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mercoledì 17 settembre 2014

I Giganti di Monte Prama al Museo Archeologico di Cagliari

I Giganti di Monte Prama al Museo Archeologico di Cagliari
di Ennio Porceddu

Le uniche statue che il modo nuragico ci ha restituito, in mostra, al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e nel Museo Civico di Cabras, insieme ai modelli di nuraghi e betili, ritrovati nello nel Sinis, 1974.

Domenica moltissimi turisti e amanti della cultura nuragica dell’Isola, in occasione dei Monumenti Aperti (con ingresso gratuito ogni prima domenica del mese), si sono accalcati al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari per vedere le statue di Mont’e Prama, meglio conosciute come i “Giganti di Mont’e Prama” e che risalgono al periodo nuragico, forse il decimo o all’ottavo secolo avanti Cristo. E dal mese di marzo di quest’anno sia Cagliari, sia il Museo Civico di Cabras espone al pubblico queste opere d’arte arcaiche, restaurate e ricomposte. La mostra riserva al visitatore diverse sorprese come un sistema multimediale innovativo creato in collaborazione con il CRS4 che consente la visualizzazione particolareggiata a grandezza naturale delle statue e dei modelli di nuraghe restaurati.
I primi frammenti sono nati vicino Oristano nel 1974 con le arature profonde, mentre gli scavi più significativi per capire che qualcosa di importante stava emergendo dopo millenni, risalgono al 1975, 1977 e 1979, con ulteriori frammenti, che per decenni sono stati esposti al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e ora possiamo ammirarli alla Cittadella dei Musei di Cagliari e al Museo Civico “Giovanni Marongiu” di Cabras.
Custodi di una necropoli, unici nel loro genere, questi fragili giganti di arenaria solo ora dopo anni di restauri si possono ammirare in tutta la loro bellezza. Sono 38 elementi quelli, per ora ricomposti ora inclusi alcuni modelli di tombe nuragiche. Gli scavi attuati evidenziarono che le sculture erano state distrutte (fatte a pezzi dai cartaginesi che conquistarono la zona e costruirono la città di Tharros) e ammucchiate in epoca punica sopra una particolare necropoli nuragica.
Le sculture umane rappresentano guerrieri, arcieri e pugilatori, gli archeologi pensano che la loro funzione fosse di statue funerarie che, evidentemente, dovevano rappresentare i defunti o quasi certamente.

Dei personaggi idealizzati del passato che davano lustro alla tribù e alla famiglia di questi personaggi seppelliti nelle tombe di Mont’e Prama. I loculi erano pozzetti singoli con lo scheletro rannicchiato e, riuniti in gruppi ben circoscritti e sistemati in una lunga fila. Una particolarità di queste tombe, erano prive di corredo: in una di esse hanno trovato elementi di una collana e dei pendenti di bronzo, un vago in cristallo di rocca e uno scarabeo “di produzione orientale in steatite con tracce d’invetriatura verde”. Questi elementi sono sicuramente attribuibili all’Età del Ferro e quindi al periodo nuragico (tra il 930 e il 730 avanti Cristo). A causa della ristrettezza dello scavo, se ne ignora l’originaria disposizione delle statue rispetto ai loculi.
Secondo l’archeologo Alessandro Usai, “per capire meglio la funzione di ogni statua sono accostati ai bronzetti nuragici di cui abbiamo moltissimi esemplari”.
L’operazione di riconoscimento e ricongiunzione dei frammenti, eseguiti tra il 2007 e il 2011, a Sassari, nel Centro di Restauro di Li Punti, ha permesso la parziale ricomposizione di 24 statue in calcare , 12 modelli di nuraghe e almeno 13 betili troncoconici. Molte le polemiche che hanno circondato il restauro, sia perché iniziato solo in questo secolo, sia perché le statue sono e resteranno esposte un po’ a Cagliari un po’ a Cabras.
Per i giganti di Mont’e Prama il mistero magnetico rimane intatto. Questi monoliti sono tagliati in una pietra sola a tutto tondo di arenaria, dal lavoro sapiente di artigiani: si sa che l’arenaria tende a sbriciolarsi con facilità.
“Anche lo scudo – ha affermato l’archeologo Usai – portato sopra la testa dai pugilatori è ricavato dallo stesso blocco di pietra” dice Usai, e tale pietra veniva cavata da un luogo non vicinissimo alla necropoli dove le statue si trovavano e quindi veniva trasportata per alcuni chilometri fino alla necropoli”.

Questa delle statue di Mont’e Prama sono un esempio di arte arcaica verosimile ad altro popolo del Mediterraneo, per quei tempi, molto comune e diffusissima. “Gli occhi sbarrati, gli occhi a cerchietti concentrici sono una rappresentazione che trova grandissimi confronti in tutto il Mediterraneo a quell’epoca come modo di rappresentare la figura umana, il viso umano, così gli occhi, il naso, le sopracciglia, la bocca con questi tratti netti e rigidi. E’ chiaro che è uno stile che voleva anche impressionare lo spettatore.
Per loro era più normale rappresentare degli individui con quelle particolarità, noi, al contrario siamo molto impressionati da questa cosa irreale.
Sistema museale
La necropoli e le sculture di Mont’e Prama sono un fenomeno di assoluta rilevanza regionale, in qualche modo, esse segnano un punto d’arrivo della civiltà nuragica dell’intera Sardegna. Per questo motivo esse sono presentate in un sistema museale concepito costituito attualmente dal Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e dal Museo Civico “Giuseppe Marongiu” di Cabras a cui in futuro di aggiungerà il Centro di Restauro di Li Punti a Sassari.Le due sezioni espositive sono il prodotto di una progettazione unitaria, non identica, bensì complementari.
A Cagliari le sculture di Mont’e Prama sono presentate nel contesto dell’Età del Ferro nuragica, periodo di radicale trasformazione culturale. A Cabras le sculture sono presentate tra l’evoluzione culturale delle comunità umane del Sinis, dalle più remote presenze prenuragiche all’età romana.
I betili
Tra le sculture di Mont’e Prama i cosiddetti betili figurano in piena coerenza con il generale discorso scultureo. La parola adottata dalla letteratura specialistica trae origine dal mondo orientale della lingua fenicia Be-el significa “casa di dio” e indica una pietra sacra. tradizionalmente ritenuta sede della divinità.
Non possiamo essere certi che questo fosse il significato dell’oggetto a cui il termine di riferisce nell’universo nuragico. Ma è certa la presenza di tali oggetti solo in ambito connessi in modo più o meno marcato al sacro e, più specificatamente, in contesti funerari.
I betili rinvenuti a ritrovati nello stesso sito di Sa Marigosa, una località del Sinis, nel lontano 1974,
Mont’e Prama sono per lo più in arenaria e hanno forma troncoconica; alcuni di essi hanno una o due serie di incavi quadrangolari nella parte superiore.
Alcuni piccoli betili in calcare presentano in rilievo una sorta di gradino orizzontale e un elemento verticale d’incerta interpretazione. Tutti i betili di Mont’e Prama presentano inoltre alla base un ampio incavo la cui funzione non è chiara.
Questi betili sembrano essere stati realizzati appositamente per essere collocati a Mont’Prama, recuperando in forma di memoria l’antica tradizione dei betili delle tombe dei giganti.
Betili, statue e modelli di nuraghe rinvenuti a Mont’e Prama appaiono interpretabili come elementi di un discorso artistico unitario, in cui la tradizione nuragica assume il valore di mito, di memoria vivente.
A tale memoria affidarono la propria identità collettiva, le comunità umane che vollero realizzare delle sculture. Betili, statue e modelli di nuraghe offrivano allora e ancora offrono una potente rappresentazione simbolica di quel mondo.

http://ennioloy.blog.tiscali.it/2014/09/08/


2 commenti:

  1. Una sola considerazione sull'articolo vorrei riservarla alla questione cartaginesi. L'autore, riportando l'idea degli archeologici che scavano nel sito, scrive: "Gli scavi attuati evidenziano che le sculture furono distrutte dai cartaginesi che conquistarono la zona e costruirono la città di Tharros". Questa fantasiosa ipotesi, non supportata da reperti archeologici e nemmeno dalla logica (i cartaginesi erano alleati dei nuragici, soprattutto in quel periodo), sta prendendo piede come verità in quanto proposta da Zucca e altri. Vorrei ricordare che tutti possono sbagliare e che è bene filtrare con un fitto setaccio qualunque ipotesi, anche quelle di autorevoli studiosi. L'autoreferenzialità accademica porta, a volte, a trascurare che se esiste un errore di base...tutta la tesi è compromessa. Ebbene, la presenza cartaginese a Tharros è evidente solo in qualche manufatto commerciale, così come sono presenti reperti legati ai traffici in tutti gli altri approdi dell'isola. Ai cartaginesi, si aggiungono greci, levantini, iberici...a dimostrazione che la Sardegna costituiva un invitante luogo nel quale trattenersi per instaurare legami commerciali. Proporre questi reperti mercantili come testimonianza di un'invasione e conquista è pura fantasia, e gli archeologi che insistono dovranno, prima o poi, mostrare le prove del'invasione: fosse comuni, distruzione violenta di edifici, campi di battaglia, fonti letterarie o epigrafiche che testimonino guerre a Tharros in età nuragica. Al momento, l'unica certezza è che furono i romani a conquistare le città costiere sarde...a costo di grandi sacrifici.

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  2. Pierluigi
    Nel 480 Amilcare figlio di Annone (Erodoto), e il suo esercito, furono sconfitti ad Imera.
    Cartagine sparisce dalla scena per una cinquantina d’anni.
    Verso il 420 occupa sant’Antioco e la fortifica. Nel 410 emerge la figura di Annibale; il più grande condottiero che Cartagine avesse mai avuto. Per il secondo tentativo in Sicilia fu affiancato da Imilcone (per me il mitico Malco di Giustino) Poi verrà Magone e i suoi due figli. Asdrubale muore in Sardegna (dove sarà la tomba?). Il comando passa al fratello Amilcare. Poi al figlio Imilcone. Lo psedoAristotele ricorda quello che stava avvenendo in Sardegna. Queste sono le fonti.
    Resta da vedere contro chi combatterono i Cartaginesi in Sardegna.
    Nel 349, lo ricorda Livio, una flotta greca gironzolava sulle coste laziali. Chi fossero questi ultimi e che fine fecero resta un mistero.(Stiamo parlando del periodo che va dal 400 al 350).
    Io ho pensato ai Siracusani sconfitti in Sardegna ma … l’Archeologia non mi aiuta.
    Affermare che Sardi e Cartaginesi andassero d’amore e d’accordo non mi convince: c’erano Sardi e Sardi. Nel 348 gli ambasciatori Cartaginesi andarono a Roma e, per la prima volta, fu firmato un trattato diretto tra le due parti. E’ il periodo che furono distrutte le Statue. Però… c’è modo e modo di smantellare un complesso architettonico. Segni di “mazzate” sulle statue non ne vedo. Non sono state frantumate da gente infuriata. Sembrano spostate per recuperare lo spazio che occupavano. Sono finite in diverse buche. E questo la dice lunga. Mia personalissima interpretazione.
    Rolando Berretta

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