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mercoledì 3 agosto 2016

Archeologia. La Dea Madre nella storia.

Archeologia. La Dea Madre nella storia.


Esiste un filo conduttore che unisce i popoli neolitici che, con varie caratteristiche, è ancora fortemente presente nel sentimento religioso dell’uomo contemporaneo, ossia il culto della Dea Madre. La Sardegna, su questo tema, è perfettamente allineata con il resto del mondo. Le belle sculture Sarde trovano corrispondenze stilistiche e ideologiche nelle Cicladi, nella Sparta neolitica, a Malta, in Anatolia e nella penisola balcanica.
Il culto della Grande Dea è legato all’opulenta cultura agricola del neolitico, quella considerata l’età dell’oro, come dimostrano le statuette grasse che rappresentano la divinità femminile nel suo ruolo di nutrice e portatrice di fertilità. La Dea è immaginata nella sua carnalità, come nella famosa Venere di Cuccuru s’Arriu, con attributi sessuali enfatizzati con la rappresentazione dei grossi seni e degli
abbondanti glutei. E’ una divinità fortemente legata alla sfera terrena. L’artista ha però voluto esprimere anche il concetto che la carnalità della Dea è coinvolge solo una parte di essa, quella legata alla produzione agricola e alla sfera sessuale umana, infatti le sue forme così generose e terrene, contrastano con l’espressione quasi ascetica del volto leggermente sollevato, con lo sguardo rivolto altrove, a significare che le sue radici sono da ricercarsi nel mondo spirituale. I nostri progenitori vedevano nella donna un essere superiore e padrone della vita, e la gravidanza era un miracolo inspiegabile dal quale l’uomo era escluso. Anche le fasi della gravidanza, con la crescita graduale del ventre della donna, che dopo aver messo alla luce una nuova vita torna alle sue forme di fanciulla, sono state associate alle fasi lunari e ai tempi del raccolto. In molte culture la Dea era considerata nella triplice forma di fanciulla, matura e vecchia, con chiaro riferimento alle fasi lunari e della gravidanza.
Anche la corrispondenza tra il ciclo mestruale, che avviene ogni 28 giorni, e il mese lunare ha contribuito a legare indissolubilmente l’elemento femminile al nostro satellite. La Dea era padrona della vita e della morte, era generosa con chi rispettava i precetti del culto e spietata con chi li contravveniva. Chi mostrava crudeltà nei confronti delle creature più deboli, cadeva sotto la sua maledizione, conosciuta come maledizione di Iside. Era anche signora della morte in qualità di accompagnatrice e protettrice del defunto nell’aldilà, come testimonia l’inumato nel sepolcro di Cuccuru s’Arriu che teneva stretto in mano l’idoletto rappresentante la Dea Madre, nella speranza che essa lo guidasse verso una nuova rinascita nel mondo ultraterreno. I defunti venivano posti in posizione fetale e cosparsi di ocra rossa, il colore della vita e del sangue che ricopre il neonato al momento del parto: era accolto nel grembo della Terra Madre ed era pronto a rinascere ad una nuova vita. La concezione dell’aldilà di questi antichi uomini, ci fa capire quanto sia sbagliata la convinzione che essi fossero dei selvaggi senza cervello. Certamente ragionavano diversamente da noi ma la cura verso i defunti e la loro tendenza verso la spiritualità sono sintomi di una civiltà evoluta. Il culto della Dea Madre ha attraversato i millenni prendendo varie forme, dalla Ishtar assiro Babilonese, alla Astarte Fenicia, a Iside degli Egizi fino a Maria Vergine, mantenendo pur nel rispetto delle diverse religioni i suoi connotati di protettrice e consolatrice. Anche la Sardegna nuragica mantiene una forma di venerazione per l’elemento femminile: l'iconografia del  bel bronzetto di donna con in grembo una bambino è simile a quella di Iside che tiene in braccio Horus e a quella della Pietà di Michelangelo. La più conosciuta delle Dee Madri è Iside, che riunisce in se tutte le caratteristiche proprie della divinità femminile: è doppiamente donatrice di vita, perché compie la resurrezione di Osiride-Orione ed è madre di Horus. E’ anche una terribile dispensatrice di morte, capace di spietate vendette, è più potente del padre degli Dei egizi, Atum-Ra, perché conoscendo i suoi 72 nomi ha la capacità di ucciderlo. L’uomo, essendo cosciente del grande potere femminile, una volta capito che il miracolo della nascita lo coinvolgeva da protagonista, ha cercato in tutti i modi di schiacciarlo e di renderlo subalterno a quello maschile. La Dea è divenuta sposa del Dio maschio, figlia del Dio padre o madre di quello che una volta nato diviene più importante di lei riducendola a semplice contenitore della divinità. Quello del femminile è stato il più antico e duraturo culto dell’umanità e, nonostante i tentativi (ancora in atto) tesi a distruggerlo, mostra tutt’ora la sua grande forza nascosto nelle pieghe delle grandi religioni e nella tradizione ermetica. La grande Dea fu la protagonista indiscussa del mondo spirituale dell’umanità per molti millenni, fino a quando il maschio si rese conto del suo ruolo fondamentale per la riproduzione. La nascita di una nuova vita cessò di essere un miracolo per divenire un fatto umano, con tutte le sue conseguenze. L’uomo, che per millenni aveva invidiato alla donna il suo potere di dare la vita, iniziò a esaltare il suo ruolo che in breve tempo divenne quello principale; la donna da essere semidivino fu ridotta allo stato di moglie e madre. Secondo alcuni studiosi proprio a causa di questo cambiamento nacque il concetto di proprietà. Nell’età dell’oro che abbiamo identificato col neolitico, la donna partoriva miracolosamente e il nuovo nato era patrimonio dell’intera comunità, invece quando l’uomo si rese conto di essere protagonista della gravidanza iniziò a custodirla e a premunirsi di non essere costretto ad avere cura del figlio di un altro. Anche la compagna fu sentita come una proprietà da proteggere dagli altri uomini, quindi era necessario avere una dimora adatta a tale scopo e un territorio proprio nel quale costruirla. Era nata la proprietà privata. La Dea perse gradualmente i suoi poteri, da padrona della vita e della morte divenne simbolo delle virtù domestiche, l’esempio più noto è quello di Era, moglie di Zeus, protettrice dei matrimoni e dei parti, sempre pronta a perdonare le scappatelle dell’arzillo padre degli Dei. L’elemento femminile mantenne eccezionalmente anche altre caratteristiche, come quella di essere invocato durante le guerre o chiamato a proteggere città e tiranni (come nel caso di Uni, Dea etrusca strutturata sulla matrice di Era), ma il suo ruolo principale restava relegato in ambito domestico. L’ultima grande Dea Madre fu Iside, figlia di Nut, Dea dell’aria, e di Geb, Dio della terra, nella religione egizia essa sommava in se tutte la caratteristiche del principio femminile tipiche del neolitico. Iside era padrona della vita, era capace non solo di generarla come madre, ma riusciva a compiere veri e propri atti di resurrezione, come nel caso del suo sposo-fratello Osiride, da lei ricomposto e fatto risorgere. Osiride fu fatto a pezzi dal fratello Seth che rappresentava l’archetipo del male, Iside lo ricompose recuperandone tutti i pezzi tranne il fallo e lo portò nuovamente in vita. Nonostante la mancanza dell’organo riproduttivo maschile, la Dea riuscì miracolosamente a concepire Horus destinato all’eterna battaglia contro il male rappresentato da Seth. Proprio in questo “miracoloso” concepimento Iside si dimostra padrona della vita, come la sua antenata neolitica, essa era in grado di generare una nuova esistenza indipendentemente dal principio maschile. La Dea egizia era anche signora della morte, era madre dolcissima e protettiva (con caratteristiche molto simili alla Vergine Maria), ma anche capace di estrema ferocia. Fu la  Grecia classica a codificare l’archetipo della Dea domestica: nella mitologia vengono narrati episodi emblematici della lotta senza quartiere del  maschile nei confronti del femminile.
L’esempio più chiaro è il mito della guerra contro le Amazzoni, donne guerriere e libere capaci di combattere come e meglio degli uomini, per averne ragione si dovettero scomodare eroi del calibro di Heracle, Teseo e Achille. Con i greci si passò dalla Dea madre guaritrice, consolatrice e miracolosa generatrice di vita, che dagli egizi venne rappresentata con Iside, a figure come Circe, la Medusa e Medea che esaltavano unicamente gli aspetti terribili del potere femminile. L’unica virtù alla portata delle donne divenne quella di essere buone mogli e madri, quelle che non accettarono questi principi vennero relegate ai margini della società e in molti casi perseguitate per le loro scelte. Le sacerdotesse dei culti della Grande Dea non trovarono più spazio in un mondo ormai dominato dai maschi e dal concetto di proprietà che non tollerava donne libere che non dipendessero totalmente da un uomo. Lentamente ma inesorabilmente la sacerdotessa si trasformò in strega.


Articolo di Fabrizio e Giovanna su http://ilmulinodeltempo.blogspot.it

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