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mercoledì 29 settembre 2010

La funzione dei nuraghe 1° parte di 2


La funzione dei nuraghe
di Mauro Perra.

L’interpretazione della funzione dei nuraghe costituisce un problema enorme per gli studiosi. Ci siamo sempre chiesti a cosa servissero questi oltre 7000 monumenti che caratterizzano il paesaggio sardo. Anzitutto bisogna osservare che questa cifra si riferisce ad un calcolo statistico, ma nella realtà potrebbero essere più numerosi. Già questa affermazione potrebbe suggerirci a cosa servissero.
Se fossero tutti templi si dovrebbe pensare che dedicassero tutto il tempo all’adorazione delle divinità, e non avessero altro da fare. Sappiamo che non erano tombe perché abbiamo le tombe dei giganti che sono contemporanee ai nuraghe. Sappiamo che in una fase successiva, intorno al 1000 a.C., vari nuraghe vengono utilizzati come luoghi di culto.
Le spiegazioni che sono state date sulla funzione dei nuraghe sono molteplici, compresa quella di osservatori astronomici.
Il padre dell’archeologia sarda, il canonico Spano, nella seconda metà dell’Ottocento diceva che erano prigioni. In una delle sue lezioni, il maestro degli archeologi sardi Giovanni Lilliu, disse che a Sassari uno studioso locale dei primi del Novecento sosteneva che i nuraghe erano utilizzati per farvi dei fuochi sulla sommità per scacciare le zanzare.
Fra le varie interpretazioni, la meno peregrina si basa sui dati che gli archeologi ottengono quando vanno a scavare. I nuraghe sono strutture complesse che hanno una pluralità di significati e una vita molto lunga, partono almeno dal XVI a.C. e a oggi hanno circa 3500 anni. Nel loro perdurare sono ricostruiti, trasformati, restaurati e, a partire dal x a.C., intorno ad essi si costruiscono villaggi, anche se sono già crollati, e si arriva fino ai nostri giorni. Tralasciamo i significati moderni, ma già in età punica e romana, i siti dove si trovavano i nuraghe venivano regolarmente utilizzati. In età bizantina alcuni di essi diventano dei luoghi di controllo del territorio. Nella Sardegna centrale, in età moderna, si notano i nuraghe al centro di un territorio, e dalla struttura si dipartono dei muretti a secco che dividono le tanche dei pastori e dei contadini. Dall’Ottocento i nuraghe sono diventati degli importanti punti di riferimento per riconoscere le proprietà dei pastori e degli agricoltori. Sono luoghi conosciuti dalle persone che popolano il territorio. In alcuni luoghi il nuraghe diventa memoria culturale di una determinata popolazione, di un paese che riconosce in quel monumento la propria storia.

Giovanni Lilliu, fra gli anni Cinquanta e Settanta, ha costruito una teoria, un’interpretazione dei nuraghe, basandosi su ciò che aveva scritto prima di lui l’archeologo Antonio Taramelli, il soprintendente per i beni archeologici della Sardegna. Lilliu utilizza un concetto medievale, estendendolo ai nuraghe: sono dei castelli, delle fortezze, con principalmente una funzione militare. Allo stesso tempo, dentro il castello vive il re pastore, il personaggio eminente della comunità che aveva costruito il nuraghe. All’interno viveva il rappresentante del potere politico con la sua famiglia. Attorno al nuraghe c’era il villaggio della popolazione comune. Quest’idea è stata costruita sulla base degli scavi che Lilliu ha condotto a Barumini dal 1948 al 1954. Nel 1955 pubblicò il volume poderoso sugli scavi e nel 1963 uscì con “La civiltà dei sardi”, nel quale spiegava le funzioni dei nuraghe.
Quest’idea è entrata nelle nostre percezioni e la prima cosa che ci viene in mente quando vediamo un nuraghe è pensare ad una fortezza o ad un castello.
Ad Orroli abbiamo il nuraghe Arrubiu. Gli archeologi, quando hanno tolto la terra e le pietre che erano crollate dalla sommità, le hanno misurate e catalogate, e hanno trovato le ultime pietre della torre centrale. Avendo il diametro iniziale e il diametro finale, sono riusciti a calcolare l’altezza, che sfiora i 27 metri, quanto un palazzo di 9 piani. Guardando l’ipotetica ricostruzione del nuraghe Arrubiu verrebbe da pensare che Lilliu aveva ragione. C’è da osservare che è stato trovato, presso il camposanto di Olmedo, un modellino in bronzo che riporta le stesse proporzioni del quadrilobato di Barumini, con la torre centrale alta circa il doppio di quelle laterali.

Nuraghe è una parola pre-latina che non deriva, dunque, dal contatto con i romani. La più antica attestazione l’abbiamo in un’iscrizione latina del I d.C. trovata sull’architrave del nuraghe Aidu Entos di Bortigali. C’è scritto ILI IUR IN NURAC SESSAR il cui significato ha a che vedere con Plinio che ci racconta di tre popolazioni: Ilienses, Balari e Corsi. “I diritti degli Iliensi della regione del Sessar”. Sessar è un toponimo indeclinabile, esattamente come Nurac. Non sono parole latine. Da Nurac derivano Nuraxi al sud e Nurake al nord dell’isola, in logudorese. La radice Nur è evidente in Sardegna dove abbiamo la regione della Nurra. Secondo Giulio Paulis questo termine significa “voragine”, “cavità a forma di pozzo”, come ci aveva suggerito anche Lilliu negli anni Sessanta. I nuraghe si trovano spesso in posizione eminente sul territorio, in posizione di controllo, in luoghi alti. Genna Maria di Villanovaforru è a 409 metri sul livello del mare, sulla sommità di una collina. Genna Maria viene dal latino e significa “porta o passaggio verso il mare”, infatti nelle belle giornate di aria pulita, dal nuraghe si vedono sia il Golfo di Cagliari che quello di Oristano. Abbiamo quindi un primo segnale: i nuraghe sono sempre inseriti in luoghi eminenti del paesaggio.
A partire dagli anni Ottanta si è cominciato a considerare il nuraghe non più come una cattedrale nel deserto, ossia monumenti isolati. Si è studiato il paesaggio intorno agli edifici, per cercare di comprenderne la funzione. Si è estesa la ricerca con i censimenti archeologici, cioè vedere quali altri monumenti e tracce dell’attività dell’uomo erano sparsi intorno a quei nuraghe apparentemente isolati. Nel territorio fra Laconi e Meana Sardo, intorno al nuraghe quadrilobato Nolza, situato su un pianoro a 740 metri sul livello del mare, si è scoperto che intorno al monumento più grande ed evidente c’era un territorio di circa 80/100 Km quadrati nel quale c’erano altri 16 nuraghe collegati al principale. C’era un sistema territoriale delimitato dal Rio Araxisi, che scende dal Gennargentu e si riversa nel Tirso. È un fiume dove anche in Estate si conservano le acque, tanto importante che nell’Ottocento, quando il fiume si gonfiava in autunno in seguito alle piogge, o in primavera a causa dello scioglimento della neve sul Gennargentu, era impossibile attraversare il guado per andare da Meana a Atzara e Sorgono. In una ricerca presso gli archivi dei paesi interessati, abbiamo scoperto una lettera che l’allora sindaco di Meana scrive al prefetto affermando di essere bloccati e impossibilitati ad attraversare il guado a causa della piena del fiume. Se ne deduce che il nuraghe Nolza, il più importante con 4 torri, era circondato da altri nuraghe a tre torri dislocati lungo gli snodi viari e le strade di penetrazione. I nuraghe monotorre controllavano i passi montani, luoghi di accesso obbligati per passare da un territorio all’altro, e i guadi, ossia i punti di attraversamento dei fiumi. Ad esempio, nel territorio in questione, abbiamo il Rio Bau Meana a nord, utilizzato fino all’Ottocento per attraversare il Rio Araxisi e raggiungere Sorgono da Meana, mentre a sud c’è il guado Bau Eassi. Da una parte e dall’altra dei guadi ci sono due torri, a controllo dell’attraversamento del fiume, e quindi del territorio. Tutti i 16 nuraghe sono collegati a vista fra loro.
Da questa ricerca salta fuori un territorio delimitato geograficamente da fiumi e controllato strategicamente da torri satellite poste in punti chiave, subordinate a strutture trilobate che fanno capo al quadrilobato Nolza. C’è una gerarchizzazione dei nuraghe che potrebbe riflettersi nella gerarchia politica del territorio.
Un’altra ricerca è stata fatta nel pianoro di Siddi, morfologicamente simile alla giara di Gesturi. Su tutto l’orlo dell’altipiano ci sono 16 nuraghe, mentre al centro c’è la tomba di giganti denominata S’omu e S’orcu. Lo scavo ha mostrato reperti dall’inizio del XIV a.C. fino a tutto il XII a.C. La giara di Siddi è stata abitata intensamente per circa due secoli da popolazioni nuragiche che facevano parte di un’unica organizzazione sociale, si tratta di un cantone nuragico.
Nella giara di Gesturi, tra i margini e il pendio, ci sono 62 nuraghe, di cui 17 sull’orlo del tavolato basaltico, in prossimità di quei luoghi di passaggio che vengono denominati “scalas”, particolari piccoli sentieri che consentono di passare dalla parte bassa alla parte alta del tavolato. Le giare, essendo in basalto, sono impermeabili e quando piove molto l’acqua trova sfogo nei precipiti della giara. In quei punti si vengono a creare dei rivoletti che vivono per alcuni mesi ma incidono sul terreno e creano le scalas. I nuraghe sono proprio lì, a guardia di questi sentieri.

Domani la 2° e ultima parte.

Segnalo che il Dr. Mauro Perra sarà relatore il 17 Ottobre a Villanovaforru, in occasione del primo appuntamento, dei 12 previsti, con la rassegna culturale "Viaggio nella Storia". A breve inserirò la locandina nel blog.

Nelle immagini tratte da sacoronaspa.it e flickr.com il nuraghe Genna Maria di Villanovaforru e il nuraghe Nolza di Meana

5 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Ciao Aba,
    grazie a te della visita.
    A proposito della tua osservazione c'è da dire che gli archeologi non hanno trovato sepolture all'interno di questi monumenti, salvo deposizioni successive (età romana) che non possiamo considerare valide per formulare una teoria in tal senso. Il culto dei morti è attestato nelle tombe dei giganti, e queste generalmente non sono vicine ai nuraghe.
    Successivamente, intorno al X/IX a.C., ossia all'inizio del I Ferro, le sepolture cambiano e abbiamo tombe a pozzetto (Tempio di Antas e Viale cimiteriale di Monte Prama) con inumati e piccolo corredo funerario. Ma le sepolture sono sempre ad una certa distanza dai nuraghe.
    Nella rassegna che ho appena organizzato (a breve la pubblicizzerò) è previsto un convegno su questo argomento, con Ugas e Alessandra Saba relatori, in quel di Nurallao, presso la tomba di Aiodda.

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  3. salve,
    a Mauro Perra vorrei chiedere chi sarebbero gli autori che propendono per l'idea che i nuraghi siano degli osservatori astronomici.
    Che i nurgahi presentino degli orientamenti che in modo inequivocabile corrispondono con il sorgere e con il tramontare del sole e della luna nei loro punti di arresto (solstizi e lunistizi), sono tra quelli che l'hanno messo in luce.
    Sono d'altro canto sostenitore della teoria che i nurgahi siano dei luoghi sacri astronomicamente orientati.
    Vorrei dunque sapere chi sarebbero secondo Perra i sostenitori dlel'idea che i nurgahi sarebebro degli osservatori astronomici

    saluti

    mauro peppino

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  4. non so se c'è qualcuno che può darmi la sua opinione, non so neppure se questa è la sede appropriata,voglio comunque provare, questa è la foto di un "qualcosa che ho trovato in campagna (zona Cittadella Universitaria,Policlinico )è alta circa 30 cm e del peso di 25,30 kg,(probabilmente arenaria),con permesso mi accomiato,saluti

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  5. La foto non si vede. Se preferisce potrà inviarla alla mia mail (pierlu.mont@libero.it) e la pubblicherò allegandola al suo commento.

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