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domenica 16 dicembre 2012

Alle radici dell'albero cosmico: l’albero come asse del mondo nella mitologia europea

Alle radici dell'albero cosmico: l’albero come asse del mondo nella mitologia europea
di Greta Fogliani



Uno degli elementi più presenti nei miti e nel folklore delle popolazioni antiche è l’albero. Questo elemento naturale assume una grande varietà di funzioni, ma una più di tutte le altre rende evidente l’importanza che l’albero ha sempre rivestito nell’antichità: quella di centro e asse dell’universo.
Di per sé, l’albero non è propriamente un motivo cosmologico, perché è innanzi tutto un elemento naturale che, per i suoi attributi, ha assunto una funzione simbolica. L’albero, in quanto tale, si rigenera sempre con il passare delle stagioni: perde le foglie, secca, sembra morire, ma poi ogni volta rinasce e recupera il suo splendore. Per queste sue caratteristiche, esso diventa non solo un elemento sacro, ma addirittura un microcosmo, perché nel suo processo di evoluzione rappresenta e ripete la creazione dell’universo. Inoltre, proprio per la sua estensione sia verso il basso sia verso l’alto, questo elemento ha finito inevitabilmente per assumere una valenza cosmologica, andando a costituire il perno dell’universo che attraversa cielo, terra e oltretomba e che funge da collegamento tra le zone cosmiche.
Per questo, sono molte le popolazioni che nella propria cosmologia concepiscono l’esistenza di un albero sacro come asse del mondo. Tale concezione è comune anche nella religione e nella mitologia delle popolazioni antiche europee.
Un primo esempio lampante ci viene dalla Bibbia, dove si parla dell’albero della conoscenza del bene e del male posto al centro dell’Eden. È importante sottolineare che l’albero, in questo caso e negli altri che verranno esposti, si fa portatore anche della simbologia del centro, il luogo sacro per eccellenza, poiché è l’inizio e la fine di tutte le cose e sede dell’ordine cosmico. È proprio il centro il luogo di intersezione delle tre sfere cosmiche (cielo, terra e oltretomba), dove è possibile passare da una regione all’altra dell’universo. Perciò, solo pochi eletti riescono ad accedere a questo punto particolare, e non senza aver superato molte prove e difficoltà. Uno degli ostacoli può essere rappresentato proprio dal custode dell’albero, che nella Genesi è il serpente tentatore di Adamo ed Eva. L’albero della conoscenza giocherà un ruolo centrale anche nelle vicende che riguardano la morte del Cristo: esiste, infatti, una leggenda cristiana che vuole che il legno della croce di Gesù coincida con quello dell’albero edenico. E, guarda caso, questa stessa leggenda fa corrispondere il punto della crocifissione del Cristo con il centro del mondo, dov’era stato creato e sepolto Adamo. Dunque la croce di Cristo, instaurando una continuità con l’albero della Genesi, si configura per i cristiani come sostegno dell’universo, incorporando così il motivo dell’albero come asse del mondo che collega il cielo, la terra e l’aldilà.
Sempre rimanendo in ambito europeo, ci sono molti altri esempi di culture che, pur non essendo cristiane, presentano il concetto di albero cosmico nel proprio folklore. Nell’area celtica troviamo due specie arboree che svolgono questo ruolo: la quercia e il frassino. In Gallia, la quercia è considerata la regina della foresta, perfetta, forte dei suoi imponenti rami e salda nelle sue ancor più grandi radici. Per questo, essa simboleggia la salda protezione e la forza primordiale, nonché l’abilità di sopravvivere. Tali attributi associati alla quercia non derivano però dalle sue caratteristiche naturali, ma da Giove, divinità a cui quest’albero è strettamente legato. La quercia, infatti, si presta bene a rappresentare la maestosità e la forza del dio romano supremo, il cui culto era diffuso anche tra i Celti gallici. Anche il frassino, chiamato Necht, rappresenta il motivo dell’albero cosmico, poiché possiede radici che penetrano molto in profondità nel terreno e rami spessi e forti. Per questa sua immagine di molteplicità e robustezza, nella mitologia celtica e norvegese il frassino è ritenuto lo specchio del mondo e dell’universo, poiché in quanto asse del mondo la sua estensione abbraccia gli inferi, la terra e il cielo. Esso è dunque un microcosmo, poiché riproduce in scala ridotta la struttura di tutto l’universo.
Parlando del frassino, non si può non menzionare Yggdrasill, l’albero cosmico che sostiene tutti e nove i mondi dell’universo germanico, che veicola una complessa simbologia. Yggdrasill ha tre radici, ma sulla loro collocazione vi sono tradizioni discordanti. Secondo il poema norreno Grímnismál, contenuto nell’Edda poetica, la prima radice finisce nel regno di Hel, l’oltretomba, la seconda a Jötunheimr, dove dimorano i giganti della brina, e la terza a Midgardr, il mondo degli umani. Il Gylfaginning dell’Edda in prosa, invece, afferma che la prima radice va a Niflheimr, la regione infera dove si trova la sorgente Hvergelmir, la seconda a Jötunheimr (come dice anche il Grímnismál) e la terza ad Asgardr, presso la dimora celeste degli dèi Asi. In ogni caso, le tre radici non indicano tre zone terrestri, ma tre differenti modi di essere che si esplicano nei regni cosmici degli inferi, della terra e del cielo. Un’altra particolarità di Yggdrasill è la presenza minacciosa di un’abbondante fauna: lo scoiattolo Ratatoskr sale e scende lungo il tronco, sui rami sta appollaiata un’aquila che con il suo battito d’ali origina i venti, cinque cervi e una capra brucano le sue chiome e otto rettili, simili a draghi, rodono le sue radici. Tra questi, gli animali più rilevanti sembrano l’aquila e il più terribile dei rettili, Nidhöggr, che si scambiano vicendevolmente degli insulti attraverso lo scoiattolo Ratatoskr, che funge da messaggero. È proprio per mezzo di questo roditore che si sviluppa il conflitto tra cielo e terra, simboleggiato dagli screzi tra l’aquila e il rettile. Tutti questi animali mostrano la fragilità di quest’albero, che non è immune alla progressiva erosione della fauna e soprattutto del tempo. Quando Yggdrasill verrà abbattuto, il mondo attuale avrà fine, tutto ciò che esiste verrà distrutto per stabilire un nuovo equilibrio e un nuovo universo.


Se tra i Germani e i Celti è il frassino l’albero più importante, tra le popolazioni slave sono il larice e la betulla a fungere da assi del mondo. Queste due specie arboree riprendono il motivo di matrice uralo-altaica dell’albero cosmico che, crescendo al centro dell’universo, congiunge i tre livelli del mondo con le sue radici che scendono nelle viscere della terra e i suoi rami che toccano le nuvole. L'immagine appartiene a una comune concezione sciamanica presente dalle zone orientali d’Europa, che si estendono fino alla Siberia. L'albero cosmico non è solo l'asse che unisce cielo, terra e inferi, ma anche il tramite attraverso il quale lo sciamano è in grado di uscire dal nostro mondo per salire o scendere attraverso i molteplici livelli dell'essere. Per le popolazioni siberiane, il larice è l’albero cosmico lungo il quale scendono il sole e la luna sotto forma di uccelli d’oro e d’argento. Tale ruolo, però, come si è detto prima, può essere rivestito anche dalla betulla, che viene incisa con sette, nove o dodici tacche che rappresentano i livelli celesti. Questa può essere anche connessa talvolta al sole e alla luna; in questo caso assume la duplice funzione di padre e madre, maschile e femminile e anche quella di strumento della discesa dell’influsso celeste.
La fonte della concezione slava dell’albero cosmico molto probabilmente deriva dalle popolazioni ugro-finniche, che in passato si sono insediate nella Scandinavia e in Russia. Nella mitologia di queste popolazioni, però, l’albero cosmico non è né un larice né una betulla, ma una quercia, che compare nel Kalevala, un poema epico finlandese composto da Elias Lönnrot a metà del XIX secolo. Nel secondo runo, in particolare, si parla di una quercia gigante che si estende in tutto il mondo, fino a coprire la luce del sole. Proprio per questo motivo, il saggio Väinämöinen ordina a un piccolo omino di rame venuto dal mare di abbattere la quercia, affinché il sole possa ancora scaldare la terra. L’abbattimento della quercia simboleggia la rottura dell'asse terrestre, la quale va probabilmente collegata con il fenomeno della precessione degli equinozi, quando il mondo passa da un’era alla successiva e un nuovo signore del tempo dovrà cedere il posto al vecchio.
Com’è possibile notare, in Europa l’albero cosmico è un motivo che ricorre in culture anche molto diverse tra loro. Del resto, la relazione di questo elemento naturale con il trascendente non poteva essere trascurata; l’albero rappresenta la fertilità, l’abbondanza e il ciclo della natura che si rinnova miracolosamente ogni anno. Ecco perché una semplice pianta riesce a contenere l’infinità dell’universo.



BIBLIOGRAFIA

-BROSSE, Jacques, Storie e leggende degli alberi, Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 1989;
-CHEVALIER, Jean, GHEERBRANT, Alain, Dizionario dei simboli: miti, sogni, costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, Rizzoli, Milano, 1986;
-ELIADE, Mircea, Immagini e simboli: saggi sul simbolismo magico-religioso, Jaca Book, Milano, 1981;
-ELIADE, Mircea, Trattato di storia delle religioni, Bollati Boringhieri, Torino, 2008;
-GREEN, Miranda Jane, Dizionario di mitologia celtica, Bompiani, Milano, 2003;
-GUÉNON, René, Simboli della scienza sacra, Adelphi, Milano, 1990;
-LECOUTEUX, Claude, Dizionario di mitologia germanica, Argo, Lecce, 2007;
-WARNER, Elizabeth, Dèi, eroi e mostri della mitologia russa, Mondadori, Milano, 1985.


Immagini di Wikipedia

3 commenti:

  1. Bellissimo articolo. Per completezza, ricordo che il mito dell'albero cosmico sia presente anche nel mito iranico. Il Simorg, l'uccello sacro (omologo dei tantissimi uccelli magici presenti nel mito slavo) racconta nello Shah-nameh di Firdusi (ma qui abbiamo ovviamente a che fare con uno strato più antico) di essere nato sui suoi rami, di avere quindi diffuso i suoi semi per il cosmo e quindi con questo suo volo aver diffuso la vita nel cosmo. Racconta inoltre di averlo visto nascere e morire innumerevoli volte. Dall'Avesta sappiamo che l'albero sarà distrutto nell'ultimo giorno, quando un inferno di fuoco (sotto forma di acciaio fuso) si riverserà sul mondo - omologo del Ragnarokk e frammento dell'Apocalisse Indoeuropea (per dirla così) che però ci ricorda per l'ennesima volta come il mondo PIE credesse nella ciclicità dell'universo, anziché in un inizio ed in una fine.

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  2. Ah, scusate il doppio post: ricordo che l'albero cosmico, sopravvissuto dal mito avestico nella religione buddista, è giunto nell'immaginario medievale attraverso il romanzo bizantino "Baarlam e Josaphat" è parte integrante dell'arte italiana: si trova infatti nelle semilune del Battistero di Parma (http://www.santamariaregina.it/itinerari/images/battisterosud.jpg)

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  3. Complimenti per l'articolo di Greta, davvero scritto bene e molto interessante. Fa piacere trovare persone che condividano la propria passione in un modo così piacevole e ben fatto!
    Ringrazio anche Matteo per aver aggiunto e completato il discorso con delle nozioni molto interessanti.

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