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domenica 28 agosto 2016

Archeologia. Piramidi e Papere, post ad alto contenuto di polemica contro i complottisti.

Archeologia. Egitto, Piramidi e Papere, post ad alto contenuto di polemica contro i complottisti
di Matteo Riccò

Premessa.
Ieri mia figlia mi ha chiesto di spiegarle cosa fossero le piramidi. Si sa che le immagini valgono più di mille parole, per cui ho cercato di aiutarmi con le immagini delle Grandi Piramidi di Giza. Frugando su internet, mi sono imbattuto nei soliti post complottari, il cui esito finale è stato un conato di bile. Il post nasce da qui.
Partiamo da un dato di fatto piuttosto curioso: avete una vaga idea di quante siano le Piramidi in Egitto? Di solito, anche i nostri libri di storia dell'arte ce ne mostrano 3+1: le grandi Piramidi di Giza (quelle Kufu, Khafra e Menkaure) e quella a gradoni di Saqqara. In realtà, Lepsius nel XIX secolo ne contò la bellezza di 67. Uno dei dogmi complottari è che le Grandi Piramidi (e in particolare LA grande piramide, quella di Kufu, per gli amici Cheope) siano sorte perfette come sono praticamente dal nulla. Ebbene: scorrendo questa lista (https://en.wikipedia.org/wiki/Lepsius_list_of_pyramids) e quella cronologica (https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_Egyptian_pyramids) si può agevolmente smontare questa prima falsa verità: la Grande Piramide è, in ordine cronologico, solo la VII Piramide mai costruita per un Faraone.
Quando i faraoni della IV dinastia iniziano cioè il loro programma edilizio, le tecnologie necessarie alle realizzazione delle piramidi sono già in possesso degli Egizi e rodate da almeno 300 anni di
ricerche tecniche. Quali tecnologie allora? Ci arriviamo dopo. Seguitemi ancora per un attimo.
Perché bisogna sottolineare questo secondo elemento: la forma (geometricamente perfetta) della Grande Piramide di Kufu è il punto di approdo di un duplice percorso di ricerca, sia stilistico che tecnico.
Kufu, Khafra e Menkaure (per gli amici: Cheope, Chefren e Micerino) appartengono infatti alla 4a dinastia: dal punto zero dello stato egiziano, e cioè l'ascesa al trono del faraone Menes/Narmer (http://www.francescomorante.it/pag_1/104a.htm) (che per secoli considerato un personaggio leggendario, oggi sappiamo essere figura storica molto precisa, di cui abbiamo anche un ritratto) nel 3.100 a.C. abbiamo quindi ALMENO 500 anni prima che Djoser programmi la realizzazione della prima Piramide a Gradoni, quella di Saqqara.
In realtà, lo stesso Menes/Narmer non è solo il primo re di un Egitto unificato (ed il primo a fregiarsi del titolo di "Sposo dei Due Regni" per questo preciso motivo) ma è anche l'ultimo re del Sud: il suo predecessore più celebre è il Re Scorpione, altro personaggio quasi leggendario che oggi sappiamo essere vissuto circa un secolo prima dello stesso Narmer (ed anche di questo "abbiamo una diapositiva" (http://www.thehistorytemple.com/…/arte-del-periodo-predina…/) e la cui esistenza storica è stata prima provata dal ritrovamento di una scritta in proto-geroglifico da parte dell'archeologo John Darnell, e poi di una tomba ad Abydos che a quella scritta fa esplicito riferimento in una parte del materiale ivi ritrovato. Se dubitate che ciò sia possibile, anche perché l'unico Scorpion King che conoscete è quello interpretato da The Rock, si tratta della tomba U-j ed è stata trovata dagli archeologi tedeschi una decina di anni fa. Insieme a quella di Narmer: e su questo ci torniamo fra un attimo.
Già, perché il Re Scorpione (o Weha o Selk in egiziano) e Narmer hanno un proprio sepolcro che, mutatis mutandis, non sono inferiori per sfarzo a quello dei più celebri successori. Risalendo ad un periodo più remoto sono semplicemente più primitivi. E come si compongono? Bene: gli archeologi tedeschi che hanno scavato la necropoli reale di Abydos, primo centro del regno del Sud e poi del regno egiziano unificato, hanno scoperto un'evoluzione molto interessante.
Da principio, le tombe di Weha e dei suoi immediati successori avevano l'aspetto di una specie di fossa scavata nel terreno, colma di beni materiali necessari alla vita dell'aldilà. Lo scavo era quindi sormontato da una struttura in materiale deperibile (si potrebbe azzardare qualche muro in fango, tende, forse qualche struttura lignea anche se il legno in Egitto era materiale prezioso) che serviva ai vivi per svolgere le funzioni religiose o semplicemente per mantenere quel contatto costante con il defunto che, in fin dei conti, apparteneva ed appartiene ancora oggi alla pietas umana sin da tempi preistorici.
Già al tempo di Narmer, era sorta l'abitudine di compartimentare la fossa: proprio quella di Narmer, scoperta del 1977 fu probabilmente la prima a strutturarsi come una replica dell'abitazione del Faraone (http://www.touregypt.net/featurestories/abydos.htm). Non è un caso, posto che in quegli anni si imponeva il culto di Iside ed Osiride con la concezione di un al di là che rappresenta (attenzione: inizialmente per il SOLO Faraone) la prosecuzione dell'esistenza terrena.
I successori di Narmer aggiunsero a questa composizione un elemento molto interessante, che si mantenne nella II e nella fase iniziale della III dinastia: la tomba viene sormontata da una struttura PRIMA in terra battuta sulla quale viene poi trasferita la struttura cultule, POI in mattoni, infine in pietra, le quali diventano LA struttura cultuale del Faraone, in una specie di riflesso della tomba sotterranea. Non sappiamo come gli egiziani la chiamassero (e del resto il termine Piramide non è egiziano ma greco, e significa "pietra fermaporte" perché i greci usavano pietre piramidali per quello scopo, come del resto tutt'oggi in Toscana): oggi è invalsa l'abitudine di usare il termine arabo "mastaba", che significa "panca" (che figurativamente rende molto l'idea).
A questo punto entra in gioco la politica.
Non conosciamo i dettagli con precisione, ma il passaggio dalla II alla III dinastia è segnato da una specie di congiura di palazzo in cui Nimaathap, moglie dell'ultimo faraone della II dinastia (Khasekhemwy, il primo di cui possediamo o meglio abbiamo posseduto un corpo mummificato, andato perso a causa di un errore di catalogazione del curatore del museo egizio Petrie circa un secolo fa) eliminò il marito per garantire l'ascesa al trono del figlio di primo letto Djoser a scapito probabilmente dell'erede legittimo Nebka (che poi fu accuratamente cancellato da quasi tutte le liste reali).
Djoser aveva, quindi, un serissimo problema. A quel tempo non era ancora invalso il principio dinastico per cui il diritto regale passa per linea femminile (che comparirà con la XVIII dinastia, quasi mille anni dopo). Doveva quindi confermare la propria regalità. Quale progetto migliore di una tomba regale che superasse in dimensioni e prestigio tutte quelle precedenti?
Vale la pena ricordare che le tombe regali avevano acquisito da almeno 2-3 secoli un preciso significato politico, tant'è che ne venivano sempre realizzate due, una contenente le spoglie mortali del re ed usualmente realizzata nell'alto Egitto (luogo di origine della dinastia) ed una vuota riservata al basso Egitto (terra conquistata dall'alto Egitto, e che più volte aveva tentato di affrancarsi dal regno del sud). Lo scopo delle sepolture era semplice: FARSI VEDERE, in modo da segnare il panorama egiziano con la propria presenza fisica, soprattutto nell'attimo della transizione da più alta figura umana a figura divina.
Di questo passaggio molto delicato fu incaricato l'architetto regale Imhotep (https://en.wikipedia.org/wiki/Imhotep…), un polimate (geometra, agronomo, medico etc etc) che realizzò il progetto prefigurato dal proprio sovrano nell'area di Saqqara dove (nota importante per quanto detto poc'anzi) Khasekhemwy aveva deciso di essere seppellito.
Imhotep iniziò il progetto in modo molto semplice: fece realizzare, semplicemente, la Mastaba più grande vistasi fino a quel momento. Per rendere il monumento più apprezzabile dalla distanza, sulla prima struttura, ne fece realizzare una seconda. E sulla seconda una terza, e una quarta sulla terza. Per rendere più semplice il processo costruttivo, il tempio funerario fu separato dalla costruzione tombale, e posizionato di fronte ad essa anziché sopra o al suo interno.
Solo che, a quel punto, accadde una cosa piuttosto curiosa: a dieci anni dall'inizio della costruzione (intrapresa all'indomani dell'ascesa al trono) re Djoser era ancora vivo ed in ottima salute. A conti fatti, sarebbe morto solo 10 anni dopo e, secondo la tradizione (che a questo punto già aveva 500 anni alle proprie spalle), la costruzione della tomba sarebbe dovuta proseguire fino alla morte del faraone. Imhotep risolse la cosa in modo molto brillante, applicando una soluzione che chiunque abbia fatto una costruzione con i LEGO ha messo in atto almeno una volta in vita sua (e che infatti sarebbe stata la metodica standard di allargamento delle piramidi mesoamericane): allargando la base della mastaba iniziale con una specie di sovrastruttura a "C", e quindi a seguire quella delle altre tre, consentendo di posizionare due strati successivi. La costruzione in due tempi è ancora evidente sia a livello estetico (questa la rappresentazione standard in cui si mostra il lato "bello" https://upload.wikimedia.org/…/S10.08_Sakkara%2C_image_9638…, ma qui la separazione fra le due fabbriche è palese:http://www.touregypt.net/featurestories/dsteppyramid2.htm) che statico: il sovrapporsi di più strutture ed il fatto che la fabbrica primordiale non fosse pensata per reggere un peso simile fece sì che la stabilità della piramide fosse compromessa praticamente da subito. Oggi la Piramide di Saqqara è infatti in pessime condizioni (qui trovate un documentario dedicato agli sforzi titanici che il governo egiziano sta mettendo in atto per salvarlahttps://www.youtube.com/watch?v=qvSbtf68AOg).
La piramide di Djoser, ancorché un risultato eccezionale dal punto di vista ingegneristico, è quindi una struttura di transizione, in cui si abbozza l'estetica definitiva e più celebre delle sepolture faraoniche dell'Antico Regno e al tempo stesso sopravvive la struttura di replica della dimora terrena del faraone (i sotterranei ricalcano infatti quelli di una casa vera e propria, ciò che verrà eliminato in seguito). Tuttavia, manca di quell'elemento fondamentale dell'architettura della Grande Piramide che per migliaia di anni l'ha tenuta in piedi: il c.d. "zed" (o djed). Cos'è lo zed? Mettiamolo da parte, ci torniamo tra un attimo.
Dopo Djoser, la costruzione di piramidi fu temporaneamente abbandonata. Sul perché possiamo solo speculare: fu comunque ripresa da un sovrano che sui libri di storia europei non viene MAI citato, ma che - molto prima di Ramesses II fu l'epitome del "buon sovrano" per tutta la storia egiziana, e cioè Sneferu (o Snefru). Per intenderci: fino all'epoca di Cleopatra (stiamo cioè parlando di ben oltre 2000 anni dopo!) quando uno scrittore egiziano voleva ambientare in una storia in un passato mitologico e "perfetto" (insomma, in un'ipotetica età dell'oro) questa abitualmente iniziava con l'allocuzione "tanto tempo fa, ai bei tempi del re Sneferu" o giù di lì.
Sneferu fu il primo sovrano della IV dinastia: ascese al trono in circostanze simili a quelle di Djoser (i.e. la moglie Meresankh dell'ultimo faraone della III dinastia ed ultimo erede di Djoser, agevolò l'ascesa al trono del figlio di primo letto Sneferu) ed ebbe quella che potremmo definire un'esistenza "larger than life", analoga per molti aspetti a quella di Ramesses II, con la differenza che molte delle pretese di quest'ultimo sono spesso cartacee (chi ha parlato di Qadesh?), mentre quelle di Sneferu furono fattuali: conquistò il Sinai, portò le armate Egiziane fino al Libano e, a sud, fino al cuore del Sudan e probabilmente lambendo la moderna Etiopia. Sotto al suo regno, l'Egitto ebbe l'unico momento di espansione demografica esplosiva, segnato (o conseguenza?) dell'espansione del nucleo territoriale sia verso sud che verso nord. Per farla breve, Sneferu si ritrovò a disposizione una quantità di ricchezze senza precedenti e una manodopera parimenti superiore a tutti i suoi predecessori (nonché la necessità di unire il regno in un unico progetto fondante in cui tutta la diversa popolazione dei nomi egiziani, i distretti corrispondenti ai primitivi piccoli regni progressivamente accorpati da Re Scorpione e Narmer, potesse riconoscersi). E la necessità di rafforzare la propria pretesa al trono, e con la propria quella dei suoi successori. Ancora una volta la soluzione fu la costruzione di una tomba imperiale.
L'idea politica di Sneferu era semplicissima: riallacciarsi al più celebre sovrano della dinastia precedente, proprio Djoser, in modo da avvalorare il proprio diritto dinastico, riproducendone la sepoltura ingrandita ed abbellita. Tenendo presente che all'atto della sua propria sepoltura, che sarebbe stata compito del suo successore, quest'ultimo avrebbe potuto godere di tale legittimazione (perché, ricordiamolo, la legittimazione del nuovo faraone passerà sempre tramite due elementi: essere di sangue regale, prima per linea maschile poi per quella femminile e seppellire il sovrano precedente). 
A ciò si aggiunge un altro elemento interessante: in quegli anni l'Egitto stava subendo una rivoluzione religiosa che segnava il passaggio dal culto di Osiride a quello di Ra, che sarebbe trionfato con la successiva V dinastia (che infatti costruiranno tombe molto più modeste per dimensioni e sfarzo, e in compenso metteranno in piedi templi solari di dimensioni inaudite) ed avrebbe dominato sull'Egitto fino alla XVIII dinastia. L'elemento cardine del culto solare è l'obelisco, che rappresenta la luce del sole che investe la terra. Ebbene: il primo tentativo di Sneferu è per l'appunto una costruzione che richiami la tomba di Djoser e al tempo stesso abbia una forma ad obelisco. 
Si tratta della Piramide di Meidun (https://en.wikipedia.org/wiki/Meidum) (https://en.wikipedia.org/wiki/Meidum…) che avrebbe dovuto avere l'aspetto di un vero e proprio pinnacolo. 
Gli ingegneri di Sneferu progettarono la Piramide di Meidun come un susseguirsi di mastabe (come fatto da Imhotep per Djoser), i cui gradoni sarebbero poi stati smussati dall'apposizione di materiale plastico o comunque decorativo. Per esaltarne la verticalità, le stesse mastabe furono realizzate con un'altezza media superiore a quella di Djoser.
Come spesso accade quando si pensa che i propri predecessori siano stati troppo prudenti o troppo ingenui, l'errore è dietro l'angolo. La fisica è la stessa oggi come 5000 anni fa, e la piramide di Meidun semplicemente collassò su sé stessa a causa del peso eccessivo gravante su una superficie troppo ridotta.
Già questo potrebbe bastare per spiegare ai fautori degli "antichi astronauti" che non ci siano stati misteri e segreti rivelati ai poveri egiziani da chissà quale viaggiatore dello spazio, ma solo tanta fatica ed ostinazione nel procedere per tentativi ed errori.
Ma Sneferu fece di meglio: deciso a portare a termine il proprio progetto, pianificò la realizzazione di una seconda piramide, la c.d. "piramide romboidale di Dashur" (eccola qui: https://en.wikipedia.org/wiki/Sneferu…).
Per ovviare al problema vissuto nella realizzazione precedente, gli architetti di Sneferu allargarono moltissimo la base. Purtroppo, commisero due ulteriori errori.
Il primo: la base di Dashur (più solida dell'area di Meidun) era infatti irregolare e non fu adeguatamente livellata prima della costruzione. Errore che oggi consideriamo marchiano, ma consideriamo che MAI prima di allora si fossero tentate costruzioni così grandi!
Il secondo: anche allargando la base, per una semplice ragione di fisica statica, il peso della pareti inclinate sarebbe progressivamente gravato sul centro della struttura, determinandone il collasso. Secoli dopo, gli Khmer avrebbero risolto il problema realizzando il centro delle proprie piramidi (che infatti hanno pareti molto inclinate) con terra battuta ed isolata dall'applicazione di materiale a tenuta d'acqua, che avrebbe garantito una maggiore tenuta sia all'applicazione delle forze statiche che di quelle dinamiche dei terremoti (ed ancora una volta, i nostri informatori alieni avrebbero quindi dormito un po' nel passare le informazioni ai vari costruttori). 
Per ovviare, gli architetti di Sneferu ebbero l'intuizione di realizzare una serie di proto-archi in pietra che, oltre a creare una specie di volta da destinare alla sepoltura simbolica del faraone (quella reale sarebbe stata sotterranea: si unificava cioè in una sola struttura la duplice sepoltura propria delle prime dinastie), avrebbe dovuto stabilizzare il tutto. Questi pseudo-archi furono però realizzati in corso d'opera.
Ahimé, ancora una volta le cose andarono diversamente dal progetto iniziale, ed il collasso della struttura fu così marcato che la costruzione fu fermata più o meno a metà: gli architetti provarono a rimediare abbassando l'altezza finale (da qui la forma romboidale della costruzione) e riducendo il peso del rivestimento esterno (che, ironia della sorte, essendo di minore qualità rispetto a quelle delle piramidi seguenti fu quindi risparmiato dalle spoliazioni medievali). Anche così, il cuore della Piramide iniziò a manifestare evidenti segni di cedimento, tanto da spingere lo stesso Sneferu (o meglio: i suoi artefici) ad applicare enormi travi in cedri del Libano per puntellarla (a tale proposito: molti di essi sono ancora lì, molti altri furono aggiunti dal terzogenito di Ramesses II, che di hobby faceva ... l'archeologo!).
Un uomo come Sneferu poteva accontentarsi di una sepoltura che rischiava di crollargli sul sarcofago da un momento all'altro (anche se in effetti la piramide è ancora lì...), e che oltretutto era decisamente anti-estetica? Assolutamente no. E quindi Sneferu fece realizzare una TERZA piramide, la Piramide Rossa (https://en.wikipedia.org/wiki/Red_Pyramid) che, facendo tesoro degli errori precedenti, ha una serie di adattamenti strutturali: il basamento fu livellato accuratamente prima della costruzione e al suo interno ospita una serie di supporti tecnici. Due in particolare: mentre nella Piramide Romboidale la pseudo-volta fu realizzata come adattamento in corso d'opera, qui la piramide fu letteralmente costruita attorno ad essa (https://en.wikipedia.org/wiki/Red_Pyramid…). La differenza è la stessa che passa fra le cattedrali romaniche ingrandite e rinforzate dall'applicazione di contrafforti laterali e le successive cattedrali gotiche, erette contando sui contrafforti già in sede di progettazione, e che quindi possono beneficiare di un più spiccato verticalismo.
Secondariamente, nella struttura fu predisposto lo zed. Lo zed (o djed:https://en.wikipedia.org/wiki/Djed) ha un significato simbolico, rappresentando la colonna dorsale di Osiride ma, in questo caso, si tratta più banalmente di una serie di enormi massi di pietra disposti con una precisa geometria al centro della piramide con il fine di garantire lo scarico delle forze statiche (http://i218.photobucket.com/…/cc2…/photoneffect/GPwest-1.gif qui vediamo la rappresentazione della similare Grande Piramide).
Risultato: la Piramide Rossa ha una massa complessiva che è 5 volte quella di Djoser, è inferiore solo alle due Piramidi successive di Kufu e Khafra (che strutturalmente sono basate sullo stesso progetto), ed è in quasi perfetto stato di conservazione.
Tutta la saga di Sneferu è quindi fondamentale per smentire un altro dogma dei fautori degli antichi astronauti: sarebbe stato impossibile per gli antichi realizzare foss'anche in 30 anni una struttura così imponente. Beh: Sneferu regnò per 26-28 anni (lo sappiamo perché non celebrò la cerimonia dei 30 anni di regno, un rituale importantissimo e che segnava la simbolica rigenerazione del sovrano ad una nuova giovinezza... Pepi II per la cronaca ne celebrò 3 e Ramesses II 2) e in quell'arco di tempo riuscì a far completare 3 piramidi. La cui massa complessiva è di 638,733 + 1,237,040 + 1,694,000 tonnellate: 3,569,773 tonnellate: quasi quanto le due piramidi di Kufu e Khafra messe insieme!
Visto che quindi le Piramidi furono realizzate senza "aiutini" fantastici, lecito chiedersi come fu quindi possibile arrivare a simili risultati in un'epoca così remota.
Prima di tutto, le basi pratiche: manodopera e denaro. Il Faraone traboccava di entrambi. Ricordiamoci che l'agricoltura egiziana è strettamente vincolata ai ritmi del Nilo e delle sue inondazioni, e che i prodotti dell'agricoltura sin dal tempo di Narmer non sono proprietà dei singoli contadini MA DEL FARAONE (come poi saranno del tempio) che li distribuisce in base alle necessità del regno (o del proprio estro). Il progetto edilizio aveva quindi il sufficiente supporto economico - anzi: un simile programma edilizio avrebbe consentito di distribuire in modo diffuso ricchezze in tutta la popolazione (come i moderni programmi di edilizia statale, per farla breve) ed avrebbe permesso la diffusione a tutto il territorio delle conoscenze tecniche acquisite nel grande cantiere, dalla scrittura, alla lingua passando per le conoscenze tecniche ed artistiche - e l'archeologia ci assiste, visto che a quanto ne sappiamo l'arte egiziana diventa quella a noi nota DOPO i programmi di Kufu e Khafra, quando sia i manovali che gli artisti cercano nuova committenza distribuita sul territorio e quindi portano con sé quanto imparato a Giza.
Infine, l'agricoltura egiziana proprio grazie al Nilo disponeva di una resa per superficie superiore a quella standard del mondo antico: mentre un agricoltore medio mesopotamico poteva cioè sfamare 1.2-1.3 persone, obbligando la persistenza in ambito agricolo della grandissima maggioranza della popolazione, un contadino egiziano poteva produrre cibo per 3, liberando quindi o definitivamente o comunque per lunghi tratti dell'anno notevole manodopera (inclusa la propria durante le inondazioni). Nei secoli seguenti, quei mesi saranno occupati dalle grandi festività del Dio Apis, che saranno sempre un momento critico per lo stato egiziano, occupato a tenere a bada per 3-4 mesi milioni di persone che, tutto d'un tratto, si trovavano senza niente da fare dalla mattina alla sera. Tuthmosis III, uomo molto pragmatico, sfrutterà le inondazioni per organizzare le proprie spedizioni militari ingrossando le fila dell'esercito stabile con leve estemporanee, base dell'improvvisa trasformazione dell'Egitto in superpotenza militare durante il Nuovo Regno.
Passiamo quindi ai materiali da costruzione.
E qui due sorprese spesso ignorate dai Soloni degli antichi astronauti. Prima di tutto: vi siete mai chiesti perché, con tutto lo spazio a disposizione, le piramidi di Giza siano proprio a Giza, e perché le tre piramidi di Sneferu siano dove stanno, cioè a Dashur e Meidun?
Perché a Giza, Dashur e Meidon c'erano grandi depositi di pietra calcarea, utilizzabili a fine edilizio.
La pietra calcarea (o limestone: https://en.wikipedia.org/wiki/Limestone) è una pietra che, come sa chiunque abbia provato a modellarla con martello e scalpello, è tutto fuorché indistruttibile (alla fine è una roccia sedimentaria) e soprattutto è molto sensibile ad insulti determinati da acqua, agenti chimici e calore. L'obiezione standard è che per cavare la pietra calcarea egiziana, che in realtà è molto granulosa e sarebbe per questo inutilizzabile in territori piovosi come quelli europei, servano utensili metallici. 
Beh, non è così. Bastano utensili con testa in pietra lavica, come i graniti, aiutandosi con un semplice trucco per agevolare lo rottura dei massi: immettere bende e travi di diametro crescente nelle fessure, bagnandole con acqua e riscaldando rapidamente con il fuoco. Che le cose siano andate così, per altro, lo sappiamo da più tardi ritrovamenti sugli obelischi egiziani (http://beforeitsnews.com/…/…/238056/images/dioritestones.jpgqui potete vedere sia un frammento di obelisco incompleto, sia le teste delle mazze in diorite utilizzate per modellarlo).
Prelevando il materiale da costruzione da una cava vicina si riducevano i tempi di lavorazione e la necessità di specifica manodopera per il trasporto, il che è abbastanza ovvio.
Meno ovvio che, paradossalmente, mancare della tecnologia della ruota, come sarà per l'Egitto fino all'invasione degli Hyksos (secondo periodo intermedio, quasi 1000 anni dopo), possa rappresentare un vantaggio tecnico. Eh già. Perché, cosa che i fautori degli antichi astronauti proprio non vogliono capire, spostare le pietre su carri o con ruote sulla sabbia sarebbe stato impossibile: le ruote sarebbero sprofondate. Mentre slitte (documentate) o soluzioni semplici analoghe avrebbero consentito il trasporto con molta meno fatica e molti meno problemi.
Tra l'altro, il ricavare il materiale da costruzione dalla piana di Giza ebbe una conseguenza non voluta ma dalle gravide conseguenze: cavando le pietre dalla massa rocciosa primigenia, venne progressivamente a formarsi una struttura a forma di duna che Khafra ebbe l'intuizione di utilizzare a fine architettonico: parlo cioè della Sfinge. A scanso di equivoci lo ripeto: la Sfinge è fatta con lo stesso materiale delle piramidi di Khafra e Kufu - mentre quella di Menkare è di altra composizione, e difatti ha una massa di dieci volte inferiore a quella di Kufu, e non era pianificata all'atto della loro costruzione. Se ci andate, è quasi "nei piedi" dell'antica via cerimoniale e la rimozione dell'ingombro fece sì che la massa rocciosa residua acquisisse la forma di un gatto (o di un leone) accucciato sul quale poi la fantasia degli artisti egiziani e probabilmente la volontà del Faraone Khafra (che per rispetto del padre Kufu aveva fatto erigere una piramide appena più piccola, ma aveva tempestato il paese di altri templi, o nuovi o restaurati, come quello di Abydos) avrebbero poi agito ricavandone l'emblematica Sfinge. E se avete qualche dubbio, guardatene il dorso lasciando perdere le zampe (che furono modellate a parte con materiale di riporto e pesantemente restaurate all'epoca di Tuthmosis I e Amenophis III) (https://upload.wikimedia.org/…/Great_Sphinx_of_Giza_May_201…). Come noterete sembra di notare qualcosa di simile a strati di altezza sorprendentemente regolare. L'altezza del materiale roccioso utilizzato per la costruzione delle piramidi. In altri termini, un segno delle cave del tutto analogo a quanto si può trovare sui nostri monti (http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/…/provincia-e-comune…).
Relativamente la costruzione in altezza, beh, la soluzione ce la da uno dei figli di Sneferu, fratello del più celebre Kufu (o Cheope ... che difatti era figlio di Sneferu: se non ve l'ho detto prima ve lo dico adesso). Djedefre (https://en.wikipedia.org/wiki/Djedefre) fece realizzare una propria piramide a diversi chilometri di distanza da Giza: non ne sentirete mai parlare per due motivi. Uno molto elementare: la sua piramide è incompleta, "piantata a metà" per la precoce morte del sovrano. Uno meramente pratico: la sua piramide si trova nel cuore di una base militare egiziana. Quindi gli archeologi fino a pochi anni non potevano metterci piede. Ebbene, come potrete vedere in questo simpatico documentario di History Channel (https://www.youtube.com/watch?v=qdkcnNCzbbM) lo stato di incompletezza di questa piramide così come di alcune piramidi (più piccole) successive mette in evidenza l'uso delle fantomatiche rampe, che quindi (piaccia o meno) erano lo strumento utilizzato dagli antichi architetti per sollevare a tanta altezza le pesanti pietre senza utilizzare più raffinati macchinari. Punto e a capo, non c'è (mi spiace) molto da contro-argomentare.

Immagine di www.gnosticradio.com


21 commenti:

  1. Sig. Riccò, in primis le piramidi non erano tombe per i faraoni (specialmente quelle di Giza), i faraoni erano sepolti nella valle dei re. Le piramidi di Giza sono le prime ad essere state costruite (12000 a.C. e così anche la sfinge) ed è stato dimostrato dai geologi e non dai fautori della teoria degli antichi astronauti.Tuttora nessuno è riuscito a capire e a dimostrare come venivano costruite le piramidi e come le piramidi anche i nuraghi(tanto per rimanere in casa).Solo teorie, a centinaia. Solo quando riusciranno a ricostruire dal vero sia le piramidi che i nuraghi, allora lo avranno dimostrato fino ad allora, per favore, silenzio. Le consiglio di guardarsi le foto del sito di Tiahuanaco, come sono perfette le millimetriche scalanature per gli incastri dei blocchi.Quando si riuscirà a ricostruire quei "blocchi" con gli attrezzi che avrebbero dovuto avere(lo dice la scienza ufficiale, quindi pietre, bronzo,legno, rame, ferro) nel periodo in cui sono stati costruiti, allora tanto di capello e non solo.
    Anto

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  2. 12000 a.C.? È un errore di battuta o ne è veramente convinto? Le piramidi egizie nascono nel terzo millennio a.C., su questo convergono tutti gli archeologi del mondo che hanno studiato stratigrafie e reperti.

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  3. Gentile signor Montalbano, ho letto con interesse il suo articolo. Interessante la teoria della creazione della sfinge dai resti della cava, ma come spiega i presunti segni di erosione verticale causati da pioggia e acqua corrente, i quali debbono per forza di cose risalire a prima della desertificazione dell'Egitto? Distinti saluti. Fabio.

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  4. Egregio Sig. Anto(nio?)

    le rispondo molto volentieri, già sapendo che molto probabilmente NON la convincerò, in quanto la sua domanda mi permette di affrontare buona parte dei temi cari ai sostenitori dei c.d. “Antichi Astronauti”.

    Procedendo nell’ordine da Lei proposto:

    “... in primis le piramidi non erano tombe per i faraoni (specialmente quelle di Giza), i faraoni erano sepolti nella valle dei Re …” risposta che contiene due errori. Partiamo da quello più evidente ed agevolmente dimostrabile. La c.d. “Valle dei Re” (o Wadi al Muluk in arabo, Ta-sekhet-ma'at  in egiziano) si trova nei pressi di Tebe, e questo non è comprensibilmente oggetto di discussione. Tebe (Waset in Egiziano, o “Città dello Scettro”) si trova nell’Egitto meridionale, cioè nel c.d. Alto Egitto e fu fondata intorno al 3200 a.C.. Benché realtà economicamente florida grazie alla sua posizione geografica, rimase tuttavia costantemente sussidiaria alle capitali egizie, localizzate nel Nord del Paese - in particolare, Menfi, che per 1 o forse 2 millenni vantò il titolo di più popolosa città del mondo. I resti di Menfi riposano a 12 km da Giza ed a 30 km da Saqqara, dove Djoser fece erigere la sua Piramide a Gradoni. Tebe è invece la gloriosa capitale del Nuovo Regno, il c.d. Egitto Imperiale dell’età del Bronzo, ed è a questo periodo che risale l’istituzione della Valle dei Re come necropoli regale. Abbiamo, a tale proposito, un documento scritto da Inani, consigliere ed architetto di Tuthmose I (1506 - 1493 a.C.), terzo faraone della XVIII dinastia, predecessore del più celebre Senemut (architetto e forse amante della più celebre regina Hatshepsut) in cui questi dice in modo molto chiaro “io consigliai al mio re di realizzare la sua tomba in questa valle, ed io presidiai affinché nessuno vedesse e nessuno sentisse” (pubblicata da A Weigall, A Guide to the Antiquities of Egypt 1910, pp 186 si trova nella tomba TT81). La Valle dei Re fu quindi utilizzata solo a partire dalla XVIII dinastia: di certo, i reperti ad oggi ritrovati fatano fra 1539 a.C. (non prima) e 1000 a.C. (circa), non molto tempo dopo. Sebbene sia in effetti possibile che i primi due sovrani della XVIII dinastia, l’apice del potere economico e politico dell’Egitto antico, abbiano trovato sepoltura nella Valle dei Re, sappiamo con certezza che l’ultimo faraone della XVII dinastia (Kahmose) fu seppellito nella necropoli reale di Dra Abu el-Naga, dove è stata recentemente ritrovata (nella tomba ANB, https://en.wikipedia.org/wiki/Tomb_ANB), e dove un papiro risalente al regno di Ramesses IX e destinata a questo faraone già la identificava nel corso del 1111 a.C. Ramesses XI, ultimo faraone della XX dinastia, fu costretto ad interrompere l’uso dell’area in quanto, a causa del pessimo stato dell’economia egiziana dopo l’invasione dei Popoli del Mare, che Ramesses III aveva ricacciato, ma non abbastanza rapidamente perché l’economia di tutto il Medio-Oriente ne fosse devastata, lo stato mancava dei soldi necessari a garantire la sorveglianza delle tombe. Complice lo stato di profonda privazione del popolo egiziano, il rischio di furti e ruberie segnalato dai sacerdoti aveva quindi reso necessario recuperare tutte le mummie ancora esistenti e nasconderle in un rifugio a Deir el-Bahari, poco distante dal grande tempio di Hatshepsut. Lui stesso fu seppellito non lontano da Menfi. Cosa non molto nota al grande pubblico, la tomba di Tutankhamon non è l’unica a noi pervenuta non saccheggiata: più correttamente, è l’unica a noi giunta integra.

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  5. [segue] 1. Nel corso del secondo conflitto mondiale, il grande archeologo francese Pierre Montet ritrovò le tombe di Psusennes I (https://en.wikipedia.org/wiki/Psusennes_I) e Amenemope I (https://en.wikipedia.org/wiki/Amenemope_(pharaoh)) a Tanis, nell’area del delta. A differenza di quanto accaduto al corredo di re Tut, il clima umido e le infiltrazioni d’acqua distrussero la parte deperibile del corredo, i cui gioielli sono invece arrivati quasi integri. Quindi, come vede(te) abbiamo citato in poche righe molte sepolture effettive che non si trovano nella Valle dei Re. Andiamo a ritroso. Lasciamo perdere, per ora, la necropoli reale di Abydos (di cui abbiamo già parlato altrove). Celebre è la già citata piramide di Saqqara. A differenza di altri nomi di luogo egiziani, non si tratta di un termine arabo - e nemmeno della traduzione araba di una toponomastica precedente. Saqqara deriva infatti dal nome proprio egiziano “Soqar”, a sua volta derivante dal termine sciacallo (che per lunga trafila è semplicemente l’adattamento di tale terminologia), ed indicava una delle divinità egiziane adibite al culto dei morti. Oltre alla citata piramide di Djoser (ci torniamo a breve), a Saqqara si trovano infatti le sepolture dei sovrani: Hotepsekhemwy (primo faraone della 2a dinastia), Nynetjer (secondo faraone della 2a dinastia), Khasekhemwy il già citato ultimo sovrano della 2a dinastia, Sekhemkhet (successore di Djoser), Shepseskaf (ultimo faraone della IV dinastia), Userkaf, primo faraone della V dinastia, Menkauhor, Djekare, ultimo faraone della V dinastia, Teti I, primo faraone della VI dinastia, Pepi I e Pepi II (sempre VI dinastia). Senza contare il celeberrimo Unas, sempre della mai troppo poco citata V dinastia. Di questi, Sekhemkhet (https://en.wikipedia.org/wiki/Buried_Pyramid), Userkaf (https://en.wikipedia.org/wiki/Pyramid_of_Userkaf),  Menkauhor (https://en.wikipedia.org/wiki/Headless_Pyramid), Djekare (https://en.wikipedia.org/wiki/Pyramid_of_Djedkare-Isesi) e Unas si fecero seppellire in piramidi. Nello specifico, la più celebre è quella di Unas, vuoi perché è quella in migliore stato di conservazione, vuoi perché la camera sepolcrale è abbellita dalla presenza di meravigliosi geroglifici rappresentanti il Libro dei Morti (https://en.wikipedia.org/wiki/Unas#/media/File:Ounas-chambre2.jpg). In alcuni casi, all’arrivo degli esploratori europei, gran parte del corredo era stata depredata, ma molti oggetti erano ancora al loro posto. Nella piramide di Djoser (di cui qui vediamo un’immagine della camera sepolcrale http://www.touregypt.net/images/touregypt/dsteppyramid2-2.jpg) , in particolare, tutto il vasellame era sostanzialmente integro, vuoi perché trascurato, vuoi perché molti dei vari erano in pietra. Va tenuto presente che di fatto non esistono che scarse immagini moderne della sepoltura di Djoser in quanto il pessimo stato di conservazione della Piramide di fatto rende impossibile accedere alle aree sotterranee. In conclusione: non è assolutamente vero che i faraoni fossero seppelliti SOLO nella Valle dei Re (che copre anzi solo un periodo piuttosto ristretto dei 3000 anni dell’Antico Egitto), e non è assolutamente vero che le Piramidi non fossero sepoltura faraonica. Ho volutamente tralasciato da questo discorso le Grandi Piramidi perché su di esse è necessario affrontare un più articolato discorso nel secondo punto della mia risposta.

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  6. [segue] “Le piramidi di Giza sono le prime ad essere state costruite”: la prego, cortesemente, di portare dimostrazione di questa sua affermazione, in quanto totalmente in opposizione alle datazioni disponibili. Com’è ben noto, ciò che è fatto di pietra non può beneficiare di una datazione diretta (da qui il grande equivoco su altre opere, come la da lei citata Tihuanaco, i cui splendori non hanno bisogno di una datazione impossibile ed indimostrabile al 10,000 a.C.), ma in compenso all’interno delle varie piramidi gli antichi costruttori hanno lasciato spesso e volentieri materiale ligneo o comunque organico, che è stato possibile datare con relativa certezza. Nel 1999, studiosi dell’Archeological Institute of America eseguirono una datazione al C14 (http://archive.archaeology.org/9909/abstracts/pyramids.html) su tale materiale, ottenendo risultati un po’ contrastanti con la datazione ufficiale - questo sì, ma parliamo di 300-400 anni (ergo: da +200 a -200). Studi sperimentali fatti dai geologi, in realtà, hanno datato sì la piramide di Dashur (non quella di Kufu) ottenendo una datazione prossima a quella classica (http://pubs.usgs.gov/gip/geotime/radiometric.html). Va specificato che la datazione radiometrica si basa sul decadimento di isotopi che, purtroppo, hanno un t1/2 molto ma molto più lungo del più classico C14, e quindi la loro attendibilità è sempre da prendersi con le molle. L’ipotesi che le Grandi Piramidi risalgano al 12.000 a.C. non è in realtà basata su rilievi geologici o radiometrici, quantomeno non su rilievi geologici o radiometrici attendibili (quindi eseguiti con modalità scientifica su campioni correttamente prelevati e correttamente trattati), né sulla base dei dati propri dell’erosione: va tenuto presente che il rivestimento delle Piramidi è stato infatti prelevato (quasi completamente) durante il Medioevo ed utilizzato per la costruzione del Cairo. In altri termini, non è nemmeno possibile (come è stato fatto per la Sfinge) azzardarsi in simili ipotesi. Ma torniamo alle date: quella da lei proposta, e che ripeto non ha al momento in cui scrivo ALCUNA validità scientifica riconosciuta, nasce dalle osservazioni di Graham Hancock che, in “Fingerprints of the Gods” avanzò un’interessante (sono il primo a dirlo) ipotesi sulle piramidi di Giza che vado di seguito a sintetizzare per chi non la conoscesse. Secondo Hancock (che in realtà riprende le tesi di Ignatius Donnelly, già punto di partenza di un gran numero di romanzi di Sci-Fi, molti dei quali per altro apprezzabili, e del più recente film 10,000 BC di Roland Emmerich), circa 10,000 anni prima di Cristo sul mondo esisteva una grande civiltà, con suo centro in Antartide, che una serie di eventi cataclimastici portò ad una repentina e disastrosa estinzione.

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  7. [segue] Di quest’età dell’oro resterebbe ricordo nei miti religiosi ed in alcune costruzioni, fra le quali la citata Tihuanaco (ci torniamo) e appunto le Piramidi. L’argomentazione sulle Piramidi è piuttosto articolata, e cerchiamo di seguirla. Se osserviamo la piana di Giza dall’alto (https://photos.smugmug.com/Travel/Egypt-and-Jordan-ERM/Egypt/i-qnpttkX/0/X2/IMG_0096-2-X2.jpg) possiamo notare come le tre piramidi non siano perfettamente allineate. L’autore osservava inoltre come la piramide di Menkaure sia di dimensioni molto più modeste, compensate dal rivestimento (oggi praticamente rimosso) in pietre pregiate, che dovevano donarle un colore tendente al rosso. Secondo Hancock, questa composizione riprodurrebbe la rappresentazione della Cintura di Orione (http://www.nasa.gov/sites/default/files/thumbnails/image/dori_final.jpg): se nella rappresentazione si inseriscono anche la Sfinge e il fiume Nilo, ecco che il quadro risultante sarebbe lo specchio terreno di Orione, della Via lattea, e della costellazione del Leone. Fin qua, non ci sarebbe nulla di anomalo o di particolarmente strambo. Non fosse altro che non funziona. Non funziona perché ciò che vediamo oggi nel cielo non era quanto vedevano nel cielo gli Egizi all’epoca di Kufu: le stelle fisse non sono tali, e le costellazioni - che sono il risultato di una proiezione tridimensionale, cambiano quindi nel tempo. Per avere una nuova rappresentazione compatibile bisogna andare (sintetizzo molto) nel 12000 a.C. Come controprova di tale teoria, viene portata la conformazione della Sfinge. Vediamo un po’ meglio le argomentazioni: qui vediamo più dettagliatamente la reale conformazione della Sfinge, che per ragioni di immagine viene solitamente ripresa o di fronte di di lato, raramente da sopra (http://mirrorspectrum.com/wp-content/uploads/2016/04/sphinx-giza-600x338.jpg). Come si può notare, da questa prospettiva meglio si capisce perché oggi la Sfinge sia oggi considerata la risultanza dei processi di scavo, ed ancora meglio si apprezzano le fasi di rimozione delle pietre, che come già detto sono state poi utilizzate nella costruzione delle piramidi. Ma restiamo con la tesi di Hancock (che per altro fin qui non è incompatibile con una ricostruzione convenzionale). L’autore, a questo punto, avanza due osservazioni assolutamente condivisibili: (1) chi abbia fatto la sfinge e quando, noi lo sappiamo da una sola fonte antica, che poi (Erodoto in primis) tutti citano a ricaduta, e si tratta della stele che oggi giace fra le zampe della Sfinge (nella foto si vede molto bene), la c.d. “Stele del Sogno”, e qui ne vediamo un dettaglio che rende maggiormente merito ai suoi autori (https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/b5/ReproductionOfDreamSteleOfThutmoseIV-CloseUp_RosicrucianEgyptianMuseum.png). Il committende della stele è Tuthmosis IV, uno dei re della (già citata) XVIII dinastia.

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  8. [segue] Facendola breve: Tuthmosis non era il predestinato al trono, avendo due o tre fratelli a precederlo. Un giorno, mentre si trovava a Giza, nei pressi della Sfinge, all’epoca sommersa (ci torniamo a breve), egli avrebbe fatto un sogno in cui la Sfinge stessa gli avrebbe promesso la massima regalità se avesse provveduto a liberarla dalla sua prigione di sabbia. Se vi interessa, il testo è il seguente “Ora la statua del grandissimo Khepri [la Grande Sfinge] riposa in questo posto, ottimo di fama, sacro al rispetto, l'ombra di Ra che poggia su di lui. Menfi e ogni città sui due lati sono venute a lui, le braccia in adorazione al suo viso, portando grandi offerte per la sua anima. Uno di questi giorni accadde che il principe Thutmose, si trovò a viaggiare al momento del mezzogiorno. Egli si riposò all'ombra di questo grande dio. [Il sonno] e il sogno [presero possesso di lui], nel momento che il sole era allo zenith. Egli si accorse che questo maestoso nobile dio gli stava parlando dalla sua bocca come un padre parla a suo figlio, e diceva: [...] "Guardami, osservami, figlio mio Thutmose, io sono tuo padre Horemakhet-Khepri-Ra-Atum, io ti ho donato il regno [sulla terra oltre che la vita] [...] [Ecco, la mia condizione è simile a quello di un malato], tutte le [mie membra sono rovinate]. La sabbia del deserto, sulla quale un tempo io regnavo, (adesso) mi è nemica, ed è al fine di provocare quello che è nel mio cuore che ho aspettato tu faccia" [...]. E’ quindi da questa sola citazione che noi sappiamo essere il viso rappresentato quello di Khepri - o Khafra, ovvero Kefren. Esiste però una seconda stele, la c.d. “Stele di Inventario” ritrovata nel XIX secolo dall’archeologo Mariette, molto più tarda (risale cioè alla XXIX dinastia, contemporanea alla Grecia Classica), il cui testo viene talora così tradotto: “Lunga vita ad Horus Madjid, re dell’Alto e del Basso Egitto, Cheope, il vivente. Egli trovò il tempio di Iside, Signora delle piramidi, presso il tempio della Sfinge a nord ovest del tempio di Osiride, Signore del Ro-Setau [la piana di Giza]; egli [QD] la piramide della principessa Henutsen accanto a questo tempio. Egli fece scolpire per sua madre, Iside, madre divina, Hathor, signora dei Cieli, un inventario sulla pietra. Egli rinnovò per lei le offerte sacre e [QD] il suo tempio di pietra. Ciò che era in rovina, ora è restaurato, e gli dèi sono di nuovo al loro posto.” E qui iniziano i problemi. Il termine geroglifico QD (l’egiziano non marca tutte le vocali e quindi andrebbe vocalizzato) può infatti significare SIA costruire ex-novo, ed è l’interpretazione standard, SIA restaurare. Inoltre, non si capisce realmente se il riferimento a ciò che era in rovina ed oggi è riparato sia riferito a Kufu o agli autori della stele. Tra l’altro, è vero che la stele sia della XXIX dinastia, ma a quel tempo era usuale copiare le steli dell’Antico Regno (storia lunga, magari un giorno ne parleremo). E tra l’altro, aspetto per noi più interessante, ci sia UN ALTRO CASO in cui il termine QD mette nel caos l’archeologia, ed è rappresentato dal tempio di Osiride ad Abydos (https://en.wikipedia.org/wiki/Osireion).

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  9. [segue] Sebbene sia stata avanzata l’ipotesi che il tempio risalga all’epoca di Seti I, sappiamo che proprio il solito Khafra fece opere su tale struttura, nonostante il padre Kufu ne avesse vietato l’impiego, ed il termine utilizzato è proprio QD. Per cui: fece Khafra restaurare l’opera o la fece realizzare ex-novo? Non lo sappiamo. Oggi l’ipotesi più diffusa, basata sull’epigrafia critica è che la traduzione corretta sia la seguente: “A – Horus vivente: Medjdu; Re dell’Alto e Basso Egitto: , donato di vita. B – Egli fece per sua madre Iside, madre divina, Hathor, signora del Nun, l’inventario posto su (questa) stele; egli diede a lei nuovamente le offerte divine; egli costruì di nuovo il suo [della dea] tempio in pietra; egli constatò che questi dèi erano nella sua [della dea] dimora. C – Egli trovò che il tempio di Iside, signora della piramide, era presso il tempio della Sfinge a nordovest del tempio di Osiride, signore di Ro-stau; egli costruì la sua piramide accanto al tempio di questa dea; egli costruì la piramide della principessa Henutsen accanto a questo tempio.” (http://www.egittologia.net/public/ext/fb_stele_inventario.pdf) Ritornando indietro, l’idea di Hancock è questa: Kufu non fece costruire le piramidi e la sfinge, ma solo restaurare. Come prova viene portata proprio la testa della Sfinge. E questo è il secondo elemento a mio avviso molto interessante, e in qualche modo coerente con il primo elemento. La testa della sfinge ha due caratteristiche che spesso sfuggono a chi la osserva. Prima di tutto, il suo stato di conservazione è eterogeneo: la testa è in condizioni apparentemente migliori del corpo. Secondariamente, la testa stessa è sorprendentemente piccola rispetto alla massa corporea. Hancock a questo punto mette insieme i suoi dati e avanza la seguente ipotesi: la Sfinge non fu costruita per caso (nonostante quanto sopra abbiamo visto), ma deliberatamente lì (nonostante sia nei piedi delle vie cerimoniali), ed in origine la testa era diversa. Essa era cioè una testa di leone, completando la simbologia astronomica di cui sopra. Simbologia che del resto funzionerebbe solo se le costellazioni fossero state identificate in modo identico oggi come in passato - e sappiamo che così non è, ma andiamo oltre. Ci sono delle basi di verosimiglianza? Sì, ci sono, anche se le conclusioni sono diverse. Le dimensioni, come detto, ed un ulteriore elemento. Partiamo dal copricapo: il copricapo della sfinge, in barba ai film di Hollywood, era uno dei paraphernalia del faraone. Egli solo cioè poteva indossarlo.

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  10. [segue] 1. Se a ciò aggiungiamo che la sfinge avesse una barba finta (come il Faraone … eccola qui: si trova al museo del Cairo https://it.wikipedia.org/wiki/Sfinge_di_Giza#/media/File:Beard_of_the_sphinx.jpg ) se ne deduce una cosa: che la Sfinge rappresenti un Faraone. Se ammettiamo la datazione classica, dobbiamo fare riferimento alla IV dinastia, ed i visi della IV dinastia ci sono noti tramite una serie di statue (anche se di Kufu ne abbiamo una sola, e molto piccola): bene, il volto della Sfinge ha una scarsa compatibilità con i ritratti di Khafra in nostro possesso (https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/7e/%C3%84gyptisches_Museum_Leipzig_035.jpg), una discreta compatibilità con quella di Sneferu (http://www.aldokkan.com/egypt/snefru.jpg) e con quella di Kufu (https://en.wikipedia.org/wiki/Khufu_Statuette#/media/File:Khufu_CEM.jpg). Ricordiamoci che parliamo di Nonno, Figlio e Nipote. Ebbene: in questa lista reale manca un quarto soggetto: Djedefre (https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/5/51/Louvre_032007_19_Djedefra.jpg). Sì, il promotore della famosa piramide lasciata a metà. E con il suo volto la sfinge ha molti punti di contatto. In altre parole, l’ipotesi oggi imperante è che su questo Hancock e soci avessero ragione: la testa della sfinge è stata rimaneggiata, in origine essa rappresentava forse Kufu, forse suo fratello Djedefre. Forse quando Djedefre divenne sovrano, fece rimaneggiare il viso per rimuovere la somiglianza con Kufu ed avvicinarla ai propri lineamenti, e lo stesso fece Khafra. Il quale poi avrebbe portato il merito della statua essendo stato l’ultimo a manipolarla. Come che sia, questa ricostruzione ovviamente non giustifica (Stele d’Inventario a parte), la datazione della Sfinge, e qui mi riallaccio alla domanda del sig. FABIO. Di cui parlo nel terzo punto.

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  11. [segue] “... come spiega i presunti segni di erosione verticale, causati da pioggia e acqua corrente, i quali debbono per forza di cose risalire a prima della desertificazione dell’Egitto?”. Bene: riavvolgiamo il nastro. Hancock ritiene che i segni di erosione, cui abbiamo già accennato, possano essere spiegati SOLO con l’erosione idrica e che essa abbia giocoforza preceduto il rimaneggiamento del viso della Sfinge. Quest’ultima affermazione ha una sua logica: come si può apprezzare da questa foto del 1860 e del 1882 (http://www.ancient-code.com/wp-content/uploads/2016/04/GREAT-SPHINX-1882-British-soldiers-posing-at-the-Great-Sphinx-at-Giza.jpg; http://www.ancient-code.com/wp-content/uploads/2016/04/Pyramids-and-Sphinx-Giza-Egypt-1860-1890-Photographium-Historic-Photo-Archive.jpg) la sfinge è spesso sommersa dalla sabbia, e per la maggior parte della sua storia essa è stata più frequentemente sommersa che in bella vista come oggi. Eppure, il viso sembra meno degradato del corpo. Perché? Hancock giustifica il tutto con la datazione: le intense piogge che segnano la fine della glaciazione Würmiana (e che sono provate, intendiamoci) avrebbero eroso il corpo, e probabilmente tanto danneggiato il viso da spingere i faraoni della IV dinastia a sostituire il viso di leone con quello umano. In realtà le analisi geologiche ci dicono qualcosa di diverso, di interessante, e di perfettamente compatibile con l’ipotesi iniziale di un ammasso di roccia ricavato dalla cava: gli strati che compongono la Sfinge non sono chimicamente uniformi. Quelli più profondi sono cioè di pessima qualità, molto granulosi ed estremamente vulnerabili sia all’azione degli agenti atmosferici che allo sfregamento con la sabbia (il che renderebbe merito del degrado anche durante i periodi di sommersione), mentre il viso è ricavato da un filone molto più fine e quindi più resistente all’erosione. Mettiamoci quindi nei panni degli ignoti suoi creatori: dopo aver cavato milioni di tonnellate di roccia per realizzare le piramidi, si sarebbero confrontati con un crollo della qualità del materiale, simile a quella che i nostri minatori di Porfido stanno oggi sperimentando nelle cave trentine. Utilizzare quella pietra calcarea per le piramidi sarebbe stato inutile, anzi dannoso: il massiccio viene lasciato dov’è e com’è, salvo poi essere rimaneggiato per impulso del Faraone o dei suoi architetti. Ancora una volta, questo non sarebbe nemmeno in contraddizione con l’ipotesi di Hancock (cioè, se spostiamo questi eventi dal 2400 a.C. al 10,000 a.C. cambia poco), MA … c’è un ma. E questo ma è la c.d. “Fine dell’Antico Regno”, uno dei più grandi e misteriosi cataclismi dell’Antichità. Oggi, grazie a studi paleoclimatici, sappiamo più o meno quel che accadde (http://www.nationalgeographic.it/mondo-antico/2015/12/30/news/egitto_l_antico_regno_crollo_per_i_cambiamenti_climatici_-2911881/) e cioè una serie di sconvolgimenti climatici.

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  12. [segue] Per circa 200-300 anni, l’Egitto fu colpito da un anomalo regime di piogge che, innestandosi in un’area largamente desertica, ben lungi dal migliorare le condizioni del territorio, produssero l’effetto contrario, trascinando verso la sottile striscia fertile del Nilo sabbia quarzifera umida, con effetti disastrosi sui campi - ma anche sui monumenti. La criticità di quegli eventi è dimostrata dal fatto che, più o meno improvvisamente, Pepi I (VI dinastia) trasferisce la capitale da Menfi ad una Oasi, apparentemente più protetta dagli sconvolgimenti climatici e che, finito il lunghissimo regno di Pepi II, l’Antico Regno crolla. Come rilevato da James Harrell nel 1994, 200 anni caratterizzata da intensa pioggia e vento sovraccarichi di quarzo umido, sarebbero stati sufficienti a determinare i danni della struttura, la cui storicità è indirettamente confermata dalla presenza di canali di scolo (abbiamo visto che la Sfinge si trova SOTTO al livello del terreno) che per struttura, forma e datazione diretta sono riconducibili proprio a quel periodo.

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  13. Veniamo infine alle tecniche costruttive. In realtà, come scritto da Bob Brier, un grande egittologo ed ancor più grande divulgatore, realizzare una Grande Piramide non richiede altro che attenzione, cura, denaro (tanto), manodopera (tanta, ma non così tanta quanto si potrebbe pensare) e pazienza. Ciò che gli Egiziani avevano. Ci sono alcune precisazioni che infatti vanno precedute a qualsiasi riflessione sulle tecniche costruttive. Prima di tutto: il 97% delle pietre che costituiscono la piramide di Kufu ha peso compreso fra 800 kg (non 2.5 t come scrive Hancock) e 4 t (e non 80 t, come scrive lo stesso autore). Fanno eccezione i soli massi dello djed, che hanno (effettivamente) peso compreso fra le 20 e le 80 t. Sono pochi, ma ci sono. Il carico da movimentare era quindi, per singolo masso, inferiore a quanto solitamente pensato, ma  vediamo se esista prova di trasferimento di pesi similari al margine superiore - e cioè alle 80 t. Che esiste: si tratta della tomba di Djehutihotep, risalte al 1900 a.C. (http://mdw-ntr.com/.../127-colossal-statue-of-djehuti-hotep) in cui abbiamo anche la DESCRIZIONE SCRITTA di come statue di grandi dimensioni venissero spostate. Cioè con slitte, funi, e uso di fisica da terza media (somma angolare dei vettori). La statua è del 1900 a.C., risale cioè al Middle Kingdom, quando la capacità di mobilizzare le masse era INFERIORE a quella praticabile da Kufu, Khafra e Menkaure, è ancora esistente e pesa 60 t. Lo so che le slitte sono poco affascinanti, ma le piramidi incompiute di Djedefre e dei successori di Menkaure, la Piramide di Meidun e i templi solari, nonché i rilievi fatti sui templi di Karnak mostrano come le pietre fossero mosse con le rampe di sabbia. Ripeto: abituati come siamo a pensare ad un mondo meccanizzato con una forza lavoro umana ridotta, può sembrare strano. Ma il Faraone aveva i soldi, il potere assoluto sulle masse, e il tempo rappresentato da un regno di durata media di 10 anni (tant'è che Djedefre, che regna meno di 10 anni, rimane con una piramide appena iniziata). Tra l'altro, le stime fatte su pietre delle dimensioni reali della piramide utilizzando pietre e rampe (Stocks, Denys A. Experiments in Egyptian Archaeology Routledge 2003 ISBN 978-0-415-30664-5 pp.196-197 Experiments in Egyptian Archaeology: Stoneworking Technology in Ancient Egypt - Denys A. Stocks) suggeriscono che bastassero 10 anni per portare a termine una struttura del genere. Considerato che Sneferu regnò poco meno di 30 anni e fece 3 piramidi, il conto empiricamente torna.

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  14. 1. Nei secoli seguenti, gli egiziani inoltre mobilizzarono massi di peso superiore alle 300 t per erigere i loro obelischi. Mettiamoci poi l'obelisco incompiuto di Assuan, sempre in Egitto, lungo 42 m, distante 2 Km dal fiume, e pesante 1200 tonnellate. In altri termini, non abbiamo di fronte segreti perduti nel tempo, ma il semplice principio che, esaurita la 4a dinastia, cambia la religione: il culto di Osiride viene soppiantato da quello di Ra, cui vengono dedicati templi che integrano strutture simile a quella iniziata da Sneferu e di proporzioni non molto inferiori (https://www.brown.edu/.../courses/introtoegypt09/8998.html). In altri termini, viene meno il significato politico della Piramide (ha senso POLITICO oggi che uno stato occidentale spenda miliardi per costruire una Cattedrale immensa? no. Ma nel mondo arabo ancora oggi si spendono cifre folli per le moschee, perché lì il significato politico persiste). A partire da Unas (https://en.wikipedia.org/wiki/Unas...) che ancora si fa seppellire in una Piramide, la funzione resurrezionale della Piramide viene sostituita dalla presenza del Libro dei Morti sull'interno della camera sepolcrale, per cui, sempre per quella continua evoluzione che la storia dell'arte occidentale ci fa saltare, omettendo gli step intermedi, il ruolo del sepolcro come "resurrection machine" viene soppiantato dalle pitture dello stesso, che infatti diventeranno prioritarie nel corso del Middle Kingdom e del Nuovo Regno e che non sono invece attestate nelle Grandi Piramidi, tutte sorprendentemente, ai nostri occhi, spoglie: ma ricordiamoci che all'epoca esse non erano pensate per essere fruibili, ruolo svolto dai templi funebri (che invece diventano secondari con l'ascesa del culto di Ra). Ma quanti erano gli operai? Oggi possiamo fare delle stime sorprendentemente precise, perché Hawass, nel corso degli anni 2000, ha trovato nei pressi delle Grandi Piramidi resti di abitazioni datate all’epoca delle Piramidi stesse, e che quindi possibilmente sarebbero le abitazioni degli operai delle piramidi stesse. Esse sono compatibili (tenendo presente che quanti di essi sono stati mangiati dalla crescita del Cairo non lo sapremo maihttps://photos.smugmug.com/.../i-q.../0/X2/IMG_0096-2-X2.jpg) con una workforce di 20-30.000 persone o anche di più nelle fasi di picco (http://news.nationalgeographic.com/.../0805_020805_giza.html). Un numero enorme per il tempo (Menfi aveva circa 50,000 abitanti, per dare un’idea) ma non impossibile per un regno che all’epoca aveva circa 1.5 - 2 milioni di abitanti, e che per almeno 3 mesi all’anno doveva dar qualcosa da fare al 95% della popolazione, che non poteva lavorare nei campi. In merito ai materiali, ripeto quanto ho già scritto in precedenza: la roccia delle piramidi è un calcare che (come detto a proposito della Sfinge: non sappiamo in che condizioni fossero le piramidi perché il rivestimento non c’è più da secoli) offre scarsa resistenza. Mazze in diorite sono più che sufficienti per “spaccare una pietra” del genere (ovviamente con molto sforzo e tanta pazienza), e se avete qualche dubbio potete provare con le vostre mani, posto che roccia calcarea anche più compatta di quella egiziana si trova regolarmente anche sulle nostre montagne, e che pietre laviche e graniti sono ugualmente presenti nel greto di nostri torrenti. Io lo feci fa bambino, e vi assicuro che non vi vuole molto.

    Per ora mi fermo qui: mi piacerebbe discutere di Tihuanaco, ma sarà per un’altra volta.

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    1. Scusi sig. Teo, lei cita sempre e solo Hancock. Ma non è solo lui che dice certe cose. Lei dice che è stato dimostrato da tizio, caio o sempronio che le piramidi sono del 3000 a.C. o giù di lì, ma lei lo ha constatato che è stato dimostrato. A quanto mi risulta la pietra non è databile. Non è stato trovata nessuna mummia di faraoni dentro le piramidi ma si continua a dire che lo erano. Ci sono dei papiri del 3000 o del 2500 a.C. in cui si legge che le piramidi erano le tombe dei faraoni? Lo sa che le statue gigantesche, per fare un esempio, del tempio di abu simbel sono simetriche. Né Michelangelo, né Leonardo ci sono riusciti (perché a mano è impossibile riuscirci). Ripeto, fino a che non si riuscirà a ricostruire piramidi e nuraghi e non solo, con le stesse attrezzature di allora, tutto ciò che si pensa sia stato dimostrato saranno solo parole.
      Anto

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    2. Anto, scusi tanto, ma converebbe tacere .... veramente.
      Sig Teo, grazie .

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  15. 1) Sull'ingresso della Piramide di Meidun, così come su quella di quasi tutte le altre, ci sono le "legende" applicate dai sacerdoti che danno anche il nome alle piramidi stesse. 2) di fronte a tutte le piramidi è presente il tempio funerario, in cui sono presenti le immagini e le intitolazioni delle piramidi. 3) certo che purtroppo non si siano trovate le mummie, in quanto (come dimostra la distruzione parziale dell'"indistruttibile" (?) sarcofago di Kufu, durante il 1° periodo intermedio (come riportato da Mantuhotep nel testo di ri-fondazione del regno e nelle lamentazioni che segnano la fine dell'Antico Regno), sono state depredate. 4) Papiri del 3000 a.C. non ci sono, né sono databili le pietre, ma se lei trova elementi organici interdispersi fra le pietre (ciò che è stato possibile) è possibile datare quando quel materiale fra le pietre è finito. In quanto alla simmetria delle statue, la invito a fare un giro al museo egizio di Torino, in quanto scoprirà che su questi elementi si è molto favoleggiato. Su Abu Simbel, beh, facciamo i complimenti agli architetti ed agli scultori di Ramesses: sulla costruzione del tempio, non ci possono essere dubbi, visto che abbiamo ampia documentazione storica di come, quando e perché Ramesses II fece erigere il suo trionfale tempio. Purtroppo, il post da lei appena presentato conferma il motivo per cui Hancock e "sodali" (scusi se uso questo termine dispregiativo) abbiano negli anni guadagnato il disprezzo della comunità scientifica: in quanto essi, cioè, non fanno altro che citare strumentalmente, e con ampi tagli, solo le fonti e le prove che fanno comodo alla loro teoria. Omettendo elementi più poveri, più semplici, e altrettanto evidenti.

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    1. Lei dice che non sono state trovate mummie nelle piramidi perché sono state depredate. Ma i predatori non se ne facevano niente delle mummie, tant'è vero che nella valle dei re le tombe depredate avevano ancora le mummie. La sua spiegazione delle simetrie della statue di abu simbel è fare i complimenti agli architetti che le hanno scolpite.Un'altra cosa, Hancock non è d'accordo con la teoria degli antichi astronauti ma crede che sia esistita, anticamente, una civiltà avanzatissima. Hancock & company citano fonti e prove, mentre la comunità scientifica non sa spiegare certe cose. Se si accetta che sia esistita una civiltà avanzatissima, tutto ha una spiegazione; se non la si accetta non c'è nessuna spiegazione. Quando la comunità scientifica riuscirà a scolpire una statua simetrica " a mano", allora mi tapperò la bocca. Ci crede veramente che sono stati trovati elementi organici tra le pietre? Se fosse vero questo significa che hanno smontato una parte di una piramide integra (perchè se non lo era, è naturale che ci fossero elementi organici nelle pietre), ma questo non c'è scritto da nessuna parte.
      Anto

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  16. Allora: premesso che evidentemente non ha letto i riferimenti bibliografici relativi alla datazione delle piramidi che le ho riportato nella precedente risposta, premesso che le sue asserzioni sulla perfetta simmetria delle statue come le ho detto si smontano facendo un paio di osservazioni dirette, e quindi non si tratta solo di ammirare gli architetti dei ramessidi, premesso che Hancock e altri ciarlatani similari non portano prove, ma solo indizi, molti dei quali non univoci né solidi (per altro sballati dalla scoperta delle protociviltà di Natuf, Catal Hüyük e Gobeckli Tepe), le segnalo che a fine 1900 Petrie trovò frammenti di mummia , ed un braccio intero, in una delle piramidi della IV dinastia. Braccio che fu poi gettato via dai curatori del museo del Cairo perché interessava solo il gioiello che era avvolto attorno ad esso. Lei cita la Valle dei Re, a ragione. Ma come le ho già detto altrove, le mummie della valle dei Re si sono salvate perché ad un certo punto Ramesse IX le ha fatte raccogliere e nascondere, altrimenti sarebbero sparite. Tanto è vero che non di TUTTI i sovrani della valle dei re possediamo le spoglie. Lei dimentica o ignora cosa sia stato il primo periodo intermedio, secoli e secoli in cui l'Egitto sprofondò nel caos più totale. Durante quel periodo tutte o quasi le tombe faraoniche non più custodite furono violate. Le mummie disperse. Non casualmente, dal primo periodo intermedio si sparge l'abitudine nelle sepolture faraoniche di associare alla mummia una statua di pietra con le fattezze del faraone, affinché la distruzione delle spoglie mortali non si associ alla completa distruzione dello spirito del faraone. Non casualmente di Kufu abbiamo un solo ritratto mentre di Mantuhotep e dei suoi eredi abbiamo buona documentazione iconografica.
    Detto ciò non voglio confutare le sue ipotesi, ma la invito a sostenerle e a imporre alle sue fonti lo stesso rigore che si impone alla ricerca.

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  17. Dal suo commento:"Lei cita la Valle dei Re, a ragione. Ma come le ho già detto altrove, le mummie della valle dei Re si sono salvate perché ad un certo punto Ramesse IX le ha fatte raccogliere e nascondere, altrimenti sarebbero sparite". Guardi che le tombe della valle dei re sono state quasi tutte depredate ma le mummie c'erano. Dia una risposta ragionevole a ciò che le ho scritto prima e cioè:" Ci crede veramente che sono stati trovati elementi organici tra le pietre? Se fosse vero questo significa che hanno smontato una parte di una piramide integra (perchè se non lo era integra, è naturale che ci fossero elementi organici nelle pietre)," E ripeto che le statue di abu simbel(che sono nel museo egizio di torino) sono simetriche. Lei le ha viste di persona per dire che non lo sono?
    Anto

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  18. Comunque, per tagliare la testa al toro, mi permetto di allegare a questa discussione, una semplice elaborazione grafica che smonta la sua affermazione della simmetria perfetta. In allegato troverà una statua di Khafra. A sinistra, l'originale, a destra l'elaborazione fatta al computer con un piano passante per l'asse mediano, duplicando l'immagine, prima il lato destro e poi quello sinistro. Come si vede, si apprezzerà il fatto che la statua sia tutt'altro che simmetrica. https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/14141615_10208865094238048_5050447323054840744_n.jpg?oh=ab7e737f41d85336fd5c83fe2f7cee65&oe=5843E587 https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/14222355_10208865092077994_4641214593934304114_n.jpg?oh=bed56dba07264152a9224da8100c825e&oe=5880490A

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