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giovedì 17 settembre 2020

Archeologia della Sardegna. Gli Henmemet: i costruttori di “Tombe ipogeiche” e padri degli Shardana? Articolo di Gustavo Bernardino

 Archeologia della Sardegna. Gli Henmemet: i costruttori di “Tombe ipogeiche” e padri degli Shardana?

Articolo di Gustavo Bernardino

 


Fra il IV ed il III millennio a. C. si sviluppa nell'isola una feconda attività costruttiva di manufatti sepolcrali caratterizzati da precisi criteri realizzativi che rispondevano ai rigidi parametri cultuali probabilmente allora vigenti. Le “Case dei morti” dovevano rispecchiare il livello sociale del defunto, garantirne la custodia in un ambiente “protetto” ma frequentabile, consentire la realizzazione di elementi simbolici inerenti al culto professato come arricchimento e a maggior  prestigio della sepoltura. La costruzione delle tombe ipogeiche attuata con la perforazione di materiale lapideo di

differente natura ma con caratteristiche dimensionali sempre notevoli, evidentemente soddisfaceva tutti i parametri richiesti dal costruttore e dal suo committente.

Tra le diverse migliaia di tombe tradizionalmente chiamate “Domus de Janas” che per alcuni sono le “Case delle fate” mentre per altri “Case delle porte”, attribuendo il nome al fatto che in quasi tutte le costruzioni si trova la “Falsa porta” ovvero quella soluzione architettonica di probabile origine liturgica che serviva al defunto per raggiungere l'aldilà, ve ne sono alcune all'interno delle quali è presente un simbolo di cui ancor oggi non si conosce il reale ed originale significato.

Questo elemento decorativo, secondo il principio metodologico espresso dal filosofo Guglielmo di Occam, non può che rappresentare l'astro lucente per eccellenza ovvero il sole, raffigurato appunto con un disco dal quale fuoriescono dei raggi. D'altro canto tale soluzione sarebbe giustificata proprio dalla funzione ovvero illuminare e riscaldare il corpo del defunto nel camino fino all'aldilà. E' interessante indagare per capire chi, in quei tempi, era solito riprodurre il sole in questo modo e a questo proposito ci è d'aiuto un famoso archeologo inglese Stephen Quirke che nel suo lavoro “Exploring Religion in Ancient Egypt” a pag.43 dice che il sole veniva raffigurato nel modo suddetto dagli Henmemet. Un popolo particolare chiamato per l'appunto “Popolo del sole” che gli egizi erano soliti descrivere così: 

E' evidente la somiglianza del disegno egizio con quello che troviamo nelle tombe ipogeiche sarde.

Ma chi erano gli Henmemet, quali le motivazioni della loro presenza in Sardegna e perché collegarli con la storia egizia?

I “Sun people” o “ Gente solare” come gli definisce Sergio Donadoni  in “Testi religiosi egizi” Garzanti 1997 erano probabilmente una stirpe di origine semitica il cui destino si incrocia con gli avvenimenti accaduti nell'area  mesopotamica molto ben descritti da Mario Liverani nel suo lavoro “Antico Oriente” Laterza 2018. E' possibile che a seguito di eventi di carattere militare (guerre) o di natura politica( espansione e ricerca di nuovi mercati) ma anche naturali (terremoti, siccità) alcune popolazioni abbiano sentito la necessità di lasciare le loro terre ed avventurarsi nella ricerca di nuova sistemazione.

La Sardegna già nel (IV, III millennio a. C.) era nota nel Mediterraneo per  le sue ricchezze minerarie e per le sue peculiari caratteristiche climatiche e geo-morfologiche. L'ossidiana, l'argento ed altri minerali venivano trasportati lungo le rotte allora frequentate dalle marinerie dei paesi rivieraschi e scambiati con altri prodotti come il vasellame, l'olio, il vino, i cereali e altri prodotti artigianali. La presenza nella nostra isola di stirpi provenienti dall'area della “Mezzaluna fertile” fin dal periodo mesolitico è stata dimostrata attraverso uno studio scientifico realizzato dall'equipe  guidata dal Cagliaritano Francesco Cucca nel 2017 (pubblicato nella prestigiosa rivista MBE (Molecular Biology end Evolution).

Se indaghiamo sul territorio per cercare le tracce del passaggio di popolazioni provenienti da quell'area geografica, queste le troviamo più evidenti nel nord della Sardegna. Partendo dal tempio (Ziqqurat) di Monte d' Accoddi abbiamo la possibilità di seguire un lungo percorso permeato da elementi significativi della civiltà nata ad Oriente. Uno di questi elementi è il Monte Baranta, in cima al quale come è noto si trova un sito che ricomprende preziosi e unici esempi di costruzione megalitica che, al pari del tempio Ziqqurat, sono ascrivibili alla cultura mesopotamica. Il mastodontico muro che racchiude l'area protetta si può forse considerare il primo esempio di costruzione megalitica antesignana dei meravigliosi e unici al mondo Nuraghi. L'origine dell'oronimo è stata ampiamente illustrata in un precedente e specifico articolo del 28/06/2018 in cui appunto si è dimostrato (con una ipotesi interpretativa) che il nome del monte appartiene ad una divinità dell'olimpo sumero/accadico. Il piccolo paese di Uri non distante dal monte Baranta, oltre ad avere la caratteristica di ospitare nel suo centro storico un nuraghe, presenta un interessante esempio di sincretismo religioso leggibile nella locale chiesa dedicata alla “Nostra signora della pazienza” che originariamente doveva invece essere un tempio destinato sempre alla divinità sumero-accadica Enki-Ea che, oltre ad essere il dio dell'acqua, era anche il dio della sapienza e della conoscenza. Lo stesso nome del paese, d'altronde, ci rimanda alla più antica storia sumero accadica così come le decine di toponimi, idronimi, e oronimi presenti in Sardegna e descritti da Salvatore Dedola nei suoi vari lavori ed in particolare nell'”Enciclopedia della civiltà shardana” edizioni Grafica del Parteolla 2018

Il sottilissimo filo rosso che unisce gli “Henmemet” alla Sardegna è costituito da elementi di natura diversa. Uno lo abbiamo appena visto, poteva essere un elevato interesse derivante dal possibile commercio dei minerali, un altro è quello rappresentato da un comune simbolismo teologico-religioso ed un terzo che attiene alla corrispondenza della lingua sarda con quella sumero/accadica (questo tema è stato ampiamente trattato da diversi studiosi, per esemplificare cito quelli che sono favorevoli a tale tesi e che ho maggiormente consultato: G. Semerano, R. Sardella, S. Dedola, A. Deplano, F. Cocco).  

La fama degli Henmemet come validi costruttori di tombe deve aver raggiunto le sponde egizie e conquistato l'interesse dei faraoni. In questo nuovo orizzonte di grande sviluppo sociale ed economico, i “Figli del sole” riescono a conquistare le sfere più alte della società nilotica fino a diventare i consiglieri del sovrano. E' indicativo e determinante ai fini di una valutazione positiva della strada interpretativa intrapresa, il fatto che le citazioni di questi edificatori di dimore funebri avvengano nei testi che trattano appunto il culto dei morti: “Testi dei sarcofagi”, “Libro dei morti”, “Testi delle piramidi”. Se della loro presenza in Sardegna esiste una debole traccia per altro intuitiva, in Egitto abbondano i documenti in cui si tratta di questi “Illuminati”. Inoltre con i documenti esistenti nella patria dei faraoni e anche possibile dare nuova luce e rinvigorire la tesi proposta. Questi adoratori del sole in terra egizia fondano il culto di Amon e poi di Ra (periodo Ramesside) e danno vita alla città di Heliopoli. In questa città ha svolto un ruolo importante un personaggio di cui ho trattato in un precedente lavoro. Si tratta del sacerdote Shery il cui nome  lo troviamo citato a pag. 37 del vol. I di “Storia Antica” dell'Università di Cambridge, pubblicato da “Il Saggiatore” nel 1972  e ritengo possa essere collegato all'omonimo nuraghe ogliastrino.

Dalla Sardegna gli Henmemet arrivano probabilmente nella  terra dei faraoni seguiti dalla loro fama di grandi costruttori di tombe in possesso di notevoli cognizioni ingegneristiche che li porterà a realizzare progetti imponenti rendendo di fatto concreti i sogni dei faraoni in tema di mausolei e di edifici monumentali sepolcrali. Per questa loro alta specializzazione saranno ricompensati permettendo loro di vivere fianco a fianco col sovrano e di ricoprire ruoli di alta responsabilità, così come nei secoli successivi faranno gli Shardana che molto probabilmente sono i loro diretti discendenti. La fama del “Popolo del sole” è tale per cui il nome compare nei testi sacri per esempio a pag. 12 del  volume di Donadoni in cui è detto:”Lamentano per te gli Henmemet, quando ti han sollevato le stelle imperiture” o come riportato a pag 119 :” Gli Henmemet son dietro di me , come Ra quando fu partorito”. Lo scenario che emerge fa ritenere quindi che questi uomini di grande valore costituissero un insieme di persone appartenenti ad un gruppo etnico ben definito ed inquadrabile per terra d'origine che per comodità di espressione poteva appunto essere individuabile attraverso l'utilizzo semplificato dell'area geografica di provenienza ovvero l'Occidente da cui l'appellativo di “Occidentali”. Gli “Occidentali “ pertanto non sarebbero, come comunemente inteso, i morti ma i costruttori delle case dei morti. Una interessante ipotesi che forse varrebbe la pena approfondire.

 

3 commenti:

  1. A me convince di più la tesi che vuole che quell'andito semi circolare rappresentasse l'andito delle capanne stesse in cui quel popolo viveva la vita terrena. Le stesse domus erano le riproduzioni delle loro case con le travi,il tetto spiovente e i pali disposti a raggera nell'andito. Sono parecchi i ritrovamenti di capanne simili ... e poi a me piace chiamarle domus de jan(n)as.

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  2. Non mi convince quanto esposto per monte d'accoddi e monte Baranta

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  3. Tutto questo sembra frutto di un eccesso di fantasia: indizi troppo deboli. Però il libro di Valeria Putzu afferma che:
    1) già nel III millennio c’erano regolari traffici tra la Sardegna e la zona delle miniere di stagno in Galizia
    2) lungo questo percorso, in Spagna esistono veri e propri nuraghi con tholos datati, al C14, verso il 3000 a.C.
    E nei libri gialli cercare di risolvere due misteri in un colpo solo di solito non è uno sciocco esercizio di orgoglio, ma è un importante passo avanti verso la soluzione: potrebbe esserlo anche in questo caso, arrivando perfino a tre misteri, e comunque lo stagno era un movente più forte dell’abilità nel costruire tombe. Ma… è possibile che i più antichi nuraghi sardi siano anteriori a quelli spagnoli, o perlomeno contemporanei? E idem per le domus de janas? Altrimenti, le corrispondenze non ci sono.
    Gabriele Speranza

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