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giovedì 13 aprile 2017

Archeologia. I Fenici e gli altri. Traffici commerciali nel Mediterraneo della Prima età del Ferro. Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Archeologia. I Fenici e gli altri. Traffici commerciali nel Mediterraneo della Prima età del Ferro
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Parlare dei rapporti fra i mercanti fenici e le comunità indigene del Mediterraneo Occidentale comporta un’esposizione di cronologie, di spazi geografici, di modelli d’insediamento. L’epoca in questione inizia all’alba del Primo Millennio a.C. e si conclude intorno al 600 a.C. Le aree interessate comprendono Malta, la Sicilia nord-occidentale, la Sardegna, il Nord-Africa e la Penisola iberica. In passato gli studiosi attribuivano ai fenici una valenza commerciale, tuttavia occorre mettere in evidenza i cambiamenti climatici che colpirono il Vicino Oriente durante la prima età del Ferro causando una forte riduzione delle terre coltivabili e una conseguente crisi alimentare. Inoltre, dall’850 a.C. la spinta degli Assiri per la conquista di uno sbocco a mare danneggiò e limitò ancora le terre fertili. Fu dunque il
concatenarsi di eventi naturali e politici che causò lo spostamento di genti dal settore rurale a quello legato alle attività costiere, e furono necessari diversi secoli per stabilizzare la nuova situazione socio economica. I primi approdi a essere frequentati da questi mercanti navali furono quelli nei quali i manufatti esotici e le raffinate produzioni artigianali fenicie potevano essere scambiate con derrate alimentari. Naturalmente, una delle chiavi del successo dei traffici commerciali fu l’utilizzo massiccio dei metalli come moneta di scambio poiché questi materiali erano apprezzati in tutti i lidi e da tutti i popoli. Analizzando i dati archeologici nel Mediterraneo di 3000 anni fa, si nota l’emergere di una serie di porti e approdi con caratteristiche comuni come, ad esempio, la facilità di approdo, la presenza di acqua potabile favorita dalla vicinanza alle foci dei fiumi, i sistemi di messa in sicurezza per le operazioni mercantili, l’entroterra favorevole in termini di terre coltivabili e vie di accesso, la possibilità di mettere al sicuro le barche in caso di mareggiate o forte vento, la volontà dei locali di intraprendere scambi con i nuovi arrivati, mentre gli insediamenti già strutturati basano le loro ricchezze prevalentemente sullo sfruttamento delle risorse agropastorali del territorio circostante.
Ad esempio il sito di Cadice, nella zona dell’attuale Stretto di Gibilterra, abbiamo il Castillo de Doña Blanca, posizionato in una piccola insenatura in prossimità della foce del Guadalete. Già nell’VIII a.C. le sue 500 abitazioni occupavano una superficie di 7 ettari delimitata da una possente muraglia preceduta da un fossato di 20 metri di ampiezza. La ceramica rinvenuta dagli archeologi testimonia la ricchezza del centro, un porto in grado di svolgere relazioni commerciali ad ampio raggio con tutte le coste mediterranee. Inizialmente nel territorio si svolgevano attività legate alla pesca, alla raccolta di molluschi e alle operazioni di piccolo cabotaggio, ma nell’arco di un secolo l’approdo fu attrezzato di tutti gli elementi utili allo svolgimento in sicurezza degli scambi. Fu costruito un tempio dedicato a Melqart, sull’isolotto di Sancti Petri. Si tratta, come in tanti altri approdi del Mediterraneo, di un santuario che rappresenta simbolicamente il centro religioso, politico ed economico dell’incontro fra locali e mercanti. L’insediamento era composto dall’approdo nell’isoletta posta nella baia di Cadice e da un suo avamposto sulla terraferma che garantiva la sicurezza nei confronti di eventuali aggressioni da popolazioni dell’interno. Le fonti storiche raccontano delle immense  ricchezze minerarie della regione e dei rapporti fra gli insediamenti costieri e le aree montuose interne nelle quali sono presenti decine di piccoli insediamenti concepiti come aree produttive. La base economica di queste comunità è di tipo agropastorale e il commercio dei metalli si sviluppa in un secondo momento. C’è da osservare che in altre zone, invece, lo sfruttamento delle miniere era in piena attività, con officine specializzate nella lavorazione di armi e di oggetti in rame e bronzo. Questi materiali erano oggetto di regolari commerci, anche a lunga distanza, e ciò suggerisce una struttura sociale gerarchizzata con élites in grado di gestire la filiera mineraria, dall’estrazione, alla fusione e al trasporto verso i mercati.  In queste élites erano presenti dei leader che rappresentavano gli interessi del gruppo di appartenenza, e ciò favorì le relazioni con i mercanti che approdavano nei luoghi deputati allo scambio. Il metallo sotto forma di lingotti e il minerale allo stato grezzo venivano trasportati soprattutto lungo il corso dei fiumi per poi essere imbarcati alla volta dei mercati oltremare. Verosimilmente, una parte del minerale allo stato grezzo era trasportato direttamente sino alla costa, dove era fuso in centri specializzati. Il dato è di grande interesse nelle zone con presenza di piombo, dal momento che sappiamo quanto questo metallo sia fondamentale nella coppellazione, una tecnica utilizzata nella fusione dell’argento.  Le relazioni commerciali instaurate negli approdi, innescarono un processo di acculturazione che portò rapidamente alla creazione di impianti urbani, con edifici organizzati sia in quartieri abitativi sia in quartieri industriali, questi ultimi con ambienti per attività metallurgiche e magazzini per lo stoccaggio dei prodotti alimentari. E’ evidente che gli approdi più importanti dovettero dotarsi di muraglie difensive e altri apparati militarizzati poiché le ingenti risorse accumulate costituivano un boccone prelibato per qualunque popolo esterno. Appaiono, dunque, villaggi nei quali sono presenti elementi di riconoscimento come templi, fortificazioni, forni, necropoli, capanne  artigianali e altre strutture nelle quali confluivano sia le materie prime provenienti dalle regioni metallifere, sia i manufatti e i prodotti utilizzati dai mercanti come contropartita negli scambi e destinati alle comunità dell’interno. L’organizzazione commerciale si mescolò a quella politica e a quella sociale, con una fattiva collaborazione tramite una serie di patti e di alleanze stabiliti dai mercanti con i capi delle comunità. La testimonianza di questa strategia politica è individuabile nei manufatti esotici e i beni suntuari rinvenuti nei villaggi dell’interno che, grazie alla loro posizione, svolgevano una forma di controllo sul flusso dei metalli.
Dai porti il metallo veniva imbarcato su flotte adatte alla navigazione d’altura, e la rete commerciale si articolò a dismisura, con ingenti ricchezze che furono distribuite in tutto il Mediterraneo. Questi traffici portarono notevoli benefici anche alle popolazioni indigene, ed è evidente che furono inserite negli scambi anche grandi quantità di derrate alimentari, soprattutto olio e vino vista la massiccia presenza di anfore utilizzate per il loro trasporto e da altre tipologie ceramiche, quali le brocche bilobate e le coppe carenate.
Le nuove tecnologie dei settori produttivi vanno dall’introduzione della tecnica del tornio e della depurazione dell’argilla alla metallurgia e alla lavorazione di utensili e oggetti preziosi ma si nota anche una grande attenzione alle modifiche nel piano urbanistico.  Gli studi testimoniano nuove pratiche funerarie, con la presenza di corredi funerari con urne contenenti i corpi cremati, piatti con offerte di cibo, anfore a collo espanso per le sostanze oleose e brocche per il vino che attestano la pratica del banchetto rituale. I mercanti levantini trasportavano nell’Occidente mediterraneo l’olio attico, considerato di qualità eccellente, che veniva commerciato in anfore di lusso di produzione greca, denominate «SOS».

L’ostentazione di beni di prestigio indica un accumulo di ricchezze motivato dai floridi commerci e dalla buona organizzazione della filiera.  All’aumento della domandasi rispose con un notevole incremento delle attività produttive e all’introduzione di nuove tecnologie in grado di determinare la formazione di un surplus. Le terre fertili furono sfruttate intensivamente e, parallelamente, fu specializzata la filiera mineraria. Commercianti, artigiani, carpentieri e tecnici aumentarono di numero e qualità professionale, andando a formare un substrato nel quale emersero elitès in grado di governare gli approdi e i distretti dell’interno. La comparsa nella ceramica di grandi contenitori suggerisce  la creazione di una florida filiera alimentare con traffici di olio, vino, carne salata e altre derrate. probabilmente gli animali sacrificati nei santuari erano successivamente macellati e le loro carni lavorate, salate e trasportate tramite speciali contenitori riconoscibili dal tipo di decorazione. 

Nell'immagine: Collana in pasta vitrea conservata al Museo Archeologico di cagliari

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