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martedì 27 aprile 2021

Cartografia nautica. Amerigo Vespucci e le carte del primo Cinquecento. Articolo di Rolando Berretta

 Cartografia nautica. Amerigo Vespucci e le carte del primo Cinquecento.

Articolo di Rolando Berretta

Iniziamo con l’illustrare cos’era la chiesa di S.Salvatore per Amerigo Vespucci.

(Da Wikipedia: Le origini gli Umiliati).

La chiesa, iniziata nel 1251 faceva parte del complesso conventuale degli Umiliati, un ordine giunto a Firenze da Alessandria nel 1239. Anche se la loro regola era stata approvata da papa Onorio III, l'ordine si era costituito nell'ambito dei movimenti pauperistici ai limiti dell'eresia. Gli Umiliati si affermarono come congregazione laica maschile e femminile, dedita alla perfezione evangelica ed alla povertà, ma specialmente al lavoro che era parte integrante della vita dei religiosi, impegnati soprattutto nella lavorazione della lana e del vetro. A Firenze gli Umiliati si stabilirono prima fuori città, presso san Donato in Polverosa, quindi presso la chiesetta di Santa Lucia (1251), estendendo gradualmente le loro proprietà fino a comprendere un oratorio sul borgo  (cioè su una strada fuori della vecchia cinta muraria), dove fecero costruire la loro chiesa ad honorem Sanctorum Omnium e il convento; il complesso venne portato a termine dal 1278 al 1294. La zona era particolarmente adatta alla lavorazione della lana, perché all'altezza della porta alla Carraia, dove il Mugnone sfociava nell'Arno, c'era un'isoletta che formava un canale utile per ricavare l'energia idraulica per mulini e gualchiere. Per favorire tale sfruttamento, gli Umiliati costruirono la pescaia di Santa Rosa, insieme a un ricco sistema di canali. Il loro convento era dunque un vero e proprio centro del lavoro organizzato e il paesaggio urbano circostante venne caratterizzato da edifici legati all'attività produttiva dei religiosi, assieme alle

case per gli artigiani ed ai tiratoi dove si "tirava" la lana, cioè la si lavava dopo la tintura e la faceva asciugare. Per il loro prestigio, alla fine del Duecento gli Umiliati furono chiamati a ricoprire importanti cariche pubbliche. Intanto la chiesa si andava arricchendo di opere d'arte di straordinario pregio, grazie anche al mecenatismo delle famiglie del quartiere, che avevano raggiunto una solida posizione economica e sociale. All'inizio del Trecento la chiesa era così ricca da intraprendere un prestigioso programma decorativo, che aveva il fulcro nell'attività di Giotto: intorno al 1310 veniva posta sull'altar maggiore la Maestà ora agli Uffizi, la Croce dipinta e, dal distrutto coro dei monaci, la Dormitio Virginis oggi a Berlino.In quegli anni Ognissanti era anche un fervido centro dell'attività politica repubblicana: qui si radunarono i congiurati contro Giano della Bella, tra i quali c'era anche Dino Compagni.

Il Quattrocento

Nel Quattrocento, lavorarono in Ognissanti Sandro Botticelli (che nella chiesa è sepolto) e Ghirlandaio. In particolare il Ghirlandaio era stato assoldato dalla famiglia Vespucci, di cui faceva parte anche il famoso Amerigo, il navigatore che diede il suo nome all'America. Per loro affrescò una Pietà e una Madonna della Misericordia e anche l’Ultima Cena nel refettorio.

Ed ecco il nostro Amerigo, giovincello, sotto il braccio destro della Madonna.

Abbiamo visto il primo elemento, fondamentale, per capire…. la mitica Carta Cantino.


Secondo Elemento: L’Abadia (Abbazia : dove c’è un Abate) è diventata una Abaida poi una Baia.

 Un altro elemento, da considerare, è il modo di datare una carta di Vesconte Maggiolo.

Questa carta la troviamo, solo in copia, nella biblioteca Ambrosiana di Milano:  ci sono due date.

-in Genova anno Dm 1527 giorno 20 dicembre  /  -in Genova de anno Dm 1524 giorno X agosto.

Giovanni da Verrazzano partì il 17 gennaio del 1524 e il giorno 8 luglio, dello stesso anno, mandò la sua lettera a Francesco I. Vorrei attirare la vostra attenzione, solo, sul significato DE ANNO. Sarà utile più avanti.

Altro elemento, per capire, lo troviamo nel libro : Amerigo Vespucci e i mercanti viaggiatori fiorentini del cinquecento;  a cura di Margherita Azzari e Leonardo Romboi (del 2013).

Oltre a baia de tuti li sancti le fonti cartografiche registrano in questo tratto ben undici toponimi riconducibili alla spedizione del 1501-1502. La loro identificazione è tuttora oggetto di discussioni. Solo sul Rio de San Francesco non ci sono mai stati dubbi: il nome fu evidentemente attribuito il 4 ottobre al fiume che tuttora si chiama così e che è – e apparve- l’elemento fisico più saliente di tutto il litorale. Ultima tappa di questa parte dell’itinerario fu l’ampia insenatura in cui oggi si specchia Salvador de Bahia. In passato vi è stato chi ha proposto di attribuirne la scoperta al quarto viaggio riferito dalla Lettera al Soderini. Ma sarebbe bastato osservare che il toponimo è registrato nella Carta Cantino, sicuramente anteriore alla fine del 1502, per escludere tale datazione.

Se non leggo male, quel toponimo, che è nella Carta Cantino, dimostra che Amerigo è un impostore? E chi potrebbe averlo dato quel nome? (il nodo è arrivato al pettine!)

Sarebbe bastato, dico io, osservare le grafie per notare che, oltre al rattoppo, una seconda mano ha riportato del testo successivamente.  

Sentiamo il parere della Prof.essa Patrizia Licini a riguardo della Carta Cantino

…Da ogni punto di vista, ciò che Cantino scrive al Duca Ercole nella lettera certamente autografa già da Roma nel novembre 1502 non è compatibile con la frase «Charta da navigar per le isole novame[n]te t[ro-vate] in la parte de l’India dono di Alberto Cantino al S. Duca Hercole» che leggiamo sul retro di detta carta nautica oggi a Modena. La frase non è di Cantino per una serie di ragioni. 1. La frase è anonima, in una scrittura corsiva che è indubbiamente diversa da quella gotica che figura su tutta la carta nautica oggi detta del Cantino, e certamente posteriore alla datazione di questa. 2. Inoltre nella lettera da Roma, Cantino annuncia al Duca Ercole di avere chiesto al Cattaneo al ritorno a Genova un anticipo sulla somma sborsata per acquistare la carta in Portogallo, perché era rimasto senza soldi e la carta gli era costata 12 scudi d'oro in oro (dice proprio così), ma è talmente bella che, anche se cara, il Duca l'apprezzerà. Dunque questo NON è un dono di Cantino, come la frase anonima arbitrariamente si permette di dire, perché gli è costata 12 scudi che vuole riavere dal Duca. E chi ha scritto quella frase non era a conoscenza di questa lettera autografa del Cantino. 3. Un documento è autenticato da un notaio di tipo latino il quale, essendo pubblico ufficiale autorizzato ad attribuire fede pubblica ai documenti, ha il potere pubblico di garantire con il suo sigillo che il sottoscrittore è veramente lui. Ma nella frase anonima sul retro della carta non troviamo né la firma di chi la scrisse in un anno non dichiarato, né tanto meno la certificazione di un notaio. E, per di più, né sul retro né sul davanti della cosiddetta Carta Cantino noi possiamo trovare un nesso, seppur minimo, un legame che leghi il nome Cantino ad essa. Niente di Niente. Anzi, nel disegno geografico anche io vedo quella gigantesca vignetta urbana di Venezia che mi fa propendere per un cartografo di Venezia quale autore del lavoro, a parte la impiastricciata di pergamena aggiuntiva incollata per 2,5 cm (!) proprio lungo la costa del Brasile dove Vespucci svolse il quarto viaggio del 1503-1504, il secondo per Emanuele il Re di Portogallo per il mare antartico. Insomma, l'autore della frase sul retro della cosiddetta Carta Cantino può essere chiunque senza la minima garanzia di verità, tra Cinquecento e Ottocento. 4. Ercole I da Este, il Duca di Ferrara, da circa un anno era il consuocero di Papa Alessandro VI Borgia. Allora mi chiedo: che necessità avrebbe avuto il Duca Ercole di far trafugare una carta nautica in Portogallo dal suo agente Cantino (un gentiluomo ammesso alla corte del Re del Portogallo), addirittura fatta fare da un autore bravissimo che però volle tenersi nascosto per paura della pena di morte imposta da Re Emanuele su chi rivelava i segreti delle navigazioni, quando a Roma il consuocero del Duca Ercole era il Pontefice di tutti i Cristiani, il Signore del mondo al quale doveva essere comunicato per primo il risultato di ogni scoperta geografica transoceanica?5. Gli inventari della Biblioteca estense furono redatti da un notaio soltanto nel 1597 per il passaggio del patrimonio a Cesare da Este; carte geografiche e planisferi inventariati ammontano a circa 100. In conclusione anche io come Lei (che sarei Io) penso ad un archivista che scrisse quella frase sul retro nell’Ottocento nella biblioteca di Modena.

Detto in parole povere: Alfonso d’Este, il primogenito  di Ercole, sposò, nel dicembre del 1501 Lucrezia Borgia. Il Cantino, nel 1502, che ci faceva a Roma? Ercole d’Este morì il 25 gen 1505.

A questo punto dico la mia opinione. Alberto Cantino lasciò la Carta, comprata in Portogallo, a Genova. Juan de La Cosa l’aveva già vista e utilizzata per disegnare il suo celebre capolavoro nel 1500. I genovesi Nicolò Caveri e Vesconte Maggiolo la utilizzarono per le loro carte. Quella carta è rimasta a Genova. Basterebbe osservare, in queste ultime due carte, l’emisfero centrale per avere un’idea di che carta si trattasse. Il “dono” di Alberto Cantino ha due elementi che negano la provenienza portoghese. A parte la gigantografia di Venezia, c’è l’isola di ISABELLA (Cuba) che sarebbe la Giovanna di Colombo. Nessun portoghese, o spagnolo, avrebbe usato quel nome in italiano. Se osserviamo il portolano dei fratelli Pizzagano (1367) scopriamo che, i veneziani, la parola –isola- la abbreviavano in Ya. Ya Bella sta per -isola Bella-. Quindi, io, la leggerei Is.a Bella.

Altro elemento, che dimostra che cos’è la Carta Cantino (il dono), sarebbe lo schema.


Dicono che Caveri abbia copiato la Cantino. Mettiamo in chiaro la faccenda: mentre Caveri, Juan de La Cosa, Maggiolo etc etc (compreso Piri Reis) usano schemi con giro di compasso da 26 unità, nella sola carta Cantino hanno usato giri di compasso da 24 unità. L’autore: bravo ma poco pratico.

A Fano si conserva una carta di Vesconte Maggiolo. La datazione recita: …de anno Dm 1 5 4 die VIII giugno.  Perfetto.  Per me, quella data, era precisa. Invece se correggo 8 giugno con il 18 giugno del 1504 trovo la data della fine del IV viaggio di Vespucci.


E, se ci rifletto bene, sempre nella carta di Fano, trovo il nome del comandante portoghese; che non riporta la Lettera al Soderini.

TERA DE -CONSALVO COIGO- VOCATUR SANTA CROXE.

Si dice che Consalvo Coigo sia Gonzalo Coelo; altro oscuro personaggio messo bene a fuoco da Giuseppe Caraci nella metà del secolo scorso.

 Il tutto per spiegare l’importanza “DE ANNO” dell’anno! E, per fare una carta, occorrevano un paio di anni. La carta conservata alla Biblioteca Ambrosiana lo dimostra. 

 


Se metto il meridiano di Roma al centro di una carta moderna e misuro 90° a ovest trovo un pezzo di Cuba. Se vado a 90° a est di Roma trovo il Golfo del Bengala. Le loro carte sono precise. Sono 180° precisi precisi.

 (osservare dove cadono l’Equatore, i Tropici e il C.P.Artico nello schema di Vesconte Maggiolo!)

 Ptolomeo aveva affermato che il diametro della Terra era di 24.000 miglia romane e che da Capo Verde al Golfo di Cattigara erano 180°.  Per i cartografi del primo 500 restò da completare l’altro emisfero da 180° considerando che, quelle a Occidente, erano sempre le terre del Gran Can.

 Solo Amerigo Vespucci aveva fatto notare che, quelle terre da lui esplorate, col Catai di Marco Polo non avevano nessuna attinenza. Uomini, Flora e Fauna erano completamente diversi. Quello era un Nuovo Mondo.


Adesso passiamo al viaggio di Verrazzano; alla lettera spedita da Dieppe in data 8 luglio 1524. (Era partito con la sola Dalfina).  Riporto la sola toponomastica. Iniziamo da 34° come Cartagine e Damasco. Selva dei Lauri. Campo dei Cedri. Annunziata. Istimo Verrazziano; oltre il quale si vedeva il Mare Orientale che bagna l’India, la Cina e il Catai. Quella terra fu ribattezzata Francesca. Arcadia. Costa di Lorena. Promontorio Lanzone. Promontorio Bonivetto. Grande fiume Vandoma. Il monticello a picco sul mare Polo. Grande fiume navigabile con un bellissimo lago: la terra fu chiamata Angoleme e la baia Santa Margherita. L’isola Aloisia. Altra isola davanti insenatura fu chiamata Rifugio. Siamo sul parallelo di Roma 41gradi e 2/3. Uno scoglio La Pietra Viva. Segue Iovium promontorium. Poi le scogliere Armellini. Poi Promontorio Pallavisino. Arrivati a 43 gradi e 2/3 trovarono una terra con gli abitanti ostili. Trovarono 32 isole; le più grandi le chiamarono Le Tre Figlie di Navarra.  A 50° arrivarono alle terre scoperte dai Britannici  (Caboto).

Adesso, con questa toponomastica, ritorniamo alla carta conservata alla Biblioteca Ambrosiana. Quella de anno Dm 1524 il giorno 10 agosto. Abbiamo l’Annunziata e le tre isole delle Figlie di Navarra.  Poi un Dorius promontorius (fam. Doria?) e un’isola Maiollo genovesa.

Carta Rosselli:



 

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