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sabato 22 febbraio 2014

Minosse, Re di Creta. Uno studio propone la sua sepoltura in Sicilia.

L'ultima dimora del Re, un libro di Rosamaria Rita Lombardo
recensione di Vincenzo D'Alessio



L’agile volume dell’archeologa Rosamaria Rita Lombardo dal titolo L’ultima dimora del re, pubblicato nelle edizioni Fara di Rimini, è un contributo a quella branca scientifica dell’Archeologia che prende in seria considerazione il pensiero di Paul Faure: “Chi lo resusciterà del tutto? Chi, se non colui che reputa le leggende ricche di realtà, ed i sogni altrettanto rivelatori di una confessione?” (vedi pag. 90 del libro) e lo fa proprio. Non basta l’esistenza a contenere la passione per la terra che ci appartiene. L’Archeologia risuona in noi (archeologi di montagna) come lo scorrere dei versi dell’Odissea di Omero dove nella metrica si palesa l’appartenenza alla memoria collettiva orale.
Il lavoro della Lombardo è eminentemente scientifico: poggia su testi autorevoli di autori greci, latini e studiosi di chiara fama. Tra questi vorrei ricordare la figura dell’archeologo Paolo ORSI resa mitica in molti libri fra i quali "La collina del vento", di Carmine Abate (Mondadori,2012), dove la spinta alla ricerca di ORSI sulla collina del Rossarco dell’antico insediamento di Krimisa in Calabria era legata alla memoria orale.
Anche in questo caso il Monte Guastanella nell’agrigentino e la realizzazione della mitica deposizione del Re Minosse (da Creta) si legano alla tradizione orale sottoforma di versi:
“Lu re Mini-Minosse è / drivucatu intra la muntagna di Guastanedda. / È tuttu chinu d’oru / e quannu lu scoprinu / iddu addiventa un crastu d’oru / e unu av’ arrimaniri” (pag. 56).
Anch’io ho iniziato il percorso di archeologo dilettante e successivamente di Ispettore Onorario del Ministero dei Beni Culturali collegandomi al momento esistenziale dell’infanzia quando i nonni materni mi raccontavano le leggende che da secoli (e forse più) aleggiavano sulle antiche case del luogo natale.
La memoria collettiva mi ha premiato nel lavoro di ricerca sul campo e fa bene al cuore trovare confronto nell’ottimo lavoro della professoressa Lombardo, che dedica amorevolmente il lavoro alla figura paterna (allo stesso modo fa Carmine Abate nell’epigrafe al suo volume) ripreso fotograficamente nella tavola 10, a pag. 52, che ha posto in lei il seme della gratitudine verso lo scrigno della terra dove gli antenati hanno reiterato e desiderato rivelare le ricchezze dell’antico passato.
Riprendendo per analogia questo lavoro archeologico anche per me la leggenda di una grotta con un tesoro era collegata al ritrovamento insperato da parte dei poveri contadini, che volevano arricchirsi facilmente e velocemente, e il sacrificio umano come contraccambio: la leggenda della “Chiocciola con i pulcini d’oro”. Mentre nel caso della tomba di Minosse il tesoro è rappresentato da “un capro tutto d’oro”. Un altro riscontro filologico è legato al culto cristiano dell’Angelo (l’Arcangelo Michele) sviluppatosi in tutta l’Italia Meridionale a partire dai primi secoli dopo Cristo (si veda Sant’Angelo Muxaro prossimo a Monte Guastanella) proprio in grotta: similitudine con la Grotta del Gargano da dove prende avvio il culto che accomuna le nostre ricerche a quelle ipogee della Lombardo.
La ricchezza, rigo dopo rigo, dei riferimenti ai testi antichi e moderni consolida la ricerca scientifica e la pone come metodo di ricerca per chi legge. Il richiamo alle fonti bibliografiche riempiono la mancanza di campagne di scavo accurate e arricchite dalle prospezioni satellitari oggi diffuse nell’Archeologia ufficiale sul territorio. Una ricerca archeologica utilizzabile come testo scolastico per avvicinare gli studenti alla passione fondante che collega la Lombardo ai grandi nomi dell’archeologia italiana.

Fonte: http://www.faraeditore.it/nefesh/dimorare.html

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