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domenica 26 luglio 2020

Archeologia della Sardegna. Videoconferenza Honebu con l'archeologo Giovanni Ugas.

Archeologia della Sardegna. 
Videoconferenza Honebu con l'archeologo Giovanni Ugas.
Conduce Pierluigi Montalbano.
(Invito i lettori a iscriversi al canale you tube per ricevere gli aggiornamenti dei video)






Prosegue la rassegna archeologica "i venerdi Honebu" dedicata alla divulgazione scientifica del patrimonio culturale della Sardegna.
Venerdi 24 Luglio, in diretta facebook, si è svolto l'ultimo appuntamento:

L'archeologo Giovanni Ugas tratta i temi:

"La cultura San Ciriaco"

"Shardana e Sardegna"

Organizza Honebu, nell'ambito della rassegna archeologica "i venerdi Honebu"

E' visibile anche su facebook al link:

https://www.facebook.com/100001666287370/videos/3291790510886459/

5 commenti:

  1. Scrive Giovanni Ugas:

    Ringrazio tutti coloro che hanno seguito l’intervista e portato i loro commenti su Honebu del 24 Luglio. Rispondo in generale ai commenti pertinenti alla cultura di San Ciriaco e alle problematiche relative al periodo prenuragico, mentre per quanto attiene alla questione dell’identità degli Shardana, mi spiace che durante l’intervista non ci siamo soffermati, per mancanza di tempo, né sulle fonti letterarie relative ai Sardi del tempo dei nuraghi nell’Egeo, né sui dati archeologici. Per discutere sulle questioni che coi avete sollevato su queste problematiche io sono disponibile ad incontrarci nuovamente. Nel frattempo, mi fa piacere che ci sia tanto interesse per uno degli argomenti più importanti della storia della nostra isola e vi invito a leggere il libro (dovrebbe esserci nelle varie biblioteche), affinché si possa discutere con cognizioni di causa e si commentino le cose scritte e non le cose per sentito dire. Certo è un libro lungo, ma io ho impiegato decisamente molto più tempo che non richieda la lettura del libro, per dare una risposta scientifica a questa questione.
    Posso solo accennare al fatto che fino a 40 anni fa non esistevano, a parte i lingotti di rame ox-hide, né materiali dell’Est del Mediterraneo in Sardegna, né manufatti Sardi a Est della Sardegna, ma bisogna partire dai nuovi dati. Ora i materiali esistono e non sono affatto pochi e ci attendiamo molti altri risultati, ma i vari documenti bastano ampiamente a dimostrare che nei rapporti tra la Sardegna nuragica e l’Est del Mediterraneo, vi furono non solo rapporti commerciali ma anche politici e militari e che gli Shardana erano i Sardi dell’età nuragica. Indiscutibilmente, dai vari documenti emerge che nel periodo 1500-1100 a.C., non esistono popolazioni che per il nome, le armi, l’abbigliamento, le caratteristiche fisiche, la cultura nel suo complesso, rivelino analogie così marcate con gli Shardana come i Sardi. Anche la navigazione e le forme e le funzioni delle navi dei Sardi sono pienamente coerenti con questo quadro identificativo.

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  2. Scrive Giovanni Ugas:
    1. Purtroppo, io non ho fornito date riguardo alla cultura di San Ciriaco e alle altre culture prenuragiche da me citate e ciò può aver creato qualche difficoltà nel collocare gli eventi culturali e in particolare le relazioni tra la Sardegna e l’Est del Mediterraneo. Ricordo dunque, per i non specialisti, che in cronologia dendrocalibrata, che offre datazioni di riferimento ancora troppo oscillanti, la cultura Bonuighinu del Neolitico Medio risale al 4700- 4400 a.C., quella di San Ciriaco, del Neolitico recente, si sviluppa intorno al 4400- 4000 a.C., la successiva cultura di Ozieri del neolitico finale- protocalcolitico, cade tra il 4000-3400 a.C., seguita dagli aspetti culturali Sub- Ozieri (circa 3400-3200) e Filigosa (circa 3200.3000) dell’Eneolitico antico, Abealzu (circa 3000-2800) dell’Eneolitico medio, Monte Claro (circa 2800-2300) dell’Eneolitico Tardo, Cultura del Vaso Campaniforme (circa 2300.2200) del eneolitico Finale. Precedono ancora e appartengono al Bronzo Antico la facies Sulcitana del Campaniforme finale (circa 2200-2100), la facies di Corona Moltana di Bonnanaro (circa 2100-1800) e la facies di Sant’Iroxi (circa1800?-1600 a.C.) che prelude all’età dei nuraghi se non l’inizia, ma finora nessun contesto nuragico restituisce ceramiche del tipo di Sant’Iroxi di Decimoputzu.

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  3. Scrive Giovanni Ugas.

    2. Le importanti tombe ipogeiche maltesi trovano confronto con la cultura di Ozieri, ma alcune per la forma fanno pensare ad una loro evoluzione a partire già dal Neolitico recente. La diffusione del primo ipogeismo dall’Est all’Ovest del Mediterraneo ha convolto anche altre aree, ma l’evoluzione di questo fenomeno trova successivamente risposte locali, soprattutto quando si passa dall’inumazione singola a quella collettiva tipica di comunità di villaggio che si ingrandiscono progressivamente.

    3 Le tombe a circolo di Li Muri non derivano da influssi di paesi Nord-occidentali. Le tombe a cista interrate in Europa e nel Mediterraneo sono tipiche del Neolitico Medio e del Neolitico Recente. Però, in Sardegna (Gallura) e in Corsica meridionale queste sepolture a cista si circondano di un peristalite (circolo) di pietre e sono segnalate da cippi litici (i primi menhir), avviando dunque la monumentalizzazione della tomba aerea, sopra suolo. Questi circoli sardo-corsi a giudicare dai manufatti di corredo sono le più antiche manifestazioni finora note del megalitismo: I dolmen e i corridoi dolmenici del Nord-Ovest dell’Europa che hanno avuto un’evoluzione straordinaria ( basti pensare agli esempi di New Grange o di Cueva dei Romeral) sono indiscutibilmente successivi, benché qualche dato cronologico (non accompagnato però da manufatti di corredo coerenti) abbia fatto supporre il contrario. In Sardegna il primo megalitismo, limitato soprattutto a comunità pastorali del Nord e dell’Est dell’Isola, non ha avuto un grande sviluppo e occorrerà l’età nuragica, con le Tombe di giganti per conoscere una diffusione capillare degli edifici funerari megalitici in tutta l’isola, a parte i Campidani dove questi edifici tombali risultano interrati e non sopra suolo.

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  4. Scrive Giovanni Ugas:
    3. Qualche collega ha usato il termine sardo per indicare la fase successiva alla costruzione dei nuraghi, che corrisponde ai momenti conclusivi del Bronzo Finale e agli inizi del I Ferro (circa 1000- 850 a.C.) per distinguerla dal periodo in cui i nuraghi furono costruiti (Fasi del Bronzo Medio, Bronzo Recente, inizio Bronzo Finale), intorno al 1600-1000 a.C. in cronologia dendrocalibrata. Si tratta di un uso assai limitativo e genera qualche confusione. Io riferisco il termine sardo a tutto ciò che riguarda la Sardegna, senza alcun limite cronologico, anche per l’antichità. Tuttavia, alfine di evitare equivoci riguardo all’origine del nome della Sardegna e dei suoi abitanti ripeto quanto ho scritto altre volte. Gli autori classici (Pausania e altri) non lasciano dubbi circa l’antichità del nome della Sardegna e dei suoi abitanti collegandolo con i Libi, condotti da Sardo, figlio dell’Eracle libio ed egizio, giunti per primi per via di mare e che abitarono in capanne e caverne, dunque in uno stadio culturale che noi oggi definiamo neolitico. Da Sardo derivò secondo Pausania il nome alla Sardegna. Al di là della cornice mitica è importante rilevare che il nome dell’isola legato alla radice Sard- si fa risalire ad antichissimi tempi i prenuragici.
    È del tutto inattendibile, invece, l’ipotesi, attribuita a un commentatore del Timeo di Platone, secondo cui il nome di Sarda dato all’isola deriverebbe da quello della moglie di Tirreno (figlio di Eracle ed Onfale) il quale, provenendo dalla Lidia intorno al XIII sec. a.C. andava a creare la nazione tirrenica. È evidente, infatti, che la città della Lidia Sardi, fondata nel XII, allora non esisteva e perciò Erodoto, che non aveva in simpatia né Lidi né Etruschi, aveva inventato la storiella della fondazione della nazione etrusca da parte di Tirreno per giustificare un attacco persiano dell’Etruria, dopo che la grande potenza si era impadronita della Lidia. Invero, non esistono ragioni per supporre un’origine lidia dagli Etruschi, mentre al contrario esistono ragioni per supporre un’invasione dei Popoli del Mare, in particolare dei Tursha/Tirreni e Shardana/Sardi nella Lidia alla fine del sec. XIII e agli inizi del XII a.C.

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  5. Scrive Giovanni Ugas:
    Detto ciò, i Sardi, al di là dei cambiamenti culturali, non hanno mutato il loro nome dal Neolitico fino a oggi (neanche al tempo delle varie occupazioni Cartaginesi, Romani, Bizantini, etc…), e infatti non è mai esistito un altro nome per indicare gli abitanti dell’isola al di fuori di quello dei Sardi. Anche le popolazioni più importanti che abitavano la Sardegna ancora al tempo dei Cartaginesi e dei Romani, vale a dire gli Iolei/Iliesi, i Balari e i Corsi, erano chiamati nel loro complesso Sardi. Certamente, dunque, le genti che costruirono i nuraghi Iolei/Iliesi (e Balari e Corsi) erano sarde e non va usato altro termine per definirle. Quanto poi alla loro origine, queste popolazioni, già esistenti in età prenuragica, di diversa matrice etnica oltre che culturale, hanno continuato senza cesure in età nuragica perché l’archeologia ci indica che durante quest’età non è arrivata alcun’altra popolazione, nonostante che alcune fonti greche (Diodoro Siculo su tutti) sostengano l’arrivo di Iolao con i Tespiadi Eraclidi (intorno al 1300 a.C.) per colonizzare l’isola e per far costruire a Dedalo bellissimi edifici. Altre fonti invece attribuiscono a un tempo più antico la chiamata di Dedalo in Sardegna, attribuendola ad Aristeo, e dunque implicitamente assegnando una data più antica alla nascita dei nuraghi, ma è chiaro che i Greci intendevano sostenere, a posteriori, che soltanto i loro antichi artefici avrebbero potuto costruire edifici magnifici come quelli sardi. In effetti, gli Iolei abitarono l’isola almeno dal V millennio a.C. stanziandosi a Sud del Tirso (e dunque dei Balari e dei Corsi) e vanno riconosciuti nei Libi, mentre per i Corsi giunti attraverso la Corsica dalla Liguria e dalla Toscana, si deve risalire almeno al VI millennio a.C. I Balari invece giunsero solo nella seconda metà del III millennio a.C. e vanno riconosciuti nei portatori della cultura Campaniforme di matrice iberica- centroeuropea. Queste tre popolazioni si trovavano in Sardegna ben prima che nell’isola venissero innalzati i nuraghi, ma certo ad esse si deve la realizzazione dei nuraghi.
    Gli Shardana menzionati nei testi egizi del XV- IX sec. a, C. sono dunque i Sardi (Iolei/liesi etc.) che costruirono i nuraghi, chiamiamoli pure Sardi nuragici, e non provengono da altre terre, a meno che non si voglia tornare indietro a tempi prenuragici. Essi non giunsero in Sardegna dopo la caduta dei grandi regni e certo non furono Shardana stranieri né i Fenici a far cadere le comunità dei nuraghi; Diodoro su questo punto è ineccepibile: fu una rivoluzione interna all’isola operata dagli aristoi, “i migliori”, vale a dire gli anziani dei villaggi che si riunivano nelle rotonde consiliari (dikasteria), che cacciò via in Italia i discendenti dei re degli Iolei, cioè i capi delle comunità tribali che dominavano nell’isola con i loro castelli e torri.

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