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venerdì 8 febbraio 2013

L’alimentazione nell’Italia antica. Cibi sardi. Tipologia dei contenitori e metodi di cottura

L’alimentazione nell’Italia antica. Cibi sardi. Tipologia dei contenitori e metodi di cottura
di Maria Ausilia Fadda



Nella ricerca archeologica, l’indagine su un atto essenziale come quello di procurarsi e preparare il cibo, comporta un analisi attenta di tutti i resti di cultura materiale e il coinvolgimento di specialisti di diverse discipline relative ai diversi periodi della preistoria e della protostoria.
Percorrendo un lungo viaggio attraverso gli antichi sapori si può ricostruire anche l’evoluzione delle tecnologie impiegate nella realizzazione dei manufatti che hanno portato i protosardi a selezionare le forme e i materiali per ottenere la funzione ottimale per la cottura dei cibi. I numerosi studi, noti in letteratura, hanno dimostrato che l’uomo per migliaia di anni si nutriva di alimenti crudi disponibili in natura che si procurava con la caccia, la pesca e con la raccolta di frutta e verdura che cresceva allo stato selvatico.
Con la cottura dei cibi, soprattutto di origine animale, l’uomo ha potuto diversificare le proprie abitudini alimentari attuando la prima rivoluzione alimentare. Nel neolitico, durante la rivoluzione agricola, l’uomo da cacciatore e raccoglitore nomade, impara a riconoscere, a selezionare e a coltivare le graminace che gli garantirono la più importante base alimentare. La soluzione dei problemi di sostentamento legarono l’uomo ad una dimora permanente in un territorio adatto alle coltivazioni agricole; la produzione in esubero spinse l’uomo alla ricerca di diversi metodi di conservazione in contenitori disponibili in natura ma molto deperibili, a plasmare l’argilla e a realizzare vari contenitori funzionali alla lunga conservazione delle derrate, ai diversi sistemi di cottura. Alla funzionalità dei contenitori si aggiunge progressivamente una ricerca degli aspetto estetico dei contenitori a partire dal neolitico antico (6000 a. C. ) con la decorazione cardiale, realizzata probabilmente con gli stessi resti di pasto, e fino al neolitico finale (3000 a.C.) durante il quale è documentata una vera e propria esplosione di un decorativismo applicato nella produzione di stoviglie di uso quotidiano che venivano offerte anche come corredi funerari.
La definizione della funzionalità degli strumenti di cottura costituisce la vera rivoluzione alimentare che ha portato di conseguenza ad una consapevole e determinata variazione dei sapori del cibo. La differenziazione e la moltiplicazione dei sapori durante il periodo neolitico viene accentuata dalla capacità dell’uomo di addomesticare e allevare animali come la capra e il cinghiale; l’allevamento veniva integrato con la caccia di cervi, mufloni, prolagus, volatili e la raccolta di molluschi e di vari tipi di gasteropodi terrestri e marini.
In tutte le fasi del neolitico vari alimenti di origine animale integravano un regime alimentare basato essenzialmente sul consumo di cibi vegetali prodotti in un’economia prevalentemente agricola. Non va sottovalutato il fatto che l’allevamento del bestiame ha introdotto nell’ alimentazione l’uso del latte e tutti i prodotti derivati dalla sua trasformazione.
Attraverso i manufatti è sorprendente scoprire che alcuni accorgimenti realizzati in molti contenitori preistorici sopravvivono attualmente nelle più moderne batterie da cucina.



Il neolitico
Nelle fasi finali del neolitico (3000 a.C.) nell’ambito della Cultura di San Michele di Ozieri è documentata una notevole produzione ceramica caratterizzata da un raffinato gusto estetico, espresso attraverso un decorativismo presente in tutti i contenitori che vengono ornati nelle superfici interne ed esterne. Le sintassi decorative documentate in tutto il territorio isolano sono ricorrenti e compongono motivi geometrici e naturalistici con la tecnica ad impressione e a graffito ed evidenziate dall’aggiunta di paste bianche e da pigmenti colorati. La varietà dei contenitori e la raffinata tecnica decorativa possono essere interpretati come segno di una matura capacità di procurarsi il sostentamento a tal punto da consentire all’uomo di rivolgere la sua attenzione alla ricerca del bello anche negli oggetti di uso quotidiano. Alla conquista del gusto estetico si aggiunge soprattutto la scoperta dei diversi cibi che vengono cotti in diversi modi in appositi contenitori studiati per essere messi sul fuoco.
Nasce in questo periodo il vaso sostenuto da tre piedi (tripode) che permette la cottura del cibo a diretto contatto con il fuoco. Le vasche dei contenitori possono essere di forme aperte o chiuse e venivano tenute in perfetto equilibrio dai piedi di forma triangolare, allargati all’imposta, a sezione concava o nastriforme, che venivano inseriti sullo spessore delle pareti e rinforzati da appendici plastiche cornute o a cordone. Le decorazioni plastiche sui piedi da un lato miglioravano l’aspetto estetico del vaso ma avevano sopratutto la funzione di rendere più resistente il punto del vaso dove si concentrava il maggior assorbimento del calore ed il maggior peso del contenuto messo in cottura. I tripodi con vasche prevalentemente biconiche ed emisferiche erano funzionali alla cottura di zuppe, farinate e alla bollitura della carne e del latte.
La lavorazione delle superfici con l’uso di brunitoi e di stecche rendeva le superfici particolarmente lisce e lucide ma le rendeva anche impermeabili e più idonee a contenere e a cuocere i cibi liquidi.
Nei monumenti neolitici sardi è documentata la presenza di numerosi ciottoli che non presentano segni di usura come i pestelli, i macinelli o le cote; si ritiene che i ciottoli surriscaldati nei focolari potessero essere usati per intiepidire i liquidi, soprattutto in ambienti pastorali, per accelerare i tempi della cagliata.
La prima età dei metalli
Nella prima età dei metalli nell’ambito delle Culture Filigosa - Abealzu-Monte Claro- (2800-2550 a.C.), per motivi ancora sconosciuti, cambiano i criteri di scelta dei luoghi d’insediamento, diminuisce sensibilmente la decorazione dei contenitori e si prediligono le forme chiuse più funzionali ad un’economia pastorale. La caduta del decorativismo può essere spiegata con la necessità dei continui spostamenti per le transumanze che richiedevano la produzione di vasi più semplici e di facile manutenzione. Dalle tombe ipogeiche di Abealzu e Sos Laccheddos, in territorio di Osilo(SS) provengono dei mestoli d’impasto con lunga impugnatura forata che potevano essere utilizzati come frangicagliata nella lavorazione dei latticini. Nell’ambito delle culture dell’età del rame a Filigosa (Macomer) e a Biriai (Oliena), sono documentati vasi di piccole dimensioni chiusi con un coperchio mentre nei periodi precedenti i vasi venivano coperti con un altro vaso rovesciato che non aderiva perfettamente alla circonferenza dei contenitori. Per tutto il periodo neoeneolitico è documentato l’uso del vaso tripode che viene modificato nella forma e nella dimensione della vasca e dei piedi di sostegno. Della necropoli ipogeica di Santu Pedru provengono diversi Manufatti che si inquadrano nell’ambito della cultura del vaso campaniforme che può essere considerata la prima grande cultura europea per la sua diffusione documentata, in tutta l’Europa dell’est ed in quella occidentale e nei paesi mediterranei. Ai vasi campaniformi caratterizzati da una invadente decorazione a bande con motivi geometrici erano associati vasi da fuoco con quattro piedi (tetrapodi) cilindrici che sostengono una vasca emisferica di forma aperta, con le superfici esterne ornate dai motivi decorativi che vengono chiamati internazionali perché si presentano ovunque con le stesse sintassi decorative. Poiché non sono presenti in Sardegna degli insediamenti abitativi nell’ambito della Cultura Campaniforme che viene documentata solo in contesti funerari e in associazione ad altre culture, non è possibile risalire alla loro abitudini alimentari per il loro carattere nomade e guerriero ma è facile supporre che privilegiassero la selvaggina e diversi cereali presenti negli areali dei loro spostamenti. Gli archeologi inglesi ritengono che il bicchiere venisse usato per bere la birra che poteva essere prodotta in tutti i paesi in grado di produrre orzo. E’ inoltre ipotizzabile che nei continui spostamenti imparassero e divulgassero l’uso e la cottura di cibi di zone con economia e abitudini alimentari diverse.
L’Età del Bronzo
Nell’età nuragica, dopo l’esplorazione archeologica di diversi nuraghi e di villaggi si amplia il numero dei dati di cultura materiale pertinenti ai metodi di cottura dei cibi che vengono esaminati all’interno di una ricostruzione dei vari aspetti della vita quotidiana nei numerosi insediamenti abitativi.


A partire dall’età del bronzo medio (1500 a.C.) dopo un periodo di decadimento della decorazione dei contenitori, documentato nella Cultura di Bonnanaro, fase A e B, si assiste ad una ripresa del decorativismo nei vasi a tesa interna con le superfici decorate da motivi metopali ottenuti ad impressione a crudo La tesa interna del nuovo vaso introduce la funzione specifica della bollitura con una soluzione tecnica che impedisce il traboccamento dei liquidi ed il conseguente spegnimento del fuoco. La tesa interna favorisce l’ossigenazione impedendo la formazione dello strato di panna o di sostanze coaugulate delle carni o dei legumi che provocano la fuoriuscita dei medesimi.
Nella fasi più evolute dell’età del bronzo compare un nuovo tipo di fornello d’impasto a forma di ferro di cavallo con tre appendici sopraelevate disposte nella parte curva centrale e nelle estremità. Le appendici hanno la parte apicale tagliata in modo obliquo per mantenere in perfetto equilibrio i contenitori, soprattutto olle e ciotole emisferiche e carenate, che hanno il fondo indistinto. I fornelli sono spesso forniti di anse o prese applicate nella parete centrale per facilitare la presa e lo spostamento e talvolta venivano praticati dei fori passanti nelle pareti di grosso spessore per accentuare l’ossigenazione del fuoco ed impedire lo spegnimento delle brace.
Durante il periodo del Bronzo Recente viene prodotto un nuovo tipo di vaso per la bollitura che privilegia le forme più chiuse globulari, con o senza colletto, ai quali viene applicato un listello plastico sulla parte interna dell’orlo con la funzione di impedire la formazione della panna. Il listello interno serviva anche da sostegno per il coperchio dotato di fori passanti per l’areazione e con una presa. Diversi fori passanti praticati sul listello aumentano l’aerazione dei liquidi in cottura. In alcuni esempi di vasi bollitolo il listello interno continuo, viene sostituito da una serie di lingue plastiche applicate in senso orizzontale a distanze regolari per aumentare ulteriormente l’aerazione del contenuto in ebollizione anche con l’uso del tappo.
Si fa notare che lo stesso sistema viene ancora applicato nei moderni bollitoi in acciaio o in ceramica. Nello stesso periodo venivano prodotti numerosissimi tegami o teglie troncoconiche o cilindriche particolarmente funzionali alla cottura del pane e di vari tipi di focacce.Le pareti interne di alcuni tegami venivano decorati a crudo con uno strumento a pettine che veniva usato con varie stecche e brunitoi per ottenere diverse composizioni geometriche disposte prevalentemente nella parte centrale del fondo. Si ritiene che la decorazione delle pareti interne lasciasse il segno sui pani che venivano fatti in circostanze particolari considerato il numero molto minore dei tegami decorati rispetto a quelli privi di decorazione. I pani venivano decorati anche con pintadere d’impasto che lasciavano sui pani l’impronta di diversi disegni geometrici. Le teglie di cottura venivano realizzate con uno spessore maggiore dell’impasto in corrispondenza della parte centrale del contenitore dove si concentrava l’assorbimento del calore e facilitava la lievitazione e la cottura dei pani. Alcuni tegami di grandi dimensioni hanno il fondo concavo e venivano usati come coperchio per semplici fornetti che miglioravano la cottura dei cibi.
Durante il periodo del Bronzo recente e finale inizia la produzione di bacili e calderoni di bronzo di varie dimensioni che integrano i contenitori d’impasto più diffusi e alla portata di tutti. Anche i contenitori in lamina bronzea costituiscono un utile elemento di datazione esaminando la forma dei manici e degli attacchi che spesso richiamano forme note in contesti extrainsulari dell’area egea orientale e tirrenica. Con la diffusione ed il perfezionamento della metallurgia vengono prodotti spiedi in bronzo che venivano sostenuti da alari lignei,bronzei e d’impasto. La produzione dei vasi per la cottura si arricchisce di altre forme di caleffatoi che consentivano una cottura lenta e a basse temperature o dei vasi costruiti come cestelli traforati ottenuti con nastri d’impasto che potevano essere usati anche come vasi portafuoco per mantenere calde le vivande. Nelle fasi più evolute dell’età del bronzo e nell’età del ferro migliorano le tecniche di lavorazione degli impasti, le superfici dei contenitori vengono lucidate ad imitazione di quelli di bronzo e coperte da uno strato di argilla molto depurata e fluida (engobbio) che impermeabilizzava le pareti dei vasi riducendo il trasudamento dei liquidi. Nella tarda età del ferro la produzione locale dei contenitori risente di forti influssi esterni e si afferma il gusto di prodotti orientalizzanti che rispondono ad una forte richiesta di mercato. Questa nuova realtà economica coincide con la fine della civiltà nuragica che non riuscirà a contrastare le pressioni e le ambizioni di conquista del suo territorio che era considerato sempre più strategico come testa di ponte delle più importanti rotte commerciali.

Nelle immagini: Ceramiche scavate nel Nuraghe Palmavera ad Alghero e collage di ceramiche di vario periodo.

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