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sabato 25 dicembre 2010

Tharros 3° e ultima parte



Città fenicio-puniche
di Carla Del Vais*

Il santuario più importante della città è il tophet. Nell’area centrale del Mediterraneo (Cartagine, Sardegna e Sicilia) è considerato il santuario tipico del mondo culturale fenicio punico. Si ritiene che sia un’invenzione cartaginese che poi si è diffusa nella sua area di diretta influenza già prima che la città prendesse possesso delle colonie. Quello di Tharros è l’unico posizionato sopra un villaggio nuragico. È stato individuato nel 1963 ma scavato solo dagli anni Settanta. Il basamento, con gli sgabelli litici e gli altari, è ben visibile nell’area.
Il porto di Tharros, invece, non è stato ancora individuato. Si pensava fosse all’esterno, localizzato nel mare morto, perché il mare vivo è sottoposto a forti maestralate, e nessun marinaio si sarebbe azzardato ad approdare in un luogo così problematico e pericoloso. È certamente da localizzarsi all’interno del Golfo di Oristano, forse nella zona di Capo San Marco, o poco più a nord dove ancora oggi c’è il porticciolo dei pescatori. L’ultima ipotesi è che si trovi nel bacino interno, denominato mistral, a ridosso della città. L’area, dal punto di vista morfologico, è cambiata parecchio nei secoli, e gli studiosi stanno cercando di ricostruire l’antica linea di riva. Il mare, dall’epoca della fondazione di Tharros da parte dei fenici, ha subito un innalzamento di circa 150 cm e, per proporre delle ipotesi verosimili, non ci si può basare sulla situazione attuale. Bisogna anche tener conto dell’apporto fluviale dei detriti che hanno mantenuto, comunque il fondo sempre a una profondità costante. La linea di riva doveva essere notevolmente più avanzata rispetto ad oggi. La Regione Sardegna ha finanziato recentemente un progetto per delle ricerche geomorfologiche, già iniziate nel 2003. Le indagini sono state fatte dalla D.ssa Melis, dell’Università di Cagliari, in collaborazione con una equipe di studiosi dell’Univerità di Sassari. Il carotaggio ha mostrato che l’area di Mistral fino ad una profondità di 12 metri presenta contesti che alternativamente hanno indizi lagunari e segni di insenatura marina protetta. Il rilevamento del carotaggio mostra, infatti, strati alternati di sabbia fine, argilla, posidonia, conchiglie, sabbia fine con resti di faune salmastre, altra sabbia, altre conchiglie, ancora resti vegetali di fauna salmastra, e così via a strati alternati fino a 12 metri di profondità. Quando si alzava il livello del mare, si alzava conseguentemente anche quello del fondo dello stagno. Lo spazio conquistato e poi perso dal mare è stato preso volta per volta dall’apporto fluviale. Quando il mare si è alzato, la linea di costa ha subito altri fenomeni e si è delineata autonomamente.

Fino a quando si costruirono la diga del Tirso, e le moderne canalizzazioni, era sufficiente una forte pioggia per scatenare un allagamento di vaste proporzioni in tutta la zona. Per questo motivo le valutazioni della morfologia antica sono particolarmente difficili. Il problema del carotaggio è ricostruire la cronologia: si procede con il metodo C14 e altri metodi scientifici. La carota mostra il livello nuragico, il punico, quello fenicio, il romano e quelli più recenti. Con il carotaggio si hanno forti indizi utili per ricostruire la storia del sito. Nel 2009 c’è stato uno scavo subacqueo, pur considerando che il fondo misura circa mezzo metro. Con una pompa sono stati aspirati i detriti, è stato fatto un rilievo delle strutture sommerse, è stato grigliato tutto il materiale e si è documentato graficamente un muro costruito con grandi blocchi, lungo 200 metri e spesso 4 che, probabilmente, non è riferibile al porto di Tharros. Probabilmente si tratta di una struttura medievale.
L’area occupata in parte dalla laguna di Mistral e in parte da sedimenti recenti, è chiusa da una striscia di sabbia aperta solo in prossimità della peschiera. Fino agli anni Trenta la laguna era in collegamento con lo stagno di Cabras. Dalle foto aeree è stato individuato un muro che attraversa l’acqua e si è cercato di capire se potesse essere collegato al porto di Tharros. L’Università di Sassari avrebbe individuato nella zona il porto fenicio, ma è un’ipotesi da confermare e bisogna essere molto prudenti. L’area lagunare è visitabile parzialmente solo in estate, perché nella stagione invernale il terreno cede ed è pericoloso avventurarsi in auto nelle sabbie circostanti. Effettivamente la zona si presterebbe per accogliere un porto, ma al momento non è stata individuata alcuna struttura. In un’altra zona, poco distante, affiora un basamento, e gli archeologi contano di fare un’indagine di scavo per studiarla, ma al momento non possiamo sapere di cosa si tratta. Il muro lungo 200 metri che collega la linea di sabbia all’isolotto (sul quale nidificano alcune specie protette e pertanto non si potrà scavare), presenta caratteristiche interessanti ed è stato oggetto di due piccole campagne di scavo, sul lato esterno e sul lato interno. Con sistemi non invasivi si è letta la stratigrafia delle strutture sotto il livello del fango, tenuto conto che si tratta di una zona privata e, comunque, un’area protetta. I materiali sono stati accuratamente grigliati e i residui sono stati scaricati in un’area ben precisa per evitare l’intorbidimento dell’acqua. I metodi utilizzati hanno richiesto una notevole delicatezza operativa per rispettare l’ambiente circostante. I carotaggi hanno documentato un muro in grandi blocchi non rifiniti, costituito da due paramenti, con all’interno pietrame e terra pressata, che presentava delle strutture in legno sul lato esterno, quello verso il mare. Erano dei pali posti a distanza regolare. Il muro alto 80/90 centimetri, che in una fase cronologica ha chiuso Mistral, poggia su uno strato di sabbia marina (lo ha rivelato la granulometria), e questa struttura, che è più moderna dello strato punico, ha determinato un cambiamento della situazione ambientale. All’interno abbiamo residui lagunari, all’esterno doveva esserci una linea frangiflutti. Sotto lo strato marino all’esterno del muro, ci sono gli strati punici, ossia un’area di pertinenza del porto punico di Tharros, che devono ancora essere trovati e indagati. La Regione Sardegna ha finanziato uno studio con carotaggi ed ecosonar, così da capire la geomorfologia della zona.

*Attenzione:
Questo scritto diviso in 3 parti, è un sunto della relazione presentata dalla D.ssa Carla Del Vais nell'incontro di Tharros, in occasione del 5° appuntamento con la rassegna "Viaggio nella Storia". Si tratta di una mia elaborazione, eseguita trascrivendo le frasi dell'autrice e rendendole fruibili a chi non ha partecipato all'incontro. Mi scuso per eventuali errori, imputabili esclusivamente a mia imperizia nel riportare gli appunti in questo articolo.


Nelle immagini aeree è visibile la zona dove potrebbe trovarsi l'antico porto di Tharros

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