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giovedì 18 ottobre 2018

Archeologia della Sardegna. Vi presento Khnum, Signore de Sa Sedda ‘e sos Carros e padre di Anuquet, Signora del Fiume Tirso. Articolo di Gustavo Bernardino


Archeologia della Sardegna. Vi presento Khnum, Signore de Sa Sedda ‘e sos Carros e padre di Anuquet, Signora del Fiume Tirso
Articolo di Gustavo Bernardino


Mario Tosi, eminente egittologo italiano, medaglia d'oro della Pubblica Istruzione, a pag. 77 del suo libro “ Dizionario delle divinità dell'Antico Egitto”, Kemet Edizioni 2017, trattando la divinità Khnum (pronuncia Khneum), dice che : ”Il suo nome significa “colui che unisce “, ed ancora “Dio ariete o con corpo umano e testa di ariete, era considerato un Demiurgo, un dio-creatore, simile al dio Ptah di Menfi. Ogni uomo che nasceva era opera delle sue mani e veniva modellato con il fango sulla sua ruota di vasaio: ogni uomo era seguito dal suo Ka, dal suo doppio, simile in tutto all'uomo appena creato, quindi le figure formate da Khnum erano sempre due”, l'autore conclude la descrizione informandoci che “Ad Esna Khnum formava una triade con la sposa Satet e la figlia Neith, invece ad Elefantina aveva la stessa sposa ma la figlia era Anuquet”.
Dalle informazioni di Tosi ricaviamo due importanti elementi: il primo è che il dio viene rappresentato con la
testa dell'ariete e quindi potremmo sostenere che il sito di Oliena “Sa sedda e sos carros” caratterizzato proprio dalla presenza di numerose protomi di ariete, potrebbe benissimo essere considerato il “Tempio massimo” o “santuario” di Khnum che era ritenuto anche “Guardiano delle sorgenti” . Nel sito (tra i più belli della nostra terra) ampiamente descritto da Maria Ausilia Fadda nel volumetto della collana Sardegna Archeologica (Guide e Itinerari n. 46) edito da Carlo Delfino editore “SA SEDDA 'E SOS CARROS E LA VALLE DI LANAITHO” scritto a quattro mani insieme a Gianfranco Salis, si trova infatti la camera circolare dedicata al culto, all'interno della quale sono ancora presenti ad una altezza di 1,05 m. dal livello di calpestio, sette delle nove originali teste di ariete sistemate lungo la parete costruita con blocchi di calcare (faccio notare che il numero nove è sinonimo di enneade egizia ovvero le nove divinità che presenziavano al culto). In posizione centrale, all'interno della camera, è presente una grande pietra circolare levigata che potrebbe rappresentare la base di un tornio da vasaio. Il culto quindi, secondo la mia ipotesi, poteva consistere nel far partorire una giovane donna che aveva partecipato precedentemente al culto che si svolgeva a Gremanu e alla presenza delle donne anziane del villaggio che sedevano in circolo lungo la parete. Desidero sottolineare che esiste una stretta parentela tra il sito in esame e quello di Gremanu come peraltro viene evidenziato dagli autori degli scavi Fadda e Salis. La pietra circolare poteva benissimo consentire lo svolgimento di tale funzione in quanto sulla sua superficie è presente un canaletto che consente lo scarico dei liquidi prodotti dal parto. La creatura che veniva alla luce sotto la protezione delle divinità, veniva lavata con l'acqua che fuoriusciva dalle protomi di ariete che probabilmente poteva essere riscaldata prima di essere versata nelle vasche esterne. E' possibile ritenere che alla creatura che veniva al mondo, venivano attribuiti poteri divini. Un secondo elemento riguarda la facoltà che aveva la divinità di costruire l'uomo e la sua copia ovvero una figura doppia come appunto è rappresentato nel bronzetto. Un nuragico con quattro occhi e due scudi. Non mi risulta vi siano altre divinità con queste caratteristiche per cui sembrerebbe logico pensare che il bronzetto possa rappresentare effettivamente il dio Khnum.
Vi sono ulteriori elementi di prova a sostegno della validità della tesi.
Sappiamo che il bronzetto è stato rinvenuto nel territorio di Teti. Di questo toponimo troviamo 14 citazioni in altrettante formule religiose riportate nel libro di Sergio Donadoni “Testi religiosi egizi” edito da Garzanti nel 1997. Teti fu un grande faraone della VI dinastia per cui viene da pensare che il committente che ha fatto realizzare il bronzetto, probabilmente, era un personaggio di origine nilotica a capo di una tribù (il fatto che si potesse permettersi di commissionare un bronzetto fa pensare che avesse un ruolo importante e risorse economiche rilevanti) ed inoltre doveva essere  devoto alla divinità. Tale personaggio potrebbe aver dato il nome alla comunità in memoria del suo faraone.
Ulteriore ragionamento può farsi in relazione al nome della divinità ed al risultato fonetico della sua pronuncia, potrebbe ritenersi valida l'ipotesi che l'espressione “Kunnu” oggi considerata volgare perché riferita all'organo genitale femminile, potrebbe benissimo ricondurre al dio-creatore Khnum, data la loro identica funzione generativa.
Per quanto riguarda la figlia Anuqet, in un precedente articolo pubblicato su questa rivista in data 11luglio 2018 dal titolo “ I gioielli “eliopolitani” di Sorradile”, affaccio l'ipotesi che l'altare lacustre del tempio di “Su Monte” di Sorradile, sia dedicato al culto di Nequet e che il manufatto (definito ufficialmente modello di nuraghe) rappresenti in realtà la corona della divinità considerata la protettrice del Fiume Tirso.
Relativamente alla dea Neith, altra figlia di Khnum, ho ampiamente trattato nell'articolo apparso in data 28 marzo2018 sempre su questo Quotidiano, col titolo “Una possibile interpretazione delculto dell'acqua in Sardegna, ed il ruolo dei santuari di Romanzesu e SantaVittoria di Serri”.

Nell'immagine, il bronzetto demone conservato al Museo Nazionale Archeologico di Cagliari




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