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sabato 11 ottobre 2014

Nuraghi nel Mediterraneo, di Giovanni Ugas

L’architettura nuragica nel contesto mediterraneo
di Giovanni Ugas


Sul piano formale e funzionale, l’architettura delle residenze fortificate nuragiche è in pieno accordo con i coevi talajots delle Baleari, soprattutto quelli della vicina Nura (Minorca), e ancor più con le torri della Corsica meridionale. Nella penisola iberica diverse fortezze portoghesi come San Pedro e Zambujal con torri a pianta circolare e verosimilmente coperte a tholos sono riferite già alla cultura del vaso campaniforme, ma sono palesemente fuori dalla linea di sviluppo ben documentato, durante il Bronzo Medio e Recente, nelle Baleari, Corsica e Sardegna dai nuraghi, talaiots e torri che si sviluppano gradualmente in forme evolute. I protonuraghi, i più antichi talajots e torri hanno un’unica origine e potrebbero essere scambiati tra loro tanto sono simili. In ambito edilizio, la parentela con le Baleari si estende anche ai sepolcri cosiddetti a naveta che richiamano le tombe di giganti protosarde. Durante il Bronzo recente, sembra sminuire la relazione con Minorca, dove non risulta attestato il tholos ogivale, mentre in Corsica la parentela è ulteriormente rinforzata, benché le torri si presentino in forme più modeste rispetto ai nuraghi. Diverse torri corse evolute sono state restituite correttamente con tholoi ogivali.
È palese che, tra il XVI e il XIII, Minorca e Corsica costituiscono con la Sardegna una sorta di koinè insulare delle torri, una prima Tyrrenìa di cui l’isola dei nuraghi appare l’epicentro politico ed economico. Se nella sua tecnica costruttiva il protonuraghe risente almeno in parte delle esperienze megalitiche occidentali, sul piano formale e funzionale prevalgono gli influssi del mondo egeo ed orientale. Infatti, se si esclude la citata area insulare, in tutto l’Occidente mediterraneo, durante il Bronzo risultano del tutto assenti analoghe residenze fortificate di capi in tecnica megalitica. Qualcosa di analogo riguarda le prime spade sarde a lama larga triangolare di Sant’Iroxi, simili sul piano formale a quelle iberiche di El Argar. Queste armi hanno un’origine occidentale perché derivate dai pugnali sardi e iberici a base semplice arrotondata e lama triangolare degli inizi del Bronzo antico (1900-1800 a.C.)
Tenendo presenti alcune sostanziali differenze tra le fortificazioni sarde e quelle dell’Egeo e del Mediterraneo orientale in genere, dove le torri sono sistematicamente quadrangolari, esaminiamo le analogie che almeno in parte derivano da esperienze comuni, pur nell’ambito di culture con proprie specificità.
È stata già riscontrata l’affinità tra le volte a luce ogivale dei corridoi di alcune cinte murarie megalitiche sarde (corridoio cab della cinta esterna di Su Mulinu-Villanovafranca; gallerie del bastione trilobato di Santu Antine di Torralba), e quelle di simile disegno micenee (galleria nello Steintor di Tirinto) e ittite (gallerie di Hattushas). Sul piano cronologico, l’esempio più antico, databile a fine XV-prima metà XIV, è quello di Su Mulinu, con volta gradonata ad ogiva tronca (piattabandata); a fine XIV-prima metà XIII va ascritto il corridoio ogivale a tessitura poligonale di Hattushas molto simile a quello di Santu Antine, che è riconducibile al pieno XIII, considerando l’impiego sul paramento esterno di conci ben squadrati che anticipano di poco quelli in tecnica isodoma. Verso la fine del XIII a.C. va collocata, infine, la galleria di Tirinto, considerando le pareti verticali alla base e l’ogiva che tende al triangolo, come nel taglio delle porte del Tesoro di Atreo e della Porta dei Leoni di Micene, ma anche in anditi e nicchie del Bronzo recente II sardo (Su Mulinu, Torre F).

In questo caso, l’architettura sarda sembra anticipare quella egea e quella anatolica e può averle influenzate.
Ulteriori affinità si colgono nelle porte con anditi a transetto delle fortezze. Anche qui si osserva il taglio ogivale nelle fortificazioni del XIII a.C. della Grecia (Porta dei leoni a Micene; Tirinto) e in Anatolia (Porta del Re, Porta dei Leoni, di Hattusha). Per l’Anatolia vanno richiamate le lunghe postierle di Yerkapu, di Alaka Huyuk e di Buyakkale. Le porte ittite sono precedute da archi ogivali bilitici di grande effetto. Anditi a taglio ogivale con guardiole laterali affrontate sono diffusi in Sardegna negli ingressi delle cinte esterne (esempi: Su Nuraxi, Bronzo tardo I; Su Mulinu, Bronzo tardo II), ma la luce della porta è piuttosto stretta e rettangolare. Esempi di ingressi con andito di taglio ogivale e con due guardiole disposte a transetto nel bastione di su Nuraxi a Barumini e nella cinta esterna di Su Mulinu a Villanovafranca. Eccezionalmente, nell’ingresso al bastione trilobato di Genna Maria a Villanovaforru si osserva un doppio transetto con quattro guardiole, ottenuto grazie anche al rifascio della cortina in cui esso si apre. Talora, il taglio ogivale è proposto anche nell’andito della camera nella torre centrale e sull’ingresso della cinta esterna (Nuraghe Arrubiu).
Questi dati evidenziano ampiamente scambi di esperienze tra l’architettura difensiva sarda e quella egea, almeno a partire dalla fine del XIV a.C., e inducono a pensare che anche maestranze e manovalanze sarde abbiano avuto un ruolo nell’edificazione delle fortificazioni achee, tenendo presente che per costruire le mura megalitiche di Micene (mito di Perseo) e di altre città come Tirinto e Midea, si ricorreva a maestranze straniere, e che ad Atene il muro Pelasgico è attribuito a Tirreni e a Siculi, popolazioni occidentali strettamente in rapporto con i Sardi. Perseo fa venire i Ciclopi per costruire le mura di Micene, dopo il suo scontro con Medusa, regina di Sardegna , Corsica e Tirrenia, figlia di Forcide dio del mare. Nel contempo è possibile che l’architettura sarda abbia subito, a sua volta, influssi dall’edilizia monumentale egea. Valutando la situazione nel complesso, l’ipotesi più plausibile è che siano avvenuti scambi di esperienze reciproche.

Nelle foto l'interno di Domu Beccia di Uras e Genna Maria.

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