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venerdì 28 ottobre 2016

Archeologia. La preistoria in Sardegna. Il passaggio fra l'età della pietra e l'età del rame: la "Cultura di Ozieri".

Archeologia. La preistoria in Sardegna. Il passaggio fra l'età della pietra e l'età del rame: la "Cultura di Ozieri".
di Pierluigi Montalbano

Le “genti di Ozieri” crearono una cultura che durò circa mezzo millennio, a cavallo fra età della pietra ed età del rame, fra il 3200 e il 2700 a.C. Nella grotta San Michele, nome con cui è conosciuta questa cultura, furono trovate tracce archeologiche significative durante le campagne di scavo del 1914 e del 1949, ad esempio vasi tripodi colorati con ocra rossa, finemente lavorati e decorati con motivi geometrici incisi. Si tratta di eleganti ceramiche che quelle antiche genti iniziarono a produrre grazie alle conoscenze acquisite durante la frequentazione con altri popoli nell’ambito degli scambi commerciali avviati sulle rotte navali per il trasporto dell’ossidiana sarda in altri ambiti mediterranei. La presenza nell’isola di metalli come rame e argento, e l’avvio di
nuove tecniche manifatturiere e metallurgiche, furono la spinta evolutiva che nel giro di pochi secoli portò in Sardegna notevoli cambiamenti nella vita quotidiana. Una caratteristica di questa cultura fu il cambiamento repentino dell’organizzazione sociale che si arricchì di numerosi villaggi dove la diversificazione delle attività produttive portò a un grado di benessere sconosciuto fino ad allora. Nacquero centinaia di piccoli centri rurali, dislocati in pianura e in montagna, pianificati in capanne circolari e rettangolari costruite in pietra locale, sulle quali svettava una struttura conica in legno ricoperta di frasche. Ancora oggi, alcune capanne, denominate Pinnettu, Barraccu o Cuile, secondo la zona, sono realizzate con questo sistema architettonico che garantisce una durata nel tempo e la possibilità di godere di un buon confort. Si costruiscono creando il muro perimetrale in pietra e innalzando la struttura in legno, di forma conica, di circa 3-4 metri d’altezza. All’interno si dispongono delle pietre per delimitare l’area de su foghile, in cui accendere il fuoco, mentre intorno alle travi si dispongono dei ripiani per riporre i prodotti caseari o gli attrezzi da lavoro. Nella parte alta c’è un cappello chiamato su cugumale, la cui funzione è quella di proteggere la capanna dalle intemperie, e di far scorrere l’acqua piovana lungo le travi portanti, disposte in modo tale da poter far fuoriuscire il fumo verso l’esterno, attraverso gli interstizi del legno. A volte si trovano delle capanne più importanti, dotate di pavimento acciottolato o realizzato con lastre di calcare o basalto.

L’assenza di fortificazioni a difesa dei villaggi e la scarsità di armi rinvenute nelle sepolture, suggeriscono comunità pacifiche che collaboravano per il benessere collettivo. Il rito funerario prevedeva l’inumazione dei defunti in grotticelle scavate nella roccia, chiamate domus de janas. La colorazione dei corpi con ocra rossa aveva un significato rigenerativo perché il rosso era il colore del sangue, e gli studiosi sono concordi nel ritenere che secondo le antiche credenze sulla fertilità i corpi venivano cosparsi di sostanze oleose e balsamiche, e poi dipinti di rosso per rigenerarli a nuova vita. Le sepolture erano raggruppate in necropoli, con tombe semplici e altre più elaborate. Le più monumentali, appartenevano probabilmente ai leader politici e religiosi delle comunità. Le decorazioni interne, la lavorazione degli ingressi e il ritrovamento di corredi funerari elaborati, testimoniano una società ben organizzata e culturalmente avanzata. Nell’isola, distribuite capillarmente, abbiamo migliaia di queste grotticelle scavate nella roccia. Realizzate similmente alle case dei vivi, erano articolate con varie stanze e avevano pareti ornate con simboli magici in rilievo: teste di toro dotate di corna, spirali e altri disegni geometrici. Sono attribuibili all’inizio della cultura di Ozieri anche i circoli megalitici funerari presenti in Gallura. Queste particolari sepolture sono costituite da pietre infisse verticalmente che delimitano un'area circolare al centro della quale c’è un sepolcro quadrangolare in pietra che conteneva il defunto. La religiosità di queste genti era legata ai riti della fertilità, alla dea madre e alla natura, con attenzione particolare alle sorgenti, alla pioggia, agli alberi e altro. La dea madre era rappresentata attraverso statuine in pietra, osso o terracotta, con forme eleganti e raffinate. Altra figura importante era quella del dio toro, espressione di un culto maschile. Questo animale incarnava, appunto, la fertilità maschile legata al concetto della fecondità agricola. La religiosità che si riscontra attraverso le indagini archeologiche, testimonia un forte legame tra il simbolismo femminile legato a luna e acqua, e il simbolismo taurino maschile legato al sole e al fuoco. 

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