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lunedì 1 agosto 2016

Archeologia. L'età dei Fenici in Andalusia: rame, argento e materiali pregiati viaggiavano per mare già 3000 anni fa.

Archeologia. L'età dei Fenici in Andalusia: rame, argento e materiali pregiati viaggiavano per mare già 3000 anni fa.


Sulla base dei più recenti dati archeologici sappiamo che l’inizio della frequentazione fenicia nel Mediterraneo centro-occidentale si colloca durante il passaggio dal Bronzo al Ferro. Le aree interessate comprendono Malta, la Sicilia nord-occidentale, la Sardegna, il Nord-Africa e la Penisola iberica. In passato gli studiosi attribuivano alla frequentazione fenicia una valenza commerciale, oggi si mettono in evidenza i cambiamenti climatici che colpirono l’area siro-palestinese durante l’età del Ferro e portarono in pochi secoli a una drastica riduzione delle terre coltivabili con conseguente crisi alimentare. Il fenomeno peggiorò intorno al 750 a.C. con la pressione assira delle terre del Vicino Oriente che ridusse i terreni messi a coltura. I primi contatti fenici in Occidente furono caratterizzati da una forte vocazione commerciale con proliferazione di villaggi a sfondo agricolo e legati alle attività di mare. Nell’Andalusia Atlantica i villaggi costieri si arricchirono con lo sfruttamento delle miniere, mentre gli insediamenti dell’Andalusia Mediterranea devono la loro prosperità soprattutto per lo sfruttamento delle
risorse agropastorali del territorio.
Uno dei più antichi insediamenti è il Castillo de Doña Blanca, un centro continentale situato nel Golfo di Cadice, in una piccola insenatura in prossimità della foce del Guadalete. Frequentato già nell’800 a.C., nel corso del secolo successivo occupava una superficie di 7 ettari con 500 abitazioni e 2000 residenti. Era delimitato da una possente muraglia preceduta da un fossato di 20 metri. La quantità e qualità della ceramica testimonia la ricchezza del centro, con floride relazioni commerciali lungo tutte le coste mediterranee. In breve tempo il Castillo si sviluppò verso l’isoletta che gli antichi autori identificano con Cadice. Intorno all’800 a.C. fu edificato un tempio Melqart, sull’isolotto di Sancti Petri. A Cadice abbiamo strutture abitative del 750 a.C. sotto il moderno quartiere di Santa María, nel settore più occidentale dell’isola di Kotinoussa. Dalla necropoli a incinerazione di Puerta de Tierra, sono state recuperate sepolture del 700 a.C. Abbiamo, dunque, un modello urbanistico simile a quello di Tiro, con due insediamenti: insulare, sotto Cadice, e continentale, nel Castillo de Doña Blanca, avamposto sulla terraferma. I commerci fra fenici e locali, caratterizzati prevalentemente da scambi di argento, interessarono le aree montuose interne delle province di Huelva e di Siviglia fino a raggiungere le coste del Portogallo e del Marocco. Nel IX a.C. si nota un’antropizzazione capillare nella Baia di Cadice sino alla foce del Guadalquivir, con centri principali che controllano i piccoli villaggi a base agropastorale, scarsamente interessati ai metalli. A Huelva, invece, già nel 1000 a.C. si sfruttavano le miniere di rame della regione, con officine specializzate nella lavorazione di armi e di oggetti di bronzo e un florido commercio con le regioni atlantiche del Portogallo e della Francia da una parte e il Mediterraneo centrale dall’altra. Ciò suggerisce una struttura sociale gerarchizzata con élites in grado di gestire ampie masse di lavoratori. La presenza di leader che gestivano gli interessi della comunità fu favorevole per il commercio fenicio, poiché i primi mercanti che raggiunsero la regione riuscirono a instaurare rapporti con partners affidabili che gestivano l’estrazione e il trasporto dei metalli dalle miniere ai mercati. Due erano gli itinerari del metallo: il primo nasce nella regione del Riotinto, con Cerro Salomón, specializzato nell’estrazione e nella fusione dell’argento, dell’oro e del rame. Lingotti e minerale allo stato grezzo venivano trasportati lungo il corso del Río Tinto fino a Huelva, dove venivano fusi nei forni e poi imbarcati alla volta di Gadir. Il secondo itinerario era organizzato intorno al distretto minerario di Aznalcóllar, con Cerro del Castillo e Los Castrejones, centri posizionati strategicamente e dotati di imponenti sistemi difensivi. Fuori dalle aree minerarie, disposti lungo la direttrice di collegamento al mare, nacquero altri centri in cui si lavorava l’argento: Peñalosa, San Bartolomé de Almonte e la città fortificata di Tejada la Vieja. L’argento di Riotinto, ricco di piombo, era differente da quello di Aznalcóllar. Il dato risulta significativo dal momento che il piombo è fondamentale nella coppellazione, una tecnica innovativa nella fusione dell’argento. L’argento estratto a Riotinto si fondeva utilizzando il piombo presente nel minerale, mentre quello proveniente da Aznalcóllar poteva essere lavorato solo con l’aggiunta di piombo metallico importato nella regione dai mercanti fenici della Baia di Cadice che così influenzarono la produzione e il commercio del minerale estratto nel distretto, a differenza di quanto documentato per l’argento del Riotinto, il cui commercio era saldamente nelle mani dei locali. A Tejada la Vieja il forte impatto con i mercanti portò alla creazione di un importante villaggio, con edifici abitativi, capanne artigianali dedicate alla metallurgia e magazzini per lo stoccaggio di prodotti alimentari, divisi tra loro da strade. A Tavira, alla foce del rio Gilão, c’è una possente muraglia difensiva del 700 a.C. che difende le strutture dedicate alle attività metallurgiche legate alla lavorazione dell’argento proveniente dai distretti minerari del Basso Alentejo e della Serra Algarvia, seguendo un percorso già utilizzato nel Bronzo. Pochi chilometri a sud di Tavira c’è Castro Marim, alla foce del fiume Guadiana, un sito fortificato costruito su una collina che controlla un vasto territorio. Nel VII a.C. Castro Marim diviene un importante mercato nel quale confluivano rame e argento dalle regioni più interne, e manufatti pregiati mediati dai fenici come contropartita. Da Gadir e Castillo de Doña Blanca l’argento veniva imbarcato su navi e trasportato nei più importanti mercati del Mediterraneo. Inizialmente la merce scambiata per l’argento riguardava prevalentemente olio e vino, come testimoniano le tante anfore da trasporto, le brocche bilobate e le coppe carenate. Dal 750 a.C. viene introdotta la tecnica del tornio, la depurazione dell’argilla, e si nota un nuovo assetto urbanistico. C’erano artigiani itineranti che spostandosi nelle comunità producevano manufatti e insegnavano alle popolazioni locali l’utilizzo delle nuove tecnologie. La diffusione di beni suntuari agli inizi del VII a.C. è la prova dell’affermazione di gruppi aristocratici che controllano le risorse del territorio e accumulano ingenti ricchezze. I sovrani locali adottano nel loro stile di vita e nelle pratiche funerarie modelli propri delle aristocrazie del Vicino Oriente, certamente trasmessi dai commercianti. Si circondarono di simboli di potere e di oggetti preziosi, esotici, da esibire nelle cerimonie pubbliche, e alla loro morte questi oggetti diventano il corredo funerario. Nelle necropoli di La Joya, Huelva, e altre, gli archeologi trovano gioielli di oro e argento, avori, bruciaprofumi e vasi in bronzo, uova di struzzo decorate tagliate a forma di vaso e di coppa. Inoltre c’erano oggetti, in ceramica e bronzo, per bere e mangiare che attestano la pratica del banchetto rituale. A volte anche singoli pezzi in avorio e vetro. L’assunzione di vino durante le cerimonie pubbliche ci riporta a pratiche rituali diffuse nel Vicino Oriente e in Grecia, mentre l’olio era utilizzato nella dieta quotidiana e per illuminare le dimore e le tombe principesche nel corso delle cerimonie funebri, come testimoniato dal rinvenimento di thymiateria e candelabri in bronzo. 

Nell'immagine il Castillo de Doña Blanca a Cadice


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