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martedì 21 dicembre 2010

Popolo Shardana 1° parte di 2



La Lega dei Popoli del mare.

Relazione di Pierluigi Montalbano sul capitolo 4 del libro di Marcello Cabriolu “Il popolo shardana”, nel convegno di Decimomannu del 18 Dicembre 2010


D’accordo con Miller, si può affermare che con il termine talassocrazia si indica il dominio sui mari esercitato da una potenza costituita da più entità che non si sovrappongono fra di loro nel tempo ma conservano un primato sul mare, che passa in una continuità ed eredità storica, dall'uno all'altro. I gruppi umani individuati come i detentori di questo potere sono identificabili con i popoli del mare, definiti nel tempo come Haou Nebout, minoici o micenei. I componenti di questa Lega provengono da svariati luoghi, collocati sulla costa del Mediterraneo. Nel II Millennio a.C. una potenza marinara modificò profondamente gli scenari politici del Bronzo e fu artefice dei commerci di beni di consumo e di lusso. Questa Lega, che Glotz giustamente apostrofa di spiccata propensione bellica, gestiva il commercio di beni fra il Mediterraneo, l'Asia e il Nord Africa. Le cronache egizie riportano che i contingenti navali, a seconda delle necessità, salpavano carichi di merci o di guerrieri verso i porti del Mediterraneo orientale. Secondo i testi vengono chiamati Shardana, Tursha, Shakalasa, Akawasa, Libou, Pheleset, Tjekker e altri, ma i testi ebraici e greci, molto tempo dopo, li definirono come sardi, etruschi, siculi, achei, libi, filistei, dori. Le analisi delle nuove ricerche archeologiche svolte nel Mediterraneo mirano a legare tasselli di un mosaico di eventi che si svolsero tra XV e IX a.C. La presenza di manufatti nuragici disseminati lungo il Mediterraneo indicano senza ombra di dubbio la forte presenza dei sardi in questi eventi. Una distinzione va fatta fra le ceramiche incise, di matrice sarda, e quelle dipinte, di matrice orientale. Queste ultime sono fabbricate al tornio. Alla Lega che gestiva, in un sostanziale regime di monopolio, i commerci nel Mediterraneo, si contrapponevano i grandi interi basati su monarchie assoluta quale gli egizi e gli Ittiti. Lo sviluppò sulla terraferma greca di una forma di civiltà nel III Millennio a.C., viene definito come periodo proto elladico, ed è caratterizzato da insediamenti tendenti a forma cittadina, caratterizzate da costruzioni circolari o con pianta absidata. Gli studiosi sono concordi nel sostenere che gli abitanti di questi insediamenti non bruciassero i loro morti, ma li seppellissero, sistemandoli in posizione fetale e accompagnando il loro sonno con corredi modesti, all'interno di ceste litiche. Durante una campagna di scavi mirata a scoprire le fondamenta del palazzo miceneo di Tirinto, si rinvenne una grossa costruzione circolare di 28 m di diametro, definita la rotonda, con pareti spesse 5 m edificate a mura concentriche. Questo edificio complesso viene tuttora riconosciuto quale antica sede del tiranno, ovvero il reggente della Tirra, un principe. La struttura costituisce uno dei più antichi esempi di torre a scopo abitativo e riprendere la funzione che caratterizza alcuni nuraghe in Sardegna, e proprio come questi, è dotata di ingressi sopraelevati. All'inizio del II Millennio a.C. considerevoli masse umane provenienti dall'area compresa tra il Mar Nero e il Mar Caspio, sono andate a occupare l'Iran, la Cappadocia, la penisola greca e la Palestina. Le moderne elaborazioni individuano negli Akawasa, queste genti provenienti dall'Anatolia nord occidentale, recanti importanti cambiamenti tecnologici e culturali. Vengono a crearsi, nel contesto egeo, nuovi insediamenti, e impianti funerari, con uno stile architettonico particolare, confrontabile con gli edifici in stile nuragico. Questa nuova epoca è denominata Medio Elladico, nella quale è possibile distinguere come micenei i popoli appena inquadrati. Attorno al 1730 a.C. all'estremo sud della Palestina si stabiliscono gli Hyksos, dominati da un'aristocrazia guerriera ariana. Sono in possesso di conoscenze metallurgiche avanzate e invadono, armi in pugno, l'impero egizio dal lato orientale, travolgendolo. La cronologia fatta da Manetone, descrive come monarchie le dinastie XV, XVI e XVII, e pone nel delta orientale del Nilo la capitale Avaris. Dopo due secoli di dominio Hyksos, la liberazione dell'Egitto viene ultimata intorno al 1550 a.C. dal re di Tebe Ahmosis. In questi due secoli le cronache testimoniano che le città del Delta annodarono rapporti commerciali con Creta e tutta la Mesopotamia. Continuano anche i rapporti con la Sardegna, vista la presenza di quantità notevoli di oggetti egizi in territorio sardo. I fossili guida che mostrano questi rapporti commerciali sono gli scarabei, le tavolette votive con triadi divine, bracciali decorati a filigrana, sarcofagi, anelli e altri manufatti. Al momento, la lettura di questi oggetti mostra esclusivamente cartigli di sovrani compresi fra la dodicesima e la diciottesima dinastia, ossia fra il 1900 e il 1300 a.C. Questi materiali provengono da centri portuali o urbani in genere, già attivi come insediamenti, che grazie alla loro collocazione in prossimità di aree minerarie o punti di lavorazione dei metalli, subirono un fenomeno di concentramento di beni ed attività produttive.

Verso il 1400 a.C. la potenza minoica terminò le sue vicende, certamente a causa delle conseguenze dell'esplosione avvenuta qualche secolo prima del vulcano Santorini. A Creta giunse una nuova popolazione che trasformò l'architettura funeraria tramite l'edificazione di tombe a tholos e camere rupestri. La civiltà micenea riuscì a entrare nei traffici internazionali poco dopo il crollo di Creta nell'egemonia dei traffici della zona. Non si conoscono bene i fatti che portarono a questa sostituzione, ma certamente gli esecutori materiali delle operazioni furono guerrieri ai quali fu ordinato di distruggere Creta. In cambio di queste prestazioni belliche, furono concessi alcuni territori per edificare dei nuovi centri sull'isola, individuabili grazie le caratteristiche strutture abitative ovali e tramezzate. All'esercito shardana, che partecipò a questi eventi, fu concesso di possedere le isole di Lemno e Imbro. Fondarono nuovi sbocchi commerciali e, insieme agli akawasa-achei, partecipavano al controllo dei traffici marini. L'Egitto tentò un'opposizione armata a tali progetti, ma la minaccia di un'invasione con le relative conseguenze, e un'intensa attività diplomatica, ammorbidirono il contrasto. Il faraone si convinse che a fronte di una convivenza pacifica e dello sfruttamento del Delta del Nilo, l'Egitto avrebbe continuato gli scambi commerciali con la Lega dei popoli del mare. Concesse a gruppi di libou e shardana di stanziarsi nel Delta del Nilo e nella frontiera orientale, dando loro la possibilità di importare tecnologie e incrementare il benessere economico. Le capacità dei popoli del mare, vennero messe a disposizione di Amenophis III e molti shardana entrarono a far parte della guardia reale. In questo periodo partì una riforma al sistema monetario egizio e la monetazione in oro fu sostituita da quella in argento, indizio dell'influenza dominante del commercio internazionale sulla vita economica del Delta. In Egitto non vi è argento, ma il preso possesso da parte dei sardi di alcune zone di Creta e Cipro, insieme ai relativi benefici goduti in Egitto, suggerisce una provenienza del prezioso metallo dalle ricche miniere sarde e spagnole. Attraverso le raffigurazioni dei dipinti posti nell'ipogeo di Rekhmire, Visir dell'antico Egitto, si possono individuare i principi provenienti da Keftiu che recano doni fra i quali spiccano i lingotti in rame ox-hide ben conosciuti in Sardegna. Le capacità militari degli shardana di stanza a Byblos furono argomento di discussione intorno al 1350 a.C. fra Amenophis IV (Akhenaton) e il governatore della città Rib-Addi, tale da imbastire una corrispondenza intensa allo scopo di incrementare il reclutamento di questi guerrieri sia nell'esercito egizio e nella guarnigione di Byblos. In questo periodo occorre segnalare la rotta verso lo stagno della Cornovaglia e della Bretagna passante per lo stretto di Gibilterra, oppure attraverso la valle del Rodano, dove si segnalano contatti fra la Sardegna e il Midi francese, con la presenza di ceramica a listelli verticali tipica della facies de Sa Turricula. Sempre in questo periodo esplode la capacità edilizia shardana attraverso le svariate testimonianze sparse in tutto il Mediterraneo. Castello di Lipari, Capo Graziano, Panarea, Thapsos, Pantelleria, Gurnia a Creta, Khirokhitia a Cipro, la fonte perseia a Micene, l’Unterburg di Tirinto…presentano forti tracce della presenza dei sardi.
L’impero ittita decide di commissionare degli importanti lavori quali le cinte murarie di Hattusa, di Bogazkoy, di Buyukkale, il tunnel sotterraneo di Alacha Huyuk. Questo stile si diffonde fino a trovare riscontro in Palestina, nelle città di Megiddo, Hazor, e nelle fortezze di Sharuhen, Ugarit ed El Awat. Nell'analisi dell'influenza sarda è doveroso ricordare la conquista di Lemno e Imbro, che rappresentano un punto chiave di fronte alla vie di passaggio delle tratte commerciali provenienti dall'Asia e in transito per lo stretto dei Dardanelli, tale da far concorrenza alla città di Troia. La fondazione di Garlo, a 50 km da Sofia, e la creazione di un posto sacro simile a Funtana Coperta (Ballao) e Sant’Anastasia (Sardara), mostra come la lega dei popoli del mare, e con essa gli shardana, tesse una politica coloniale mirata al controllo delle vie commerciali. La costa orientale del Mediterraneo è impostata su una frammentarietà di Stati e regni che orbitavano nelle aree di influenza dei due maggiori imperi del XIII a.C. L’Egitto e Hatti.

...domani la 2° e ultima parte

Colgo l'occasione per segnalare che lunedì 27 Dicembre, presso la Biblioteca Comunale di Perdasdefogu, a partire dalle 17, l'autore presenterà il libro, insieme ai relatori: Pierluigi Montalbano, Giuseppe Mura, Paolo Marongiu e Sabrina Sarpante.

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