Diretto da Pierluigi Montalbano

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lunedì 30 ottobre 2017

Sardegna, l'Alba di una Civiltà, il nuovo libro di Pierluigi Montalbano.

Archeologia. Sardegna, l'Alba di una Civiltà, il nuovo libro di Pierluigi Montalbano.


Sarà presentato in anteprima da Honebu a Cagliari a metà Novembre, il nuovo libro di Pierluigi Montalbano, dedicato interamente all'archeologia della Sardegna, dal Neolitico alla Civiltà Nuragica. Un saggio che si mantiene fedele ai canoni scientifici imposti dalla metodologia di indagine universitaria ed è scritto con un linguaggio divulgativo che consente al lettore di comprendere facilmente i nodi della disciplina archeologica. Sono raccontate le vicende della Sardegna antica, con particolare riferimento all’epoca dei nuraghi, le maestose torri che svettano nel paesaggio dell’isola. Nel testo vengono illustrate le principali scoperte archeologiche studiate nel territorio sardo, confrontate in vari casi con architetture contemporanee e attività che si svolgevano in

domenica 29 ottobre 2017

Archeologia. Individuata nel Tempio di Antas, a Fluminimaggiore, la prima raffigurazione del mitico Sardus Pater, la massima divinità sarda dell'antichità. Riflessioni di Fabio Isman

Archeologia. Individuata nel Tempio di Antas, a Fluminimaggiore, la prima raffigurazione del mitico Sardus Pater, la massima divinità sarda dell'antichità.
Riflessioni di Fabio Isman


Per 50 anni, erano rimaste in una cassa. Sono le decorazioni in terracotta del Tempio di Antas in Sardegna, vicino a Iglesias, uno dei più antichi e dei più misteriosi dell’isola. Le ha ordinate e studiate Giuseppina Manca di Mores, archeologa isolana che ha scoperto così la più antica raffigurazione del “Sardus Pater”, mitico progenitore della Sardegna, la cui immagine di divinità con il cappello inequivocabilmente piumato si fonde con quella di Iolao, il nipote di Eracle che tradizionalmente è considerato il massimo eroe della mitologia classica.
Vicino a Fluminimaggiore, c’è uno dei grandi misteri sardi: un tempio punico del 500 a.C. dedicato al

venerdì 27 ottobre 2017

Archeologia. La civetta: l’iconografia svela un profondo significato simbolico legato al mondo dei defunti. Riflessioni di Giorgia Soncin

Archeologia. La civetta: l’iconografia svela un profondo significato simbolico legato al mondo dei defunti
Riflessioni di Giorgia Soncin 


Atena, la dea greca della sapienza, viene spesso rappresentata con una civetta appollaiata su una spalla, manifestazione simbolica della saggezza. Presso gli Egizi rappresentava la notte e l’oscurità, gli Aztechi l’associavano al dio dell’oltretomba, per i Romani simboleggiava la morte. René Guénon afferma che "la civetta è il simbolo della conoscenza razionale perché essendo un uccello notturno è legato alla luce riflessa, quella lunare, in opposizione alla conoscenza intuitiva, percezione della luce diretta solare, simbolicamente rappresentata dall’aquila". Il nome stesso annuncia la storia e la simbologia, infatti, nei manuali salta all'occhio il suo nome scientifico: Athene noctua, rapace notturno della famiglia degli Strigidae. Viene naturale collegare queste parole direttamente alla divinità greca Atena e alla parola strega, di origine latina. Con i suoi grandi occhi, la civetta è legata alla preveggenza, all'illuminazione e alla conoscenza legata alla dea Atena/ Minerva, portatrice di

giovedì 26 ottobre 2017

Archeologia. Pelasgi e Popoli del Mare, i nomadi del Mediterraneo.

Archeologia. Pelasgi e Popoli del Mare, i nomadi del Mediterraneo.

Il Mare Mediterraneo è stato per millenni il centro del mondo antico e crogiolo etnico dei popoli che, attraverso i flussi migratori e all’avvicendarsi al potere marittimo e commerciale, hanno modellato il volto e il profilo culturale d’Occidente, del Medio Oriente e del Nord Africa, imprimendo così una traccia tanto indelebile e ridondante nella storia umana, direttamente o indirettamente, da generare la Civiltà così come la conosciamo oggi.
Atlantidei, Tirreni, Shardana, Etruschi, Argonauti, Lelegi, e Carî, quale intricato legame di sangue e discendenza tra loro? O stiamo forse parlando di un unico popolo così errabondo da essersi mescolato ovunque nel dna mediterraneo?
Popoli del mare: una sorta di inesorabile, lenta sovrapposizione di ondate migratorie, maree montanti di umanità, fusione tra razze e culture. Furenti alleati dei Libici i quali, suddivisi nelle tribù dei

martedì 24 ottobre 2017

Archeologia. Gli scavi scoprono la civiltà del Colle Bianco, un insediamento agricolo di genti che occuparono l'area nell’Età del Bronzo.

Archeologia. Gli scavi scoprono la civiltà del Colle Bianco, un insediamento agricolo di genti che occuparono l'area nell’Età del Bronzo.

Dopo gli ultimi scavi condotti davanti alla grotta tra Guglionesi e Larino, emergono nuovi e interessanti elementi utili a ricostruire ciò che accadeva nel periodo dell’Età del Bronzo in quell’area: dai resti ritrovati sotto terra - punte di frecce, frammenti ceramici, pietre lavorate - una comunità di agricoltori ha abitato lo spazio davanti all’antro. Gli studiosi hanno ora in programma una campagna di scavi approfondita per capire usi, costumi e tradizioni della comunità.

La ricognizione dell’area davanti alla Grotta del Colle Bianco scopre che  nell’area tra Larino e Guglionesi, sono presenti insediamenti dell’età del Bronzo. Gli archeologi, insieme a studenti dell’UniMol, tirocinanti, specialisti, dottorandi e dottorati e liberi professionisti del settore sono tornati nella zona per sottoporre l’area davanti all’antro a ulteriori studi. Hanno scavato con le mani fino a un metro di profondità «perché è il modo migliore per salvaguardare i reperti e fare in modo che tornino alla luce integri», spiega la dottoressa e archeologa Antonella Minelli, responsabile della

sabato 21 ottobre 2017

Archeologia. DAEDALEIA LE TORRI NURAGICHE OLTRE LʼETÀ DEL BRONZO. Articolo di Raimondo Zucca.

Archeologia.   DAEDALEIA LE TORRI NURAGICHE OLTRE LʼETÀ DEL BRONZO
Atti del Convegno di Studi (Cagliari, Cittadella dei Musei, 19-21 aprile 2012)
Sardi Ilienses (Livio, XLI, 12, 4)
Articolo di Raimondo Zucca

I Sardi Ilienses secondo Ettore Pais
Nella memoria lincea del 1881, La Sardegna prima del dominio romano, Ettore Pais affermava:
Il nome Sardegna (Sardò) e l’aggettivo Sardonio (Sardonios) è stato usato per indicare nel complesso l’isola e gli abitanti di essa sin dal tempo di Erodoto, tuttavia sorge il dubbio se questo nome fosse proprio di tutti, ovvero di una sola parte dei Sardi e se il nome di una tribù sia stato poi esteso a tutte le altre. Io propendo a questa seconda opinione e parmi che vi siano degli argomenti che la rendono, per lo meno, degna di essere presa in considerazione. E in primo luogo coloro che parlano degli abitanti del centro dell’isola nominano espressamente dei popoli detti Iliesi e Balari, ma non li chiamano Sardi, che anzi talvolta l’aggettivo Sardi è opposto agli altri due ed è usato per indicare le

giovedì 19 ottobre 2017

Archeologia. Shardana e Sardegna, di Giovanni Ugas.

Archeologia. Shardana e Sardegna, di Giovanni Ugas.

Nell’ambito della XII Edizione del Premio Osilo 2016 Sezione Saggistica, il libro “Shardana e Sardegna. I Popoli del Mare, gli alleati del Nord Africa e la fine dei grandi regni (XV-XII secolo a.C.)”, di Giovanni Ugas, ed. della Torre ha vinto il Premio Selezione «libro dell’anno»

Il giudizio della commissione
Shardana e Sardegna è un’opera che lascia il lettore stupefatto sia per la grande competenza dell’Autore, sia per la ricchezza di documentazione e di immagini. Viene così spalancata un’ampia finestra sulla storia antica dell’Isola sarda, che ha vissuto da protagonista le vicende del Mediterraneo di circa tre millenni fa. L’autore riesce a dare soddisfacenti e documentate risposte ad alcuni quesiti su quell’epoca storica, chiarendo il ruolo delle popolazioni di Sardegna nelle dinamiche socio politiche cui presero parte molti altri popoli di spicco del

mercoledì 18 ottobre 2017

Archeologia. Le donne del Neolitico, quelle vissute 6000 anni fa, viaggiavano e si spostavano di continuo per scambiare oggetti e idee.

Archeologia. Le donne del Neolitico, quelle vissute 6000 anni fa, viaggiavano e si spostavano di continuo per scambiare oggetti e idee.


Una serie di scavi archeologici condotti nella regione tedesca del Lechtal, nella parte meridionale della Baviera, ha rivelato particolari inaspettati della struttura delle società umane nel periodo a cavallo tra l’Età della pietra e l’Età del bronzo, in particolare sugli spostamenti delle persone e quindi degli oggetti e delle idee che portavano con sé.  L’analisi dei resti di alcuni individui sepolti in insediamenti dell’epoca, pubblicata sui "Proceedings of the National Academy of Sciences" da Philipp Stockhammer della Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera e colleghi, mostra infatti che mentre gli uomini erano originari della zona, le donne venivano da altre località, probabilmente dalla Boemia o dalla Germania centrale, secondo una struttura sociale detta

lunedì 16 ottobre 2017

Archeologia. Haou Nebout ( Honebu): Atlantide degli Egizi. Riflessioni di Fabio Marino

Archeologia. Haou Nebout ( Honebu): Atlantide degli Egizi.
Riflessioni di Fabio  Marino

Il geroglifico qui sopra è uno dei più antichi del sistema egizio; ciononostante, il suo significato è tuttora dibattuto. Sotto il profilo grammaticale e sotto quello del significato. Prima che qualcuno si chieda se anche io sono stato colpito dalla sindrome di Atlantide, rassicuro tutti: no, non ancora. Tuttavia, il problema di questo geroglifico mi affascina da parecchio tempo, e perciò, anche se ci sono su questo tema ancora parecchi “lavori in corso”, ho deciso di scrivere qualche riflessione su alcuni aspetti particolarmente interessanti.
Partiamo dal significato: il simbolo riportato nell'immagine sopra è quello con cui gli Egizi, fin dai primordi dello Stato faraonico, indicavano il misterioso territorio dello «Haou-Nebout», e nel contempo anche i suoi abitanti. Lo stesso termine viene utilizzato per indicare gli altrettanto misteriosi “Popoli del Mare”, fronteggiati da Ramsete III intorno al 1.150 a.C., ma il

venerdì 13 ottobre 2017

Archeologia. Oricalco, un metallo sconosciuto che in antichità era più prezioso dell'oro. Lo cita, fra gli altri, il grande filosofo Platone. Il mistero sembrerebbe risolto, ma ci piace pensare che la scienza moderna non sia in grado di spiegare tutto e che Platone ne sapesse molto più di noi.

Archeologia. Oricalco, un metallo sconosciuto che in antichità era più prezioso dell'oro. Lo cita, fra gli altri, il grande filosofo Platone. Il mistero sembrerebbe risolto, ma ci piace pensare che la scienza moderna non sia in grado di spiegare tutto e che Platone ne sapesse molto più di noi.


Il rame nativo e l'alchimia dei metalli.
Quasi 2500 anni fa il filosofo Platone, nel parlare d'Atlantide nel dialogo "Crizia", scriveva:
"L'oricalco, quel metallo che ormai si sente solo nominare, allora era più che un nome, ed era estratto dalla terra in molti luoghi dell'isola, ed era a quel tempo il metallo più prezioso dopo l'oro... essi ricoprirono di bronzo, a guisa di vernice, tutto il percorso del muro della cinta esteriore, e spalmarono di stagno liquefatto quello della cinta interiore, e d'oricalco dai riflessi ignei quello della stessa acropoli".
D'oricalco era rivestito il muro dell'acropoli di Atlantide e d'oricalco era la colonna, dentro il tempio di Poseidone, su cui erano scritte le leggi. L'oricalco è stato a lungo identificato con l'ottone, sulla base d'una frase di Filopono. L'ottone però è una lega, non un metallo. Platone parla dell'oricalco come d'un metallo ormai ignoto (o - per meglio dire - passato in disuso). Il suo colore rosso-fuoco è quello del rame puro ed esclude l'identificazione con il platino, voluta da taluni, ma anche con

mercoledì 11 ottobre 2017

Archeologia. Un misterioso disco di bronzo trovato nel relitto di Antikythera. Una nuova spedizione tra i resti della nave greca famosa per la scoperta del celebre meccanismo ha riportato alla luce importanti reperti, compreso uno di difficile interpretazione. Riflessioni di Sarah Gibbens

Archeologia. Un misterioso disco di bronzo trovato nel relitto di Antikythera. Una nuova spedizione tra i resti della nave greca famosa per la scoperta del celebre meccanismo ha riportato alla luce importanti reperti, compreso uno di difficile interpretazione
Riflessioni di Sarah Gibbens

Arti di bronzo, il coperchio di un sarcofago, pezzi di statue di marmo e un misterioso disco di bronzo sono tra i reperti rinvenuti durante una spedizione di archeologia subacquea in uno dei più antichi e famosi relitti conosciuti. La Divisione delle Antichità sottomarine della Grecia - un'agenzia governativa che dipende dal ministero dell'Archeologia - ha annunciato la scoperta mercoledì scorso al termine di ricognizioni effettuate tra il 4 e il 20 settembre. Situato appena al largo dell'isola greca di Antikythera, a una profondità di 55 metri, il cosiddetto relitto di Antikythera ci consente di dare uno sguardo dal di dentro alla cultura romana nella sua fase di massimo splendore. "Gli archeologi marini hanno trovato un grande tesoro di statue di marmo, di bronzo e altri oggetti", ha detto la

lunedì 9 ottobre 2017

Decifrato il Disco Libarna conservato al Museo archeologico di Genova. Scoperto il funzionamento: è un oggetto legato all’astronomia

Decifrato il Disco Libarna conservato al Museo archeologico di Genova. Scoperto il funzionamento: è un oggetto legato all’astronomia



E' stato finalmente decifrato il significato del Disco di Libarna, un manufatto del I secolo d.C. Il reperto, unico in Europa, conservato al museo di Archeologia ligure, catalogato come peso, è uno strumento astronomico. Scoperto anche il suo funzionamento. Il disco era utilizzato per determinare il nord celeste e calcolare le lunazioni. Fu trovato durante gli scavi di Libarna, antica città romana, a Serravalle Scrivia in provincia di Alessandria. Il disco, di pochi centimetri di diametro, presenta due

sabato 7 ottobre 2017

I 10 giorni di Ottobre della storia che non furono mai vissuti: il calendario Giuliano. Da Giulio Cesare alla riforma di Papa Gregorio XIII, passando per il matematico gesuita Cristoforo Clavio.

I 10 giorni di Ottobre della storia che non furono mai vissuti: il calendario Giuliano. Da Giulio Cesare alla riforma di Papa Gregorio XIII, passando per il matematico gesuita Cristoforo Clavio.

Se qualcuno facesse cenno a qualsiasi fatto storico accaduto a Roma, e in gran parte dell'Europa, fra il 5 e il 14 ottobre 1582, parlerebbe del nulla. E per un semplice motivo: quei giorni non sono mai esistiti, inghiottiti in una sola notte per volere di Gregorio XIII.
Per ricercare le motivazioni di una simile decisione occorre tornare proprio al finire del XVI secolo, quando il dibattito su un'efficace riforma del calendario era entrato in una fase di particolare delicatezza e attenzione. Il vecchio calendario "giuliano", emanato da Giulio Cesare nel 46 a.C., si rivelava infatti come "fallace": secondo i calcoli del matematico tedesco di origine gesuita Cristoforo Clavio, la durata di un anno "giuliano", 365 giorni e 6 ore, non era esatta, poiché l'anno solare medio è più corto di circa 11 minuti, portando così ad un accumulo di un giorno di ritardo ogni 128 anni. E nel 1582 la differenza, complici altri ulteriori aggiustamenti, andava a toccare i 10 giorni, con

mercoledì 4 ottobre 2017

Archeologia. La medicina nell'antica Grecia. Riflessioni di Pitagora, Alcmeone di Crotone, Ippocrate, Galeno e Aristotele.

Archeologia. La medicina nell'antica Grecia. 
Riflessioni di Pitagora, Alcmeone di Crotone, Ippocrate, Galeno e Aristotele.


Nelle prime fasi, la medicina occidentale (non ci occuperemo della medicina orientale) era una medicina teurgica, in cui la malattia era considerata un castigo divino, concetto che si trova in moltissime opere greche, come l'Iliade, e che ancora oggi è connaturato nell'uomo.
Il simbolo della medicina è il serpente, animale sacro perché ritenuto, erroneamente, immune dalle malattie. Secondo un'altra versione nel simbolo non è rappresentato un serpente, ma l'estirpazione del Dracunculus medinensis o verme di Medina. Comunque, il serpente aveva un'importante funzione pratica nella medicina antica: nel tempio di ogni città c'era una sorta di cunicolo con i serpenti. Il tempio, infatti, non era solo un luogo di devozione, ma anche un luogo dove si portavano i malati: la fossa dei serpenti serviva a spaventare il paziente, a cui probabilmente venivano date anche delle

lunedì 2 ottobre 2017

Archeologia: Platone e Atlantide. Come le nuvole all’imbrunire. Il Cappellano di Svezia e la ricerca delle Atlantidi mediterranee: la Sardegna. Riflessioni di Alfonso Stiglitz

Archeologia: Platone e Atlantide. Come le nuvole all’imbrunire.
Il Cappellano di Svezia e la ricerca delle Atlantidi mediterranee: la Sardegna.
Riflessioni di Alfonso Stiglitz


Il titolo. "come le nuvole all'imbrunire" è l'espressione utilizzata da Diderot per criticare il Cappellano di Svezia e i cercatori di Atlantide, equiparandoli ai bambini che al cadere del sole guardano le nuvole e in esse ognuno di loro vede quello che vuole, un viso, un animale ecc. 
L'epigrafe è questa:
je veux mourir si vous ne regardez l’auteur comme un enfant qui s’amuse à observer les nuées à la chute du jour. Le jour est bien tombé depuis environ deux mille cinqcents ans que Platon écrivait, et M. l’aumônier de Suède a vu dans les nuées de l’auteur grec,tout ce qu’il a plu à son imagination, aidée de beaucoup de connaissances, d’étude et de pénétration.
Excellent mémoire à lire pour apprendre à se méfier des conjectures des érudits.
che, tradotta in italiano suona grossomodo così: 
Voglio morire se non guardi all'autore come a un bambino che ama osservare le nuvole alla fine della giornata. Il giorno è sceso per circa duemila e cinquecento anni da quando ha scritto Platone e il cappellano svedese ha visto nelle nuvole dell'autore greco,tutto ciò che ha amato nella sua immaginazione, aiutato da molta conoscenza, studio e penetrazione.
Eccellente memoria da leggere per imparare a diffidare delle congetture degli studiosi.


ll racconto – né mito, né leggenda (Janni 2004: 63) – di Platone sulla storia di Atlantide e sulla sua sorte di tragica grandezza fu sostanzialmente ignorato  dai  suoi  contemporanei  e  successori,  salvo  scarne  citazioni, un’autorevole   stroncatura e significativi silenzi sino alla scoperta dell’America, quando si pose la necessità di spiegare la presenza di quelle inaspettate terre e l’identità  dei  suoi  abitanti,  nel  solco  del  testo  biblico (Gliozzi  1977;  Ciardi  2002).  Da qui  il  sorgere  del  mito  che,  seppure proiettato  al  di  là  del  Mediterraneo,  a  un  certo punto  trova  il  modo  di attraversare lo Stretto di Gibilterra per tornare nelle accoglienti braccia del