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lunedì 7 dicembre 2020

Epigrafia: Graffiti e iscrizioni nelle aree archeologiche di Castellammare di Stabia. Iscrizioni parietali di Stabiae di Antonio Varone, 2020 Roma, L'Erma di Bretschneider collana di Studi e Ricerche Parco Archeologico di Pompei, 39, pagine 304, 1024 ill. b/n (formato 24 x 27). Recensione di Felice Di Maro

Epigrafia: Graffiti e iscrizioni nelle aree archeologiche di Castellammare di Stabia.

Iscrizioni parietali di Stabiae di Antonio Varone,  2020 Roma, L'Erma di Bretschneider collana di Studi e Ricerche Parco Archeologico di Pompei, 39, pagine 304, 1024 ill. b/n (formato 24 x 27).

Recensione di Felice Di Maro

 


L’epigrafia parietale campana è stata in massima parte sempre identificata con iscrizioni e graffiti ritrovati a Pompei ma anche nel suo suburbio e ad Ercolano, ben oltre mille, che sono state pubblicate da Matteo Della Corte con un corpus comprendente le scoperte fino al 19531. Quelle successive sono state continuamente pubblicate ma oggi, per quelle di Stabiae, con quest’opera di Antonio Varone che comprende circa 600 testi si offre un’edizione davvero esaustiva e filologicamente ineccepibile di tutti i graffiti rinvenuti fino al 2014 come ha scritto nella prefazione Massimo Osanna, Direttore ad Interim del Parco archeologico di Pompei e Direttore della Collana Studi e Ricerche Parco Archeologico di Pompei che comprende questa edizione (la n.39) pubblicata dall’editore L'Erma di Bretschneider di

Roma.   

Pompei è stata sempre il centro dell’indagine scientifica dell’epigrafia romana, continuamente sollecitata da nuove iscrizioni e graffiti. Sia chiaro. Non vi è altro luogo al mondo dove l’archeologia non solo possa essere visionata e approfondita ma anche insegnata e non solo in campo e con l’ausilio delle nuove tecnologie informatiche e per quest’ultima, oggi, anche a distanza. La letteratura archeologica di Pompei è vasta e viene pubblicata almeno per una serie di opere anche in varie lingue e di fatto il Parco archeologico di Pompei è un centro internazionale di ricerca archeologica.

Antonio Varone con quest’opera, Iscrizioni parietali di Stabiae, rilancia all’attenzione degli studiosi le iscrizioni parietali e i graffiti che sono state rinvenuti in alcune ville di Castellammare di stabia, come la Villa di San Marco, Villa Arianna, Villa del Secondo Complesso, delle quali ne presenta anche Impianto e fasi di costruzione. Il corpus comprende anche quelle che sono state rinvenute in varie aree archeologiche di Castellammare di Stabia. Si tratta di un corpus poco conosciuto, diversamente da quello di Pompei, anche se alcune iscrizioni e graffiti sono state pubblicate come si dichiara nella presentazione (p. IX, nota 1) ma vengono riprese con nuove analisi. Prima di presentare alcune informazioni sul volume penso che sia d’interesse ricordare qui, ciò che sui graffiti Marcello Gigante dichiarò nel 1979:

«Si voglia o non si voglia adoperare il termine graffitologia, i graffiti costituiscono una parte ormai cospicua dell’epigrafia e hanno caratteristiche proprie sia dal punto di vista grafico sia per il contenuto. Non sono limitati né all’antichità né nell’antichità a Pompei, ma a Pompei sono sopravvissuti in quantità e qualità notevoli. Possiamo lamentare che molti graffiti una volta letti siano andati distrutti e che non si sia proceduto a preservarli almeno in calchi o (appena possibile) fotografie, ma si può forse sperare che un giorno avremo una graffitoteca e una collezione di fotografie al passo con le scoperte che continuano a verificarsi».

Oggi possiamo dire che queste considerazioni di Gigante, proprio con questa pubblicazione di Varone almeno per i graffiti di Stabiae sono state accolte perché hanno avuto un’adeguata pubblicazione con foto, disegni e quant’altro e, al riguardo di Pompei, Varone sta preparando anche un nuovo fascicolo per i nuovi graffiti ritrovati a Pompei. C’è però un aspetto che Gigante ha messo all’epoca in evidenza riguardo ai graffiti. Scrisse -come è stato riportato- che, Non sono limitati né all’antichità né nell’antichità a Pompei. Al riguardo ecco il testo con il quale ha aperto il volume Civiltà delle forme letterarie nell’antica Pompei2:         

Ho dato vita ai muri

Gli ho dato voci
perché mi facciano un po’ di compagnia
I secondini cercano e ricercano
dove trovai la tinta
I muri della cella
tengono il segreto
I mercenari frugano e rifrugano
e non trovano la tinta
Non gli è venuto in mente
di frugarmi le vene.
(A. Panagulis, Vi scrivo da un carcere in Grecia, Milano 19742, p.153: da nota 1 p.9 op.cit. 

Più volte mi sono chiesto del perché, Gigante, abbia messo all’inizio del suo libro e in prima pagina, e proprio di un libro sulle forme letterarie di Pompei, un testo che ha significati da shock almeno per me. Sinceramente anche se l’ho incontrato più volte non gliel’ho mai chiesto. Oggi ho un’idea che presento qui: in fondo Pompei come tutte le altre città sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 è una testimonianza di tragedia, certo non tanto similare a quella di Panagulis ma sempre tragedia è stata. I graffiti di Stabiae raccontano tratti reconditi della vita dell'epoca e offrono bagliori insperati su quelli che sono stati i microcosmi sociali delle megastrutture d'otium delle note ville romane nelle campagne di stabia, sono testimonianze di vita e l’antico e il moderno per i graffiti di Stabiae sono anche lineamenti d’immagini di vita datate con una cronologia diversa da quelli dell’era degli scavi borbonici del Settecento, e al riguardo, proprio il prof. Osanna, sempre nella prefazione citata, ha scritto:

Cosa meno scontata è che le pareti fossero pervase anche di graffiti di epoca moderna, all’epoca dei primi scavi borbonici nella seconda metà del XXVIII secolo.

Ecco, che a Stabiae la fase antica e quella moderna, l’archeologia le ha scoperte insieme sugli stessi muri. L’Autore nella presentazione, p. IX, analizza questo fenomeno e invita a considerare come i mercenari ionici che sotto Psammetico risalirono il Nilo, lasciando ricordo di sé su una colossale statua egiziana davanti al gran tempio di Abu Simbel, hanno avuto un comportamento similare a quello degli scavatori borbonici e così continua: e tali graffiti, (in riferimento a quelli di stabiae) ormai appartenenti alla realtà storicizzata della casa stessa, offrono non di rado bagliori che illuminano la temperie dell’epoca. Nella nota 2 (p. cit.) presenta le fonti bibliografiche che documentano dove questo fenomeno si è verificato. Si tenga conto che, o che sia un’iscrizione parietale anche completa, oppure testi bilingue con gli alfabeti greco e latino che si scambiano anche per una stessa parola, o anche che siano testi d’indicazione di prove "scolastiche" di discepoli a livelli diversi d' istruzione, nonché testi che sollecitano analisi onomastiche, impegneranno gli studiosi del futuro.

Ricordo che gli scavi borbonici eseguiti nell’area vesuviana sono stati eseguiti tramite pozzi e con cunicoli che attraversavano i vari ambienti: lavoravano in prevalenza ergastolani. Anche Alexandros Panagulis (Glifada2 luglio 1939 - Atene1 maggio 1976) era in prigione quando postava i suoi graffiti sui muri della sua cella. Panagulis è stato un poeta greco ma anche un politico rivoluzionario e si è battuto contro la dittatura dei colonnelli. È considerato un eroe nazionale della Grecia moderna. Come è noto, a causa del suo fallito attentato contro il dittatore Geōrgios Papadopoulos (1968) venne arrestato, torturato e imprigionato a lungo, fino alla sua liberazione nel 1973 dopo una mobilitazione internazionale. Dopo un periodo di esilio in Italia, divenne deputato al parlamento greco per il partito liberaldemocratico Unione di Centro nel 1974, ma morì due anni dopo in un misterioso incidente stradale.

L’opera è mirata anche alla conoscenza complessiva dell’archeologia stabiana: nell’introduzione si presenta, La città e il suo sito, articolata in Profilo storico dell’antica Stabia e Topografia dell’insediamento (Oppidum presillano, Insediamento posteriore alla guerra sociale e anteriore alla catastrofe del 79) e, Gli Scavi. Il volume presenta un apparato di tavole e indici che consente di posizionare le iscrizioni e graffiti: importante davvero sono le: Tavole planimetriche e di distribuzione dei graffiti, per tutte le aree archeologiche; gli indici sono per le Iscrizioni di età romana, per i Prenomi e nomi gentilizi, Cognomi e nomi individuali, Nomi geografici, Nomi mitologici e di dei, Nomi di animali, Parole, Scritte non interpretate, Numeri greci, Numeri romani, Disegni, Particolarità: Una novità in assoluto come penso è che gli indici sono anche per le Iscrizioni di età Borbonica, suddivise in Iscrizioni alfabetiche, Numeri arabi, Disegni; c’è anche un indice di Iscrizioni di età non precisabile.  

I graffiti di Stabiae offrono un panorama complesso, ma chiaro, presentano una realtà che è legata con quella che l’archeologica ci presenta da tempo e che non sarà mai completa sono ancora in corso ma ne rilancia continuamente l'interpretazione di quella che è stata Stabiae. Gli scavi archeologici sono iniziati fin dal 1980, e poi ripresi tra giugno e settembre del 1986 per la Villa di San Marco e quella della Villa Arianna. Una seconda campagna di scavi è stata effettuata tra il 2009 e il 2014. Sono escluse da questo volume le iscrizioni e graffite rivenuti nella villa rustica ritrovata nella proprietà Cuomo di S. Antonio Abate: per le anticipazioni presentate si legga la bibliografia della nota n. 7 a p. X.

Felice Di Maro  

1)   1. Per Pompei e il suo suburbio: M. Della Corte, Case ed abitanti di Pompei, Napoli 1965; per Ercolano: Virgilio Catalano, Gli abitanti e culti di Ercolano, inserito come articolo negli Annali del Pontificio Istituto Superiore di Scienze e Lettere «S. Chiara», Vol. 13, pp. 213- 342, Napoli 1966, ristampa, a cura di Laurentino García y García e Giovanni Panzera, Roma 2002.

2)  2.  2. M. Gigante Civiltà delle forme letterarie nell’antica Pompei, Napoli 1979, pp. 16-17 per il testo che si presenta: è il n. 2, Per una graffitologia; e a p. 9 i graffiti di Panagulis: I graffiti ieri e oggi.

 

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