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sabato 5 gennaio 2019

Archeologia. Il regno di Ugarit, in Siria, fu conteso da tutti gli imperi più potenti. Fu il crocevia di merci e uomini che si muovevano dall'Asia al Mediterraneo, dall'Anatolia all'Egitto. Era il porto più importante dell'antichità, privilegiato per veicolare il rame di Cipro. Articolo di Pierluigi Montalbano


Archeologia. Il regno di Ugarit, in Siria, fu conteso da tutti gli imperi più potenti. Fu il crocevia di merci e uomini che si muovevano dall'Asia al Mediterraneo, dall'Anatolia all'Egitto. Era il porto più importante dell'antichità, privilegiato per veicolare il rame di Cipro. 
Articolo di Pierluigi Montalbano

L'antica città di Ugarit, (Ra’s Shamra) si trova nella costa siriana, nei pressi dell’odierna Latakia. Il suo regno era uno snodo cruciale delle antiche vie commerciali che dai paesi asiatici viaggiavano verso il Mare Mediterraneo e viceversa. Essendo un porto strategico anche per le merci che transitavano lungo l’asse nord-sud, dai paesi nordici verso le terre cananee, fu conteso da tutte le potenze dell’epoca: ittiti, Mitanni ed egizi. Per questo motivo fu teatro di sanguinarie guerre per il suo controllo, fino alla sua distruzione durante le incursioni dei Popoli del Mare. All’inizio del II Millennio a.C. Ugarit era sotto l’influenza del regno egiziano, come testimoniano alcuni piccoli manufatti dell'epoca dei faraoni Sesostris I, Sesostris II e Amenemeth III.  Nella vicina città di Ebla è stata trovata la più antica attestazione scritta del suo nome, risalente al 1800 a.C. Nel XVII a.C. era
controllata dagli Hyksos, e successivamente dai Mitanni. L’epoca più fiorente fu verso la metà del II Millennio, quando era il porto principale per il transito del rame proveniente da Cipro. L’ultimo re locale fu Hammurapi, contemporaneo del re ittita Suppiluiuma II e del faraone Merenptah, intorno al 1230 a.C. La città fu distrutta 50 anni più tardi, insieme alla capitale ittita Hattusa, per essersi ribellate al controllo da parte dei Popoli del Mare. Gli scavi della città iniziarono grazie al ritrovamento fortuito avvenuto nel 1928 grazie a un contadino che trovò una sepoltura. Gli scavi portarono alla luce un palazzo reale di quasi cento stanze costruite intorno a 8 cortili. Nell’acropoli c’erano alcune eleganti residenze private e due biblioteche arricchite da cinque archivi contenenti documenti scritti in sillabico cuneiforme e scrittura sumerica. Il Palazzo Reale fu costruito al centro della città all’inizio del XIV a.C. e occupa un’area di oltre mezzo ettaro. Le strutture sono articolate in numerosi vani a due piani, ed è presente un ingegnoso impianto con opere idrauliche che convogliano l’acqua in tutte le stanze principali. In alcuni ambienti l’acqua veniva scaldata per essere utilizzata come in un impianto termale. Era presente un sofisticato impianto fognario che smaltiva i reflui attraverso canalette in terracotta. Il Palazzo aveva numerose entrate, e la principale consisteva in un atrio dal quale si accedeva a un portico, arricchito con colonne di legno, e da lì si giunge a una grande corte, dove spiccava un’elegante fontana. Negli archivi c’erano tavolette d'argilla scritte in lingua accadica, babilonese, hurrita e ugaritica. Si tratta di testi diplomatici (in accadico), commerciali, religiosi e amministrativi, datati alle ultime fasi di vita della città, ossia nei primi due decenni del XII a.C., quando fu distrutta dalle scorrerie dei Popoli del Mare. Secondo le tavolette di argilla degli archivi, la genealogia degli ultimi re della città comprende: Ammittamru I (1360-1349 a.C.), Niqmaddu II (1349-1315 a.C.), Arhalba (1315-1313 a.C.), Niqmepa (1313-1260 a.C.), Ammittamru II (1260-1235 a.C.), Ibiranu (1235-1220 a.C.), Niqmaddu III (1220-1215 a.C.) e Ammurapi (1215-1185 a.C.). La tavoletta scritta più celebre è quella esposta al Museo Nazionale di Damasco, con un alfabeto composto da 30 consonanti, elaborato nel XIII a.C. per semplificare il sistema di scrittura sumerico in uso fino a quel periodo. Nelle necropoli, prevalentemente composte da tombe a camera, sono stati ritrovati corredi funerari ricchi di ceramiche, gioielli in oro e argento, armi, raffinati oggetti in avorio inciso, vasi in alabastro. Nell’acropoli, la zona alta della città, c’erano il tempio di Baal, divinità maschile, e il tempio di Dagon, una divinità cananea legata al grano e alla fertilità, nominata nella Bibbia come la maggiore di quelle venerate dai Filistei. Ambedue gli edifici sono composti da un atrio quadrato e una cella trasversale. A Ugarit è venerata anche Asherat, considerata paredra di Dagon. Presso i templi c’erano le abitazioni dei sacerdoti e le biblioteche, che svolgevano anche la funzione di scuole di scrittura. Qui sono stati scoperti testi mitologici, due bacili d'oro, doni votivi, e tre ancore di pietra. Vicino alla città, in un’area a pochi km dai templi, sono state individuate le rovine di due palazzi, forse anch'essi residenza dei sovrani di Ugarit. Ognuno dei due edifici aveva un archivio privato contenente tavolette scritte in scrittura geroglifica egizia e anatolica, altre in Lineare A e alcune in cuneiforme, confermando i rapporti ad ampio raggio della città con tutti i popoli dell’epoca. La società ugaritica era organizzata con una classe dirigente (sovrano e sacerdoti), grandi proprietari terrieri, guerrieri (la casta dei carristi maryannu), artigiani e famiglie libere. La lingua parlata era semitica, conosciuta attraverso una scrittura sillabica locale derivata dal cuneiforme. Dal XII a.C., questa innovazione fu arricchita dalle vocali, fino a diventare il primo alfabeto fonetico conosciuto e soddisfare la necessità di avere una lingua scritta semplice. Questo alfabeto entrò subito in uso in tutto il Mediterraneo, utile soprattutto ai commercianti per stipulare accordi economici e relazionarsi con le genti che frequentavano i porti e gli approdi visitati. Fu il primo fenomeno di globalizzazione economica della storia. I testi rinvenuti nelle tavolette degli archivi ugaritici comprendono lettere, contratti, trasferimenti di proprietà di terreni, trattati internazionali e poemi narrativi di carattere mitologico. Ci sono anche frammenti di opere poetiche, tra cui la Leggenda di Keret, la leggenda di Dan-El, il Mito di Baal-Alivan e la Morte di Baal. Questi poemi hanno elementi e figure retoriche utilizzate poi nei componimenti ebraici, come il gusto per il parallelismo, la metrica e il ritmo, e alcuni riferimenti a eventi storici e concetti che compariranno anche nell’Antico Testamento.

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