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mercoledì 15 luglio 2015

Porti e approdi della Sardegna nuragica: Othoca - Santa Giusta

Porti e approdi della Sardegna nuragica: Othoca - Santa Giusta
di Pierluigi Montalbano


Nel bacino di Santa Giusta si trova il canale di Sant’Elia, rettificato nel 1910 perché prima era serpeggiante. Per inquadrare al meglio le vicende della zona dobbiamo tenere conto della dinamica del fiume Tirso, il più lungo della Sardegna, che s’ingrossa notevolmente con l’apporto del fiume Taloro e trascina alla foce una notevole quantità di materiale partendo dalla Barbagia.
Nel 1923 fu costruita la diga di Santa Chiara, ma prima ci furono catastrofiche inondazioni, come quella del 1870 che fece vittime e rese Oristano simile a Venezia, con le barche che circolavano nelle strade. Il flusso delle correnti del Tirso ha svolto un ruolo decisivo sia per la formazione delle barre sia nel decidere il suo regime nella piana. Per scoprire se esisteva una profonda insenatura che giungeva a Santa Giusta, o se la barra si sia formata recentemente, sono state eseguite delle indagini terrestri e subacquee sul canale.
A Sant’Elia è stato rilevato un insediamento nuragico del IX a.C. che ebbe un ruolo di controllo nell’area di Othoca. Nel 1973 è stata portata alla luce una grande quantità di anfore dai fondali dello stagno di Santa Giusta. È difficile dare una chiave di lettura dei fenomeni, almeno fino a
quando non si faranno delle ricerche idrologiche approfondite. Il livello dello stagno è bassissimo ma c’era un ingresso per le navi che consentiva la risalita per un breve tratto del Tirso. Nelle anfore ripescate c’erano tracce di carni macellate, forse il carico di un relitto affondato ma, essendo disposte secondo una sequenza cronologica molto ampia, dal VII a.C. fino a età tardo romana, non è ipotizzabile un singolo evento catastrofico che provocò la perdita delle anfore. Probabilmente in età nuragica c’erano infrastrutture in legno per consentire l’approdo ma gli elementi trovati fino a oggi non consentono di leggere una topografia portuale. Anche quest’area era interessata al rapporto con le comunità levantine perché presso il canale di Othoca si è trovato un frammento di tripode cipriota conservato in un museo di Firenze e databile al XII a.C. (tardocipriota III) che suggerisce l’esistenza di uno scalo portuale durato a lungo.
Gli scavi della fine del Novecento suggeriscono una fondazione del villaggio intorno al 750 a.C., sull'altura della cattedrale di Santa Giusta. Le ricerche nella cripta e nel sagrato della chiesa testimoniano che l’insediamento è sovrapposto alle strutture di un centro nuragico del Bronzo recente e Finale.

La necropoli ha restituito materiali di fine VII a.C., nell'area dell'attuale chiesa di Santa Severa. Il rito della cremazione è prevalente sull’inumazione, con tombe di vario tipo: a cassone, con fossa rettangolare rivestita da lastre di arenaria; a cista litica, con urna in terracotta posta all'interno di una cista quadrata in lastre di arenaria; a fossa circolare, ellittica, rettangolare. I corredi presentano vasi di tradizione greca ed etrusca, e testimoniano l'apertura di Othoca ai traffici marittimi. 

Immagine di www.archeo.it

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