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sabato 18 maggio 2019

Archeologia della Sardegna. Bronzetti nuragici: sculture votive, oggetti artistici o doni cerimoniali? Articolo di Pierluigi Montalbano

Archeologia della Sardegna. Bronzetti nuragici: sculture votive, oggetti artistici o doni cerimoniali?
Articolo di Pierluigi Montalbano


In Sardegna, nelle fasi finali della Civiltà nuragica, circa 3000 anni fa, i sardi decisero una serie di cambiamenti sociali che sono facilmente distinguibili: non costruirono più nuraghi e adottarono un rituale funerario differente con l'abbandono delle monumentali tombe giganti a favore di piccole tombe a pozzetto singolo nelle quali ogni individuo riceveva il suo corredo. In questa fase appaiono i bronzetti, le celebri statuine in rame (90%) e stagno (10%) che rappresentano personaggi, animali, barche, edifici e oggetti che fanno parte della
vita quotidiana dell'epoca. Alcuni uomini hanno nel petto un simbolo ben preciso: un pugnale, considerato da sempre il segno di potere, una sorta di scettro. Tuttavia, studiando gli antichi autori, ho appreso una informazione assai preziosa: il pugnale è il simbolo degli iniziati. Ci sarà da approfondire.
Come sappiamo, nella fase finale della Civiltà Nuragica, intorno al IX secolo a.C. inizia la stagione dei bronzetti, piccole sculture metalliche realizzate con il processo di fusione a cera persa. Il personaggio rappresentato nell'immagine sotto è stato trovato nella Sardegna sud-occidentale, a Monte Sirai, nel tempio edificato sulle fondamenta del nuraghe che, anticamente, sovrastava la collina dove oggi ci sono i resti della cittadella. La prima lettura iconografica mostra un suonatore di lira. Un'interpretazione più profonda suggerisce l'identità: Orfeo, la divinità della musica, colui che con il suono addomestica gli animali. La musica influenza il nostro pensiero esercitando un'azione su nervi, arterie e vene. Gli antichi autori affermano che l'anima è soggetta a passioni e istinti, e il suono regola i suoi moti, stimola la volontà quando è debole e calma le brame eccessive. Ogni rituale antico era accompagnato dalla musica. Aristotele diceva che alcuni uomini sono assaliti da una specie di furore divino, ma se ascoltano una musica sacra essi provano uno stato di calma interiore che è come una guarigione e una purificazione dell'anima.
Fa il paio con l'altro personaggio trovato nel tempio di Monte Sirai, visibile nella foto sotto mentre versa una bevanda dentro una ciotola (kotyliskos). La mia ipotesi è che sia Demetra che mesce il kykeon, una miscela alcolica simile al vino preparata con ingredienti diversi secondo le zone. Generalmente c'è acqua, farina d'orzo, segale cornuta, menta, ergot e, a volte, l'aggiunta di miele, frammenti di formaggio di capra ed erbe aromatiche. Si mescola bene ed è pronto. Nel sito di Monte Sirai, dunque, abbiamo un nuraghe, trasformato in tempio nel primo Ferro, in cui troviamo Orfeo e Demetra, la dea dell'agricoltura, colei che addomestica le piante e conosce le proprietà delle erbe. 

Si tratta di una rappresentazione scenica di un cerimoniale in cui sono presenti le divinità del mondo animale e del mondo vegetale, uniti in una suggestiva scena religiosa, rappresentata con eleganza in stile sardo arcaico. L'eleganza dei gesti fa pensare all'accoglienza sarda verso gli ospiti. La posa delle figure evocano tranquillità e pace. Il mio pensiero è che siano la rappresentazione di Demetra, dea dell'agricoltura e della fertilità, evocata nelle preghiere alla dea madre, e Orfeo, lo sciamano che fungeva da tramite fra il mondo dei vivi e dei morti, dotato di poteri magici e operante sul mondo della natura, capace, tra l'altro, di provocare uno stato di trance tramite la musica. Nell'immagine conclusiva abbiamo un bronzetto che beve da una coppa, seduto sul tetto di un edificio.







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