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venerdì 25 settembre 2020

Archeologia della Sardegna. Il Villaggio Nuragico di Serra Orrios, a Dorgali. Articolo di Pierluigi Montalbano.

 Archeologia della Sardegna. Il Villaggio Nuragico di Serra Orrios, a Dorgali.

Articolo di Pierluigi Montalbano

Serra Orrios è un villaggio di circa 100 capanne circolari realizzate in basalto a 10 km da Dorgali, immerso in un bosco di ulivi millenari e macchia mediterranea. Fu scavato nel 1936 da Doro Levi che portò alla luce due templi a Megaron che suggerirono una frequentazione dal XIV a.C., forse destinati al culto delle acque. Sono a pianta rettangolare, dotati di recinto e presentano un ingresso e una cella longitudinale, marginata da un bancone-sedile. Una delle due aree è divisa dall’abitato da un poderoso recinto circolare; l’altra, con tempio ben conservato, si trova all’interno del villaggio, separata da un recinto sacro rettangolare. Un recinto racchiude uno dei due templi e un edificio per le assemblee, costruito con pietre di pezzatura maggiore, provvisto di bancone-sedile e preceduto da un vestibolo. Le

capanne presentano uno zoccolo di pietre sovrapposte a secco, e in origine erano coperte da frasche. I pavimenti sono in lastre di pietra, acciottolati o semplice battuto. Al centro era ricavato il focolare, circolare e delimitato da pietre. Per impermeabilizzare le strutture si usavano argilla e sughero. Il villaggio presenta tre gruppi di edifici abitativi organizzati ad isolati intorno a un cortile nel quale si conservano i resti di pozzi e cisterne. I reperti ceramici testimoniano una frequenza dal Bronzo Medio ma i più numerosi sono del Bronzo Recente e Finale. Si tratta di tegami decorati a pettine, olle con anse a gomito rovesciato, ciotole carenate e brocche askoidi con scanalature e motivi geometrici a spina di pesce. Fra i più interessanti materiali da lavoro abbiamo gli strumenti per la lavorazione dei tessuti, come le fusaiole, i pesi da telaio e i rocchetti; pintadere in terracotta usate per decorare pane e tessuti; fornelli in terracotta, attingitoi, pestelli e macine. 


Dal sito provengono alcune matrici di fusione che testimoniano un’intensa attività metallurgica. L’alto tenore di vita degli abitanti è testimoniato anche da un bracciale d'argento, dalla lavorazione delle pelli e da macine e macinelli di pietra, inoltre, in una delle capanne fu trovato del grano conservato in una giara. Le decorazioni dei vasi a linee verticali, a spina di pesce e a cerchietti, presenti sulle anse di brocchette askoidi, indicano che la vita del villaggio si prolungò sino al VI secolo a.C. E’ attestato un culto della fertilità, testimoniato da un piccolo betile a forma di fallo, alto cm 21, con diametro di 8 cm con un’incisione nella parte superiore a evidenziare il glande e un solco nella punta.

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