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mercoledì 18 dicembre 2019

Archeologia. L'età del Ferro in Sardegna: arte e religiosità s'incontrano. Articolo di Pierluigi Montalbano

Archeologia. L'età del Ferro in Sardegna: arte e religiosità s'incontrano
Articolo di Pierluigi Montalbano
(Tratto dal libro Popoli del Mare, di Pierluigi Montalbano, Capone Editore, Novembre 2019)  ©


© Durante la Civiltà Nuragica è evidente un cambio sociale avvenuto intorno al X secolo a.C., con una serie di tracce archeologiche che vedono la trasformazione del rituale funerario. La realizzazione di una nuova tipologia tombale, con pozzetto a ipogeo singolo che sostituisce le Tombe di Giganti, suggerisce la volontà di distinguere i defunti all’interno della comunità. Forse siamo in presenza di gruppi familiari con ruoli di prestigio o di personaggi degni di essere ricordati per le loro qualità sociali, economiche, politiche o militari. Con l’abbandono dell’attività edilizia dedicata alla costruzione di nuovi nuraghi, i sardi nuragici avviano un piano urbanistico che elabora nuove strutture, realizzate smontando gli edifici in disuso. Già da due secoli, nei villaggi si realizzavano monumentali strutture pubbliche dedicate alla religiosità e ai rituali comunitari. Le tradizionali architetture civili e le abitazioni, erano affiancate dai templi a pozzo, raffinati edifici in cui l’acqua
era l’elemento privilegiato per la celebrazione dei culti e dei rituali iniziatici. Si tratta di splendidi fabbricati in cui ogni pietra è lavorata finemente, ingentiliti da geometrie ricche di forme nuove come l’arco ribassato, i gocciolatoi, la bicromia, i tetti chiusi con un ripido doppio spiovente, vasche e canalette funzionali all’utilizzo dell’acqua, eleganti sedili posizionati nelle pareti dell’atrio, pavimenti realizzati con lastre in pietra. A queste strutture si aggiungono alcuni piccoli templi, denominati a megaron, chiamati così perché l’ambiente centrale è prolungato nella parte anteriore o posteriore da due muri paralleli. In questi luoghi sacri gli archeologi trovano offerte votive come bronzetti, armi, ciondoli, oggetti di ornamento, amuleti e altri manufatti legati alla sfera religiosa. 

L’incremento delle attività legate agli scambi commerciali suggerisce ai sardi un cambio di passo rispetto alle grandi torri, costose da mantenere in vita e poco adatte alla nuova organizzazione sociale ed economica che vede nei mercati i luoghi di riunione delle comunità. Raffinate ceramiche, incantevoli piccole sculture di bronzo e poderose statue a tutto tondo in pietra, fanno parte della vita religiosa dei sardi dell’età del Ferro. Con il prosperare dei commerci e lo sviluppo delle tecniche marinaresche, i prodotti della metallurgia e i manufatti sardi viaggiarono verso ogni angolo del Mediterraneo, dalle coste nordafricane, a quelle siro-palestinesi, alle iberiche e, per ultime, alle atlantiche portoghesi. Ciclicamente, le grandi imbarcazioni da trasporto ormeggiavano lungo le coste caricando e scaricando uomini e merci, artefici di una globalizzazione che cambiò il sistema economico adottato fino a quell’epoca. 

I villaggi assunsero le caratteristiche di città, con abitazioni, magazzini, templi, mercati e grandi edifici circolari per le assemblee. Spicca, fra i siti d’interesse internazionale, il santuario di Mont’e Prama, un luogo dedicato alla sepoltura di personaggi importanti, arricchito da monumentali sculture in pietra arenaria locale lavorate a tutto tondo con le forme, il vestiario e le armi dei guerrieri nuragici rappresentati nei contemporanei e ben conosciuti bronzetti. Denominati Giganti di Mont’e Prama, queste sculture sono le statue a tutto tondo più antiche di tutto l’Occidente mediterraneo, precedendo di qualche secolo i kouroi greci. Il corpus delle figure mostra soldati armati con archi e altre armi, testimonianza di un passato e di un presente dove l’attività militare era tenuta in gran conto. Fra i bronzetti si notano uomini e donne abbigliati con mantelli, tuniche, copricapo, gonnellini, corpetti e tutti gli accessori pertinenti alle attività di guerra e di pace. Ci sono sacerdoti, militari, artigiani, atleti, musicisti e semplici popolani, a volte accompagnati da animali. A volte tengono in mano oggetti dell’epoca come ceste, anfore e vassoi. La bronzistica a cera persa, poi, mostra oltre 150 imbarcazioni di vario tipo, tutte dotate di una testa-totem animale nella prua, frutto delle sapienti conoscenze delle tecniche metallurgiche degli artigiani locali e dell’ideologia dei committenti. Questi, potevano contare sull’esperienza marinaresca degli specialisti sardi della navigazione di piccolo cabotaggio e d’altura. Gli archeologi hanno portato alla luce anche figure mitologiche a metà strada fra uomini e animali, eroi con poteri straordinari raffigurati con 4 occhi e 4 braccia, animali con due teste e tantissimi uccelli, spesso posizionati sopra le barche. Le tribù nuragiche erano legate a una religiosità che vedeva protagonista la fertilità di donne, campi e animali, e c’erano luoghi pubblici costruiti per celebrare le feste propiziatorie in ogni stagione, per ingraziarsi le divinità e per favorire l’incontro di mercanti e ambasciatori. 

La forza virile, rappresentata dal sole e dal toro, era accolta nel ventre di Madre Terra, attraverso rappresentazioni della fertilità distinguibili nella luna crescente e nell’acqua. Gli scavi hanno portato alla luce edifici magici in vari luoghi dell’isola, siti con alloggi e strutture di tipo aggregativo, a volte gradonate, in cui il pozzo sacro funge da elemento catalizzante la sfera del sacro. In Sardegna ci sono una decina di grandi santuari federali, ossia luoghi dove uomini illuminati, sacerdoti e divinità erano in contatto spirituale, dove le feste religiose consacravano le alleanze e propiziavano accordi commerciali e matrimoniali. In alcuni siti, gli archeologi hanno trovato piscine rituali collegate a un sofisticato sistema idraulico funzionale all’utilizzo dell’acqua per purificazioni, abluzioni, immersioni rituali e iniziazioni. Le relazioni internazionali del periodo, richiedevano, per i sardi, l’utilizzo di barche adatte alla navigazione d’alto mare, e la specializzazione delle attività marinaresche fu un motore trainante dell’economia nuragica. Il ritrovamento di ancore nuragiche in pietra, del peso di oltre un quintale, lungo la costa orientale, conferma che le imbarcazioni erano grandi e adatte al trasporto di notevoli quantità di beni economici. Un raffronto con la produzione bronzea miniaturizzata, le celebri navicelle nuragiche, deriva dalla conoscenza delle tecniche nautiche e, seppur simboliche, le incantevoli barchette sarde votive sono delle riproduzioni di navi che, in proporzione, dovevano avere una lunghezza dai 10 ai 30 metri, secondo il modello di scafo. 

Frammenti di ceramiche nuragiche del XIII a.C. sono stati trovati a Tirinto, nel porto di Kommos a Creta, a Cipro, in Sicilia, a Lipari e lungo la rotta che collegava l'oriente all'occidente del Mediterraneo. Brocchette askoidi per il vino, anfore, tripodi e spade nuragiche sono state scoperte in decine di siti iberici come Huelva, Terragona, Teruel, Malaga e Cadice. Inoltre, gli scambi con l’area etrusca sono testimoniati dal ritrovamento di bronzetti nelle sepolture tosco-laziali, e di ceramiche condivise con le popolazioni locali, verosimilmente perché le zone minerarie etrusche furono sfruttate in collaborazione con reciproci vantaggi, infatti, anche in Sardegna sono state trovate fibule, spade e altri oggetti in metallo di produzione tirrenica, testimoniando la vitalità degli scambi tra le due aree metallifere. Uno studio del 2013 sugli isotopi del piombo di 71 reperti metallici trovati in Svezia, ha svelato che la maggior parte degli oggetti è stato prodotto con rame proveniente da zone iberiche e dalla Sardegna.

Tratto dal libro Popoli del Mare, di Pierluigi Montalbano, Capone Editore, Novembre 2019  che sarà presentato a Cagliari, nella sala conferenze Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100, venerdì 27 Dicembre alle ore 19 con ingresso libero.


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