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venerdì 15 luglio 2016

Archeologia e navi. La navigazione nell’antichità

Archeologia e navi. La navigazione nell’antichità
di Enrico Pantalone

A margine del convegno di ieri all'Auditorium Tiscali, ho pensato di proporre questo articolo sul tema. 

Si parla sempre di fatti e storia riguardante lo svolgersi della vita quotidiana sulla terraferma e dei grandi trasferimenti a cavallo, di marce o di esodi. Si parla poco, invece, degli spostamenti marittimi: proviamo a immaginare come si praticasse la navigazione sul Mediterraneo (e oltre) al tempo più antico dei fenici, dei greci, degli etruschi, dei cartaginesi e dei romani, cioè di chi maggiormente utilizzava le imbarcazioni per muoversi o per commerciare.
Normalmente, se i venti erano propizi, l’avventura poteva iniziare, altrimenti il rischio di rimanere al palo era forte: non avendo possibilità di stoccare grandi riserve d’acqua dolce, era scontata la navigazione sotto costa che permetteva di tenere sempre l’occhio vigile e pronto nel caso s'avesse avuto bisogno di un rifornimento.
Formaggio ovino, carne seccata e salata, vino di tipo cretese (quello da tagliare con l’acqua) costituivano i pasti quotidiani dei marinai. Il pesce pescato non poteva essere cucinato sulla nave per
evitare incendi (visto la consistenza legnosa delle imbarcazioni tutto ponte) e si consumava, salvo eccezioni, solo sulla terraferma.
Tutti i marinai antichi, come sappiamo dai racconti degli storici e dei letterati (e dalle leggende) erano anche buoni combattenti, esperti esploratori e mercanti. Le traversate non erano sempre piacevoli, e credo sia interessante comprendere come vivevano la navigazione i civili e i soldati.
Come potevano passare il tempo stipati in poche decine di metri?
E’ sufficiente andare su una moderna barca a vela per capire che il tempo e movimenti in mare sono relativi. Un militare abituato a marciare per chilometri durante il giorno, si trovava a dover restare immobile in uno spazio angusto, privo della libertà di movimento cui era abituato, fattore che doveva essere indigesto ai più, poiché la nave media difficilmente superava i 15 metri di lunghezza. Doveva quindi essere necessario trovare il modo per far trascorrere le giornate e diventava così indispensabile l'arte del discorrere, unica panacea possibile e attuabile in quello spazio.
Le navi militari in genere erano più piccole rispetto a quelle mercantili, quindi disponevano di minore spazio vitale. Le navi da carico sviluppavano una velatura maggiore, quindi erano più potenti e rendevano possibile un aumento del cabotaggio e di conseguenza dello spazio disponibile per persona.
Gli antichi popoli che sviluppavano l'arte della navigazione non differivano molto nell'utilizzo di tecniche e manovre: un buon marinaio poteva lavorare con greci, etruschi, fenici, romani e cartaginesi in maniera similare. Questo perché gli strumenti erano ridotti: lo scandaglio la faceva ancora da padrone anche se la lettura della volta celeste e di rudimentali mappe iniziava a migliorare i percorsi riducendo i giorni a bordo.
A volte si preferiva allontanarsi dalla costa e sfruttare i venti, ma si doveva sempre tenere in conto l’approvvigionamento di acqua potabile, e gli approdi amici erano di vitale importanza per le traversate. Proprio la colonizzazione dei territori orientali sul Mediterraneo e sul Mar Nero fu una diretta conseguenza di questo modo d’operare e le felici posizioni geografiche che gli esperti navigatori riuscivano a trovare, divennero luoghi nei quali giunsero gruppi di uomini che cercavano fortuna lontano dalla patria natia.
Il Mediterraneo e il Mar Nero erano ben conosciuti, differente invece era l’approccio al leggendario mare sconosciuto oltre le Colonne d’Ercole, e l’occupazione militare in quelle zone non fu mai presa in reale considerazione per problemi legati alla logistica e alla difficoltà di trasferimenti d’ingenti forze umane in terre poco conosciute e ritenute inospitali. Si pensa che solo i fenici intrapresero una colonizzazione sistematica di queste terre ma, nonostante la ricerca storica vada avanti, non s’è certi della riuscita in questo senso. I greci furono tentati dall’avventura, avendo come base Marsiglia, ma preferirono spostarsi a nord attraverso il territorio e nel Mediterraneo stabilirono accordi commerciali con gli etruschi e i cartaginesi per dividere spese e rischi.
Il ruolo principale fu sicuramente quello dei mercanti, tanto che anche Scipione l’Emiliano ne interrogò parecchi, forse tentato da qualche avventura verso nuove terre. Tuttavia le notizie su merci e manufatti sull’Atlantico non dovevano apparire così vantaggiose, infatti preferì non affrontare il rischio del disastro che poi avrebbe dovuto spiegare in Senato. Rimane da indagare il motivo dell’assenza di rotte commerciali verso il sud dell’Africa, considerato che si poteva sempre viaggiare con punti di riferimento sottocosta. Forse il clima mite mediterraneo fu uno dei punti decisivi per questo tipo di scelta.

Fonte: www.enricopantalone.com


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