.) dell’Italia centro-settentrionale. Circa l’etimologia, in considerazione del fatto che il termine nuraghe è in rapporto con l’architettura, è possibile che, al pari della radice tur- cui si connettono il latino turris, il sardo turra “mestolo” e il corso torra “torre”, anche la radice nur- significasse “girare, voltare” e che pertanto il vocabolo nurac corrispondesse esattamente alla parola tholos, usata dagli antichi Greci (pseudo Aristotele) in riferimento agli edifici sardi con la volta. Riguardo alle origini della costruzione, gli scrittori greci ci hanno lasciato il termine nuraghe nel nome dell’eroe eponimo Norax, ecista della città di Nora, considerato miticamente figlio del dio Hermes e della lunare dea rossa occidentale Erizia, eponima di una terra iberica, a sua volta ritenuta figlia di Gerione e discendente di Medusa, antica dea-regina dei Sardi. Secondo Pausania (X, 17, 5) l’antenato Norax guidò in Sardegna gli Iberi, un popolo che si tende a riconoscere nei bellicosi gruppi di individui brachimorfi indoeuropei pervenuti nell’isola nei tempi tardo-eneolitici della Cultura del Vaso Campaniforme, più evidenti sul piano fisico rispetto ai gruppi della facies di Sant’Iroxi che usano grandi spade affini a quelle iberiche (Cultura di El Argar). Questi Iberi vanno identificati nei Balari che ancora in età punica e romana abitavano la Nurra e altre terre della Sardegna Nord-occidentale e che per i costumi, oltre che per il nome, erano assimilabili ai Balearici dell’arcipelago che comprendeva l’isola di Nura (Minorca). Ancora in età punica e romana, i Balari erano interposti tra gli Iliesi del centroSud e i Corsi del Nord-Est (l’odierna Gallura) giunti in precedenza. È dunque verosimile che il nuraghe abbia una matrice iberica, se non l’edificio almeno la parola che lo identifica. A parte la tradizione su Norax, gli storici e i geografi dell’antica Grecia non menzionano direttamente i nuraghi col termine indigeno ma ad essi si riferiscono palesemente quando parlano dei magnifici tholoi edificati dall’ateniese Dedalo, artefice per eccellenza della mitica età del Bronzo, chiamato in Sardegna da Creta ora da Aristeo ora da Iolao, eroi della Beozia, attribuiti l’uno al XV e l’altro al XIV-XIII secolo a.C. In particolare, Iolao sarebbe stato la guida dei Tespiadi, figli di Eracle, fondatori delle dinastie regie degli Iolaioi. Invero, Diodoro Siculo e altri scrittori chiamavano Iolaioi, assegnando ad essi un’origine greca, gli Iliesi, abitanti a Sud del Tirso, che invece Pausania riteneva più propriamente d’ascendenza preistorica mediterranea (libio-egizia), attribuendo ad essi come guida primordiale Sardo. I Romani, a loro volta, per giustificare pretestuosamente l’annessione della Sardegna, rivendicavano per gli Ilienses o Iliei, un’origine da Ilio (Troia), la stessa del loro antenato Enea. I Romani respingevano dunque una possibile relazione dei Sardi con la città di Sardi e con la Lidia, che Erodoto (V sec. a.C.) indicava come la patria degli Etruschi per giustificare un invocato, ma mai avvenuto, attacco contro l’Occidente (Etruria, Sardegna e Cartagine) da parte dei Persiani, padroni della stella Lidia e della Ionia dov’era nato lo storico, smaniosi di realizzare il loro disegno di impero universale


Fonte: Corpora delle antichità della Sardegna, La Sardegna Nuragica, storia e materiali, Carlo Delfino Editore, 2014.

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